Perché si ribellano i negri d'America di Alberto Ronchey

Perché si ribellano i negri d'America Perché si ribellano i negri d'America « Brucia, bambino, bruciai »: e per tutta l'estate i ragazzi dei ghetti negri hanno bruciato quanto potevano in qualche dozzina di città americane. Ogni tumulto, secondo la tradizione, è esploso fra le otto di sera e le due della mattina, quando la gente soffoca negli slums sopraffollati e si riversa per le strade. E' la quarta estate continua di rivolte negre negli Stati Uniti. L'America paga il prezzo d'essere una società multirazziale, che dopo aver fuso innumerevoli nazionalità tenta d'integrare anche 22 milioni di negri, una colonia importata in casa alcuni secoli fa, della quale non è possibile disfarsi come l'Europa s'è disfatta dell'Africa. Non esiste un altro tentativo d'integrazione simile a questo, su scala cosi vasta. Chi sa come il mondo è, e non come dovrebbe essere, sa pure che i problemi razziali, ancora oggi, possono essere attenuati, ma non si risolvono. E poi l'America sconta alcune delusioni. Dopo le leggi sui diritti civili, le sentenze della Suprema Corte e i programmi per la «Grande società», le masse negre avevano cominciato a credere che l'eguaglianza e la prosperità fossero davvero dietro l'angolo per coloro che vivono fuori della «corrente principale del benessere americano ». Infine l'America sostiene il peso d'una nuova tecnologia travolgente. E' in anticipo d'una rivoluzione industriale rispetto allTJrss e all'Europa, ma si trova pure ad aver creato un «sottoproletariato dell'automazione »: e il nerbo di questo Lumpenproletariat disoccupato è fra le masse dei ghetti negri più che fra i portoricani, i messicani, i bianchi degli Appalachi. Questa sottoclasse pone un problema che è sociale e razziale nello stesso tempo: una miscela esplosiva. La rivolta negra di Detroit ha scosso più d'ogni altra l'opinione americana, poiché Detroit era una città modello. Il sindaco Cavanagh era stato forse il più coraggioso amministratore d'America: grandi investimenti per la gente degli slums, molte scuole, una polizia moderata. La United Automobile Workers, a sua volta, aveva fatto in Detroit più che qualsiasi sindacato della storia americana per distribuire impieghi senza discriminazioni razziali. « Detroit — si diceva — è la migliore .città del mondo per la gente di colore ». Molti negri avevano raggiunto salari di 175 dollari la settimana (poco meno di 110 mila lire). Il 40 per cento della popolazione negra in Detroit era proprietaria delle case che abitava. Eppure persino in quella città, la disoccupazione negra osci! lava dal 6 all'8 per cento, contro ima media nazionale del 4 per cento, inclusi tutti i bianchi. Su un milione e 600 mila cittadini, circa 520 mila sono negri: anche là il sottoproletariato dell'auto inazione era sufficiente a scatenare la rivolta. Persino il meglio d'America — Detroit — non era abbastanza buono. « Niente è così instabile — ha osservato il New York Times — come una cattiva situazione che incomincia a migliorare ». Lo stato generale dei ghetti negri, d'altra parte, subisce il peso d'una insidiosa contraddizione. Il potere non tende ad accrescere la spesa pubblica nei ghetti, poiché soprattutto vuole la integrazione, ossia la fine dei ghetti medesimi. Eppure è là che vivono le masse negre sottoproletarie, mentre il processo d'integrazione lento. Secondo un calcolo di Joseph Alsop, su 11 miliardi e mezzo di dollari l'anno in contributi federali per l'istruzione, 10 vanno a favore delle classi medie e meno che mezzo miliardo viene speso per l'istruzione del sottoproletariato. Inoltre su 10 miliardi di dollari che il . ^bilancio federale concede in sussidi per le città congestio. nato, solo qualche briciola i/a a favore dei ghetti. La pesa federale per le auto strade e gli aeroporti, in un anno, è pari alla somma degli investimenti destinati già all'edilizia pubblica negli ultimi 17 anni. Cosi la degradazione dei ghetti continua: e più essa continua, più è difficile che il sottoproletariato negro sia assimilabile dalla società evoluta e prospera che circonda il ghetto.Non è che un dato dèi complesso circolo vizioso nel quale si perpetuano queste sacche di depressione: è là che i « cals in the Street », le masse dei ragazzi ' sulla strada, imparano a usare il coltello e le armi da fuoco, a giudicare come uno « zio Tom » — un servo dei bianchi — ogni esponente di quell'elite negra che invece è riuscita a filtrare oltre la barriera. Molte voci in America avvertono ehe simili problemi possono essere affrontati solo con una rivoluzione delle priorità nella spesa pubblica e con una grande fantasia politica, che includa tecniche spregiudicate di pianificazione federale. E' necessario non minor coraggio in America per superare certi dogmi del sistema di mercato, che in Russia per supeaiiiiiimmiiimiHmimiiiiiHiiiiimimmiiiii rare davvero la vecchia ideologia della dittatura di piano. Senonché l'evoluzione delle idee, in America, urta contro i crescenti moti negri, che suscitano reazioni emotive e violente in proporzione: è difficile discutere dinanzi all'incendio. S II rischio dell'estremismo negro e dei suoi demagoghi (alcuni razzisti a rovescio come Rap Brown e Stokely Carmichael, dediti a predicare la «guerriglia urbana») è che le moltitudini bianche, scoraggiate e impaurite, vengano spinte a giudicare la repressione come la risposta più valida, semplice e necessaria. Nelle ultime elezioni di mezzo termine, s'erano avuti già molti segni di backlash, ossia di reazione bianca. Dopo la rivolta di Watts, la California elesse governatore quel Reagan, che affermava di sapere come si devono «mettere a posto» i negri. Un nuovo backlash nelle elezioni del '68, se i moti continuano, può spingere indietro di molti anni il movimento negro e provocare un'involuzione della società. . Alberto Ronchey

Persone citate: America ? Detroit, Cavanagh, Joseph Alsop, Rap Brown, Reagan, Stokely Carmichael, Watts