Il pesante passivo dell'Inam aggrava la crisi delle mutue

Il pesante passivo dell'Inam aggrava la crisi delle mutue Il 29 luglio scorso il Consiglio di amministrazione delrinam ha approvato il bilancio consuntivo del 1966, che si è chiuso con un deficit di 100 miliardi: dalla votazione si sono astenuti i rappresentanti sindacali. Due giorni prima la Federazione degli ospedali aveva deciso di rinviare a settembre la presentazione di quella istanza di fallimento nei riguardi degli istituti mutualistici alla quale pareva ormai decisa a ricorrere per recuperare in qualche modo i 300 miliardi di crediti che gli enti ospedalieri hanno verso le mutue. Al grave disavanzo di gestione del massimo istituto assistenziale italiano fa quindi riscontro una situazione debitoria più generalizzata che coinvolge, con l'Inam, anche quasi tutti gli altri enti mutualistici. E gli assistitali — che sono il 90 per cento della popolazione italiana — si accorgono sgomenti del vicolo cieco in cui si trova il nostro apparato assistenziale sanitario. Non sappiamo se l'atteggiamento dei consiglieri sindacalisti dell'Inani sia compiutamente giustificato, né se gli ospedali (che per altro hanno ragione da vendere) potrebbero trar vantaggio dal dissesto della nostra tarlata impalcatura mutualistica. Oltretutto, una simile eventualità, già cosi pregiudizievole nell'ambito mercantile, non potrebbe verificarsi in un settore delicato come quello della mutualità. D'altra parte le misure adottate nei giorni scorsi dal governo in questo settore, sotto la pressione di esigenze indilazionabili, possono servire soltanto a tamponare alla meglio le falle più larghe del barcone assistenziale: perché possa navigare nell'insidioso mare della mutualità, bisogna rimandarlo in bacino, e su questa esigenza sono tutti d'accordo. Gli enti che gestiscono l'assicurazione di malattia sono troppi, complessivamente troppo costosi e le loro prestazioni — necessariamente differenziate — causano antipatici motivi di raffronto fra gli assistiti. Bisogna unificarli o, per lo meno, raggrupparli per settori omogenei: si risparmierebbe nelle spese di amministrazione (che magari accettabili nel bilancio dei singoli istituti risultano attualmente troppo onerose nel complesso) e si potrebbero utilizzare per l'assistenza ambulatoriale molte attrezzature che adesso sono invece riservate agli assistiti di questo o quello degli innumerevoli enti mutualistici. Occorre inoltre che le prestazioni siano pronte, soddisfacenti e comunque svincolate nella misura più ampia possibile da tutti quegli adempimenti burocratici che le ritardano e che fanno perdere tanto tempo ai medici mutualisti. Questi, da parte loro, devono convincersi che la mutualità è ormai irreversibile e che pertanto non possono più susssistere certe nostalgie libero - professionistiche quando esse stridono con la realtà che pone il medico proprio al centro dell'assistenza mutualistica. Ma bisogna anche che il mutuato — così caustico nel commentare l'intervento statale in tutti gli altri settori — non si rifugi sempre sotto alla tenda dell'assistenza sanitaria gratuita anche quando sa di essere affetto da disturbi di poco conto. Le prestazioni sanitarie che devono essergli garantite gratuitamente e compiutamente — perché possono mettere a repentaglio il suo bilancio — sono le spedalizzazioni; gli interventi chirurgici; le cure specialistiche ed ostetriche: ai raffreddori dovrebbe provvedere l'interessato o, per lo meno, concorrere alle spese che le relative prescrizioni comportano, come si fa, del resto, nei Paesi socialmente più evoluti. Invece, basta uno sternuto perché il mutuato scatti verso il più vicino ambulatorio a farsi prescrivere pasticche e sciroppi, con il risultato che nell'ultimo decennio le spese medico-generiche sono aumentate del 225 per cento e quelle farmaceutiche del 220 per cento. Per dare più precise dimensioni a queste ultime, possiamo aggiungere che nell'ultimo bilancio dell'Inani la spesa per i medicinali è sta ta di circa 265 miliardi su Cento miliardi di doiicit nel 1BGG Il pesante passivo dell'Inam aggrava la crisi delle mutue I sindacati si sono rifiutati di votare il bilancio per richiamare l'attenzione del governo su una riforma inderogabile - E' necessario ridurre gli enti e migliorare le prestazioni ; ma bisogna anche che i mutuati non abusino del loro diritto all'assistenza un totale di 900 miliardi di uscite e che quest'anno salirà probabilmente a 280 miliardi. Bisogna dire infine — con la massima franchezza — che troppo spesso « mettersi in mutua» vuol dire valersi del minimo pretesto per sottrarsi all'attività lavorativa, con tutte le conseguenze di ordine economico e sociale che questo deplorevole costume comporta, e che soltanto una più severa sorveglianza da parte degli organi di controllo potrebbe eliminare. Per concludere, la riforma dell'assistenza sanitaria mutualistica — ormai indifferibile — chiama in causa il legislatore cui spetta di attuarla; il medico senza di cui la mutualità non può essere ed infine il mutuato che deve avere una coscienza previdenziale meno acerba. Altrimenti andrà sempre peggio. Osvaldo Paita

Persone citate: Inam, Osvaldo Paita