Il giovane narra come cercò d'uccidere il rivale col gas

Il giovane narra come cercò d'uccidere il rivale col gas L'interrogatorio in carcere a Milano Il giovane narra come cercò d'uccidere il rivale col gas Il muratore trentenne dice: "L'ho fatto per amore"-Era diventato l'amante della bella e giovane moglie della vittima - Anche la donna sarà interrogata (Dal nostro corrispondente) Milano, 1 agosto. Il muratore trentenne Francesco Spiga ha rivelato oggi, in un nuovo interrogatorio in carcere, il piano diabolico preparato con ogni cura per uccidere il carpentiere Gaetano Panessidi di 31 anni, marito della sua amante, la ventiquattrenne Maria Butiniello: « Maria non c'entra per nulla — ha detto—. Il piano per uccidere suo marito è soltanto mio. Ci amiamo, è vero, ma lei non avrebbe mai acconsentito ad essere mia complice in un delitto! ». Riepiloghiamo il fatto. Francesco Spiga, innamoratissimo di Maria Butiniello, che da due anni corrispondeva al suo amore, l'altra notte si è introdotto nella casa di via Baroni 34, all'estrema periferia dì Porta Ticinese. Il marito dell'amante, Gaetano Panessidi, era profondamente addormentato e Francesco Spiga voleva uccìderlo con mia macchinosa messinscena che avrebbe indotto la polizia a pensare a un suicidio. Infatti, ha infilato nella toppa della serratura della camera della sua vittima un tubo di plastica lungo cinque metri, che aveva prima collegato con il bocchettone del gas. « Gaetano sarebbe sicuramente morto avvelenato — ha confessato il mancato omicida — io avrei aspettato tre o quattro ore, poi sarei tornato nell'appartamento 6d avrei smontato il tubo. Trovandolo morto l'indomani mattina tutti avrebbero creduto a un suicidio. Invece mi è andata male per colpa di queHa maledetta batteria!». Nell'ideazione del suo piano criminale, infatti, Francesco Spiga non ha tenuto conto di un elemento imprevedibile: la passione della sua vittima per la musica jazz. Allontanandosi dalla cucina, lo Spiga è inciampato in una grossa batteria munita di tamburi e « piatti » che Gaetano Panessidi era solito suonare per diletto. Rovesciandosi, la batteria ha fatto un fracasso infernale, la vittima si è svegliata di soprassalto gridando « al ladro ». Le invocazioni hanno fatto accorrere un vigile suo vicino di casa, Luciano Conti, e lo Spiga è riuscito a sfuggire saltando dalla finestra. Per tutta la notte e gran parte della giornata di ieri il mancato omicida ha vagato per la città, braccato dalla polizia. Ieri sera, pensando che per fuggire avrebbe avuto bisogno di denaro, si è presentato agli uffici del cantiere della Metropolitana, in piazza Napoli, dove lavorava, per incassare la liquidazione. E qui è stato catturato dai brigadieri Pozzi e Marinacciò della squadra mobile, che si erano appostati nei dintorni. Condotto in questura Francesco Spiga non ha esitato a confessare il suo piano per il « delitto perfetto ». « Maria ed io — ha detto — ci amavamo da due anni. L'avevo conosciuta nel 1965, quando avevo abitato in quella casa di via Baroni, prima ancora che lo stabile fosse del tutto ultimato. Per due anni ci siamo visti tutte le volte che abbiamo potuto, ma da qualche tempo le cose si erano messe male per noi. Gaetano Panessidi aveva cominciato a sospettare della tresca e fra noi due c'erano state un paio di scenate. Cosi ho deciso di eliminarlo. Solo se lui fosse morto, avrei potuto sposare la mia Maria e stare in pace con lei ». « Avevo preparato il mio piano in ogni particolare — ha proseguito il muratore — avevo comprato il tubo di plastica e anche quello piccolo da infilare nella toppa della serratura. Avevo anche messo i guanti per non lasciare impronte e in una borsa avevo un coltello ben affilato: avrebbe potuto servirmi se fossi stato scoperto, perché ero ben deciso a farla finita con il mio rivale. Per entrare in casa, ho preferito arrampicarmi dal balconcino; avrei voluto usare le chiavi che Maria mi aveva dato per andarla a trovare, ma temevo di essere visto da qualcuno. Una volta nell'appartamento, che conoscevo benissimo — ha continuato lo Spiga — non ho incontrato difficoltà. Ho preso il tubo lun¬ go e l'ho infilato nel bocchettone del gas, poi ho inserito nell'estremità il pezzetto più stretto e l'ho fatto passare attraverso la toppa nella camera di Gaetano. Avevo pensato di andarmene per tre o quattro ore e tornare quando il gas avesse invaso bene l'appartamento e avvelenato il mio rivale. Allora avrei smontato il tubo e avrei lasciato solo un rubinetto della cucina aperto. Qualcuno, vedendo il tubo nella toppa, avrebbe capito che era stato infilato dall'esterno. Così, invece, nessuno avrebbe avuto sospetti. Sarebbe andato tutto benissimo, sarebbe stato un delitto perfetto, se non ci fosse stata quella maledetta batteria di jazz». Questo il racconto di Francesco Spiga. Alcuni particolari, tuttavia, sono ancora al vaglio dei funzionari della squadra mobile. L'uomo, per esempio, ha detto di non aver usato le chiavi dategli dall'amante, ma di questo fatto i poliziotti non sono troppo convinti. A questo proposito, dunque. Maria Butiniello — che è ancora a Patti Marina, in provincia di Messina, ospite dei suoceri — verrà interrogata, g. m. *

Persone citate: Francesco Spiga, Luciano Conti, Pozzi

Luoghi citati: Messina, Milano