Le ultime ore di padre Mantovani nel racconto di un missionario di Giorgio Lunt

Le ultime ore di padre Mantovani nel racconto di un missionario Ora riposa nel piccolo cimitero di Madras Le ultime ore di padre Mantovani nel racconto di un missionario Padre Baracca, giunto dall'India, ha rievocato la straziante agonia - Le sue ultime parole furono: «Voglio morire tra i miei poveri lebbrosi» - Porterà ai familiari del salesiano un sacchetto di terra preso dal suo tumulo - Gli abbiamo consegnato 437 mila lire, ultime offerte dei torinesi per il lebbrosario nella giungla - Il totale ha raggiunto 17.605.835 lire (Dal nostro inviato speciale) Roma, 31 luglio. Nei giorni scorsi, assieme alla pubblicazione dell'elenco delle ultime offerte a « Specchio dei tempi » per il lebbrosario nella giungla — l'iniziativa per la quale padre Mantovani ha speso anche gli ultimi attimi della sua vita —, avevamo preannunciato l'arrivo in Italia di un altro missionario salesiano, padre Giuseppe Baracca, economo dell'ispettoria del Sud-India. Il sacerdote che trascorse accanto a padre Mantovani decenni di apostolato, che più di ogni altro gli fu vicino e lo sorresse neW estenuante battaglia contro la fame, le malattie, le sofferenze di quelle popolazioni. A padre Baracca toccò anche il compito più straziante: assistere all'atroce agonia del confratello, raccoglierne V estremo anelito dopo il vano tentativo di strapparlo ad una morte prematura. V economo dell' ispettoria salesiana di Madras è nato 47 anni fa in un piccolo centro del Mantovano, Rivarolo. E' partito per l'India giovanissimo, in India ha completato gli studi. E' questa la terza volta, in un trentennio di attività missionaria, che rientra in Italia per riabbracciare i familiari. Nel 1960 ha perduto il padre, sei mesi dopo gli è morto un fratello. Gliene sono rimasti due. Forse passeranno altri dieci anni prima di un nuovo incontro. « Le mie mansioni a Madras — spiega — consistono nel provvedere a tutte le opere sociali, aiutare i missionari. Ogni Missione è autonoma, tira avanti con gli aiuti che riesce a procurarsi. Se il bisogno supera le disponibilità, cerco di intervenire io applicando il metodo della giustizia distributiva. Quando un missionario è in grado di devolvere ad un confratello meno fortunato i viveri o i fondi di cui può fare a meno, mi segnala le sue possibilità e risolviamo problemi spesso dolorosi ». La fraterna collaborazione con padre Mantovani durava da 17 anni. Ma avevano affrontato insieme, fin dall'entrata dell'Italia in guerra, disagi e privazioni. Il campo di concentramento a Dehra Dun, nel nord dell'India, dove erano rinchiusi oltre 250 salesiani, invece di scoraggiare i missionari alimentò la loro fede nella fratellanza e l'impegno di aiutare quelle genti, senza pressioni di carattere religioso. Padre Baracca rievoca il dramma di Orfeo Mantovani. « Nelle ultime settimane restavo con lui tutto il giorno. Mi ero accorto che la sua salute declinava, anche se al ritorno dall'Italia insisteva nel ripetere che le cure ricevute a Torino lo avevano ringiovanito. Era pallido, stanco. Ma guai consigliargli un po' di riposo: nulla e nessuno sarebbero riusciti a staccarlo dai suoi malati, dalla folla di donne e bambini che lo cercavano per ottenere una ciotola di riso, una scodella di latte, anche soltanto una parola affettuosa. « Qualche giorno prima di morire, cominciò ad essere tormentato da emottisi. Non diceva niente, al giovane indù che gli faceva da aiutante e da infermiere aveva proibito d: rivelare le sue vere condizioni. La vigilia del trapasso, il 19 maggio, abbiamo ancora discusso i preparativi per la solenne festa di Maria Ausiliatrice, in programma per il giorno 28. Avrebbe dovuto intervenire il ministro-capo di Madras, per la inaugurazione della biblioteca e del centro giovanile che padre Mantovani aveva realizzato. Ha officiato a stento la Messa, poi si è ritirato nella cameretta. Poco dopo ho visto uscire il giovane | indù con una bacinella di sangue nerastro. Fu in quel momento che scoprii l'atroce verità. L'ho subito fatto visitare da tre medici, l'hanno giudicato in condizioni gravissime. Volevamo ricoverarlo nella migliore clinica di Madras: non l'hanno accolto perché il medico era in partenza per le ferie. Ci siamo rivolti ad un'altra clinica: il medico era assente. Alle 15,30 — quando erano ormai trascorse parecchie ore dalla crisi — siamo finalmente riusciti ad affidarlo ad un'altra clinica. Verso sera ha riacquistato la piena lucidità, si è guardato intorno. Ha compreso che la sua esistenza tei rena era al termine. Ha ancora avuto la forza di implorare: "Portatemi via voglio morire fra i miei poveri lebbrosi". Si è spento nella serata, mentre lo deponevano sul tavolo operatorio dell'ospedale per un intervento in extremis ». Le svoglie di padre Mantovani sono sepolte nel nuovo cimitero della parrocchia salesiana di San Francesco, a Madras, dove risiedeva prima di trasferirsi a Vyasarpadi. E' la prima tomba scavata nel sacro recinto, ultimato solo poche settimane prima. Presto nel camposanto sorgerà una cappella mortuaria per i missionari, padre Mantovani occuperà il primo loculo. La sua fossa è sempre coperta di ceri e fiori, li portano piangendo i « suoi » poveri, malati, lebbrosi. Gli uomini passano, le loro opere restano. A succedergli nell'assistenza ai lebbrosi e ai diseredati è ora padre Francesco Schlooz, olandese. L'ospedale creato da padre Mantovani, ancora costituito da capanne — ospita circa 150 infermi — è stato affidato all'intrepida Madre Teresa, che sta riorganizzandolo con la somma lasciata per questo scopo da padre Mantovani. L'importo della sottoscrizione indetta da «La Stampa » era stato suddiviso, dall'oculato missionario, in tre parti: la. costruzione del lebbrosario., ^incremento dell^spedàte.^'aàquistódì^ìvè ri per i'pòveri « Ogni giórno — spiega padre Baracca — oltre 1300 infelici vengono sfamati nella Missione. Altre 500-600 persone trovano quotidianamente assistenza nel dispensario, dove assieme alle medicine fruiscono delle visite di tre dottori che lavorano gratis, dopo il normale servizio nell'ospedale o nelle cliniche di Madras ». Il lebbrosario nella giungla» è a circa 5 chilometri da Vyasarpadi, accoglie 200 relitti umani. Ma il numero aumenta di giorno in giorno. E' anche in fase di realizzazione — con l'appoggio del governo dell'India — il sogno di padre Mantovani: un lebbrosario dedicato a Papa Gio vanni e capace di concentrare i 2500 lebbrosi che vivono a Madras. Formerà una specie di grosso villaggio, con criteri di alto valore sociale: i lebbrosi ancora in grado di dedicarsi a qualche attività potranno eseguire .de coli lavori artigianali: l'unico modo per non soccombere moralmente alla sventura, sopportare con animo più sereno il lento sfacelo del lo ro corpo. Padre Baracca, durante la sosta in Italia, ha intenzione di visitare alcuni Paesi europei in cerca di aiuti per continuare e sviluppare le iniziative di padre Mantovani. Noi gli abbiamo consegnato un assegno di 437.750 lire, le offerte pervenuteci nelle ultime settimane per il « leb brosario della giungla ». La cifra totale ha raggiunto così i 17 milioni 605.835 lire. Apre una valigia, ne estrae alcuni sacchetti ricamati. Racchiudono un po' di terra pre levata dal tumulo di padre Mantovani, dalla colonia di lebbrosi di Madras, dal recinto della casa parrocchiale dì Vyasarpadi. Consegnerà que sta terra — simbolo di un sacrificio che rasenta il mar tirio — alla madre e ai fra telli del missionario, affinché la depongano nel sepolcreto di famiglia, a Castagnaro di Verona. Offrirà loro anche una delle candide vesti che lo resero cosi popolare, il bre viario da cui traeva l'incrollabile fede, gli occhiali che inforcava per compilare i conti dèi milioni che riceve va e spendeva fino all'ultima rupia per prolungare la vita ai lebbrosi, placare il pianto dei bimbi affamati, dare agli sventurati non solo un tetto e un po' di cibo, ma soprattutto il suo grande cuore. Giorgio Lunt oaF Il missionario padre Giuseppe Baracca fotografato al ritorno dall'India. Il salesiano ha tra le mani il sacchetto con la terra prelevata dal tumulo di padre Mantovani