Un simbolo della vecchia Germania di Massimo Conti

Un simbolo della vecchia Germania Un simbolo della vecchia Germania Al soldato americano di guardia alla sua cella nella fortezza di Landberg che gli domandava come dovesse chiamarlo — Krupp, oppure von Bohlen und Halbach — Alfried Krupp diede un giorno questa risposta assai polemica: « Chiamatemi Krupp. E' per questo nome, infatti, che mi hanno rinchiuso qui». Nella fortezza di Landberg riservata ai criminali nazisti, la stessa dove Hitler scrisse il suo Mein Kampf, Alfried Krupp von Bohlen und Halbach era il detenuto modello. Appariva rassegnato alla sua sorte — dodici armi di carcere — e dati i suoi ascendenti (per un secolo i Krupp avevano fuso cannoni) gli era stato commesso di fondere candelabri per una vicina chiesa. Le accuse degli alleati contro i dirigenti della Krupp erano pesanti: la Casa di Essen si era appropriata di sei imprese industriali francesi ed olandesi. E, al pari della « I. G. Farben n e di altre industrie del terzo Reich, aveva sfruttato comeschiavi migliaia di prigionieri e di deportati. Vicino al Lager di Auschwitz c'erano impianti della Krupp. E dei 450 ebrei che lavoravano ad Essen soltanto due persone, le sorelle Roth, poterono sopravvivere fino all'arrivo degli alleati. Ma ai giudici di Norimberga, Alfried Krupp aveva opposto un contegno distaccato: «Le ditte francesi ed olandesi — cosi si giustificò — vennero assorbite dal- dei nazisti. Dei prigionieri non so nulla». Forse Krupp non reputava ingiuste quelle accuse. Ma era convinto che volessero fargli pagare le colpe di suo padre Gustav, che per ragioni di umanità (l'età avanzata e le condizioni di salute) non era stato chiamato sul banco degli imputati. Alle dubbie glorie e alle nefandezze dei Krupp, Alfried si sentiva estraneo: quasi che gli fosse toccato in sorte di raccogliere un'eredità troppo grave e superiore, comunque alle sue forze. In seguito Krupp venne liberato dagli alleati; ma dovette impegnarsi a vendere la proprietà carbo-siderurgica. In Germania però non si tro-vò mai una persona disposta ad acquistare le miniere e le acciaierie dei Krupp. L'attitudine del monarca la Krupp dietro pressioni sdegnoso della sua eredità e insofferente dei suoi doveri ben si attagliava al suo temperamento. E mai Alfried Krupp smentì il suo personaggio. L'ultimo erede dei « fabbri del Kaiser » (una dinastia di 156 anni) non era neanche un Krupp. Suo padre von Bohlen und Halbach (che vantava fra i suoi antenati Anna Bole- na) era un diplomatico senza legami di parentela con i Krupp. E ci volle l'autorità del Kaiser Guglielmo II perché la madre di Alfried, la celebrata Bertha, potesse trasmettere il nome ai propri figli. Né Alfried Krupp si ingegnò mai di dar lustro a quelle sue origini. Al contrario. Alla sontuosa Villa Hugel, residenza degli antenati — 220 stanze con una collezione di 600 quadri — aveva anteposto un'esistenza più raccolta, in un bungalow moderno fatto costruire nell'antico parco. La moglie Vera dopo appena quattro anni di matrimonio (Krupp era alle sue seconde nozze) lo aveva abbandonato chiedendo un indennizzo di 5 milioni di dollari. Il suo unico figlio Arndt era sempre in giro per il mondo in compagnia dei più famosi playboys, in gara di dissipazione e di stravaganze (fra le altre cose aveva fatto incidere le insegne della Casa sulla sua Rolls Royce azzurra). Cosi Alfried Krupp, sempre più schivo, si era rinchiuso in una mite solitudine. Conduceva vita sobria, quasi spartana, dicevano. Delle sorti del suo «impero» da cui dipendevano oltre 100.000 famiglie tedesche, si curava ben poco negli ultimi tempi. Soffriva, si sentiva ripetere, del male di Amleto. Alfried Krupp era nel ristretto numero degli uomini veramente ricchi: di coloro cioè che dispongono di un patrimonio personale di oltre un miliardo di dollari. Eppure si sentiva ridotto a un simbolo. Quasi un monarca che, ormai, non fosse più in grado di regnare. Si era reso conto, ira le altre cose, che l'era delle grandi dinastie industriali non era più consona ai tempi moderni. E sentiva che la democrazia degli azionisti, come poi è accaduto fatalmente anche nel caso di Krupp, avrebbe tosto soppiantato l'aristocrazia- delle potenti famiglie. Malgrado queste sue attitudini qua si rinunciatarie, continuò tuttavia a guidare l'azienda Nel 1847 i Krupp avevano fuso il primo modello di cannone in acciaio (anziché in bronzo) e ne avevano fatto omaggio al Kaiser. A Metz, durante»- la, ;»guerra francoprussiana', 1 cannoni e i mortai di Krupp avevano spezzato la resistenza dei francesi preparando la vittoria di Sedan. E nel 1933 la Krupp, prima fra le industrie tedesche, aveva avviato in segreto la produzione di un carro armato in spregio ai divieti di Versaglia (« progetto per la costruzione di un trattore agricolo », era la denominazione ufficiale). Con i cannoni i Krupp si erano arricchiti e Hitler, in un discorso tenuto il 12 novembre del 1943, testimoniava: « La Krupp merita il più alto riconoscimento per il suo contributo, senza possibilità di raffronto, al rafforzamento della potenza militare germanica». L'era dei cannoni era finita per volontà degli alleati, dopo il 1945. Ma anche se la produzione della Krupp ora era volta esclusivamente a fini di pace, lo spirito dei Kruppianer non era molto mutato rispetto al passato. Berthold Beitz, il direttore generale dell'impresa cui Krupp, ormai da anni,- aveva affidato tutti i poteri, era fra coloro che erano ancora affascinati dal mito del carbone e dell'acciaio. E che si illudevano di poter perpetuare ancora metodi ...di gestione propri di una azienda a''conduzione familiare: laddove le risoluzioni più impegnative, dettate dal giudizio di pochi, se non di un solo uomo, risultano quasi sempre inadeguate alla realtà dei tempi nostri, complessa e sfuggente. Le voci di dissensi fra Alfried Krupp e il suo «plenipotenziario » sono state sempre smentite con tempestività. E' certo però che Alfried Krupp, negli ultimi tempi, potè rinfacciare al « plenipotenziario » di aver affrettato la rovina dell'impresa. Con seicento miliardi di lire di debiti, Alfried Krupp, nei mesi scorsi, si vide costretto ad abdicare in maniera definitiva. La Krupp verrà trasformata in società per azioni e i «pacchetti» più' consistenti, naturalmente, finiranno nelle mani dei creditori. Al dissesto dell'impresa che ha fatto tremare il mondo economico della Germania, è seguita ora la notizia della morte di Alfried Krupp. Dei Krupp, ora, è scomparso il simbolo. Massimo Conti Alfried Krupp morto ieri ad Essen. Aveva 59 anni

Luoghi citati: Essen, Germania, Norimberga