I banchieri della «Sutto & Gaino» incriminati per bancarotta fraudolenta

I banchieri della «Sutto & Gaino» incriminati per bancarotta fraudolenta I banchieri della «Sutto & Gaino» incriminati per bancarotta fraudolenta II provvedimento emesso dal procuratore della Repubblica di Acqui dopo cinque anni e mezzo dal dissesto della banca - I tre imputati Alberto Gaino, il figlio Tommaso e Giovanni Sutto sono in carcere - Il processo previsto per fine anno (Nostro servizio particolare) Acqui Terme, 28 luglio. Il procuratore della Repubblica del tribunale di Acqui Terme, dott. Capozio, ha chiesto il rinvio a giudizio per bancarotta fraudolenta del comm. Alberto Gaino, di 72 anni, e del quarantaduenne Giovanni Sutto, titolari della fallita banca Sutto e Gaino, e dell'ing. Tommaso Gaino, di 45 anni, procuratore legale dello stesso istituto di credito e figlio del commendatore. I due Gaino «rano anche accusati di ricorso abusivo al credito, ma per questo reato il P. M. ha chiesto di non doversi procedere per amnistia. Cinque anni e mezzo dopo il grave dissesto che travolse l'istituto privato di credito di Acqui, l'istruttoria sta avviandosi alla conclusione: entro il prossimo autunno si dovrebbe avere la sentenza del giudice istruttore, dott. Marchisene, e quindi prima della fine dell'anno, probabilmente, potrà ess«re celebrato il processo. L'accusa di bancarotta fraudolenta nei riguardi dei due titolari e del procuratore legale della banca si riferirebbe ad alcune centinaia di milioni —la cifra contestata dovrebbe raggiungere seicento milioni — andati persi causa le errate e imprudenti speculazioni intraprese dai tre banchieri. La « Sutto e Gaino » fu fondata nel 1934 con un capitale di trentamila lire dal comm. Alberto Gaino e dal padre di Giovanni Sutto, Tommaso, poi deceduto, e si sviluppò sino ad acquistare un notevole prestigio nell'Acquese, nell'Ovadese e nel Monferrato: piccole industrie, artigiani e commercianti trovarono nella banca privata la possibilità di fidi e finanziamenti che altri istituti di credito non avrebbero loro concesso. Nel gennaio del 1962 ebbe inizio la crisi: i titolari per qualche giorno fecero fronte con 1 propri fondi alle richieste sempre più pressanti dei risparmiatori che ritiravano i loro depositi alle prime voci di dissesto. Succes sivamente, nell'impossibilità di fronteggiare ulteriormente la situazione, chiesero l'intervento della Banca d'Italia. Gli amministratori della « Sutto e Gaino » vennero sospesi da ogni attività e fu nominato commissario straordinario il dott. Panizza, di Alessandria; alla sua morte improvvisa gli successe il prof. Cerri, di Torino, mentre la banca venne posta in liquidazione coatta. L'istituto di credito era rilevato dalla Cassa di Risparmio di Torino, che colmando il « deficit » di un miliardo e 750 milioni con il contributo dell'istituto « S. Paolo » e della Banca di Novara, provvide al risarcimento di tutti 1 creditori. Nel frattempo l'autorità giudiziaria iniziava un'istruttoria nei confronti dei due titolari e del procuratore legale. Nel corso delle prime indagini veniva disposto il mandato di cattura, firmato dal giudice istruttore 1*8 ottobre 1962, contro i tre per bancarotta fraudolenta, ma non poteva essere eseguito essendo, i due Gaino ed il Sutto, riusciti a fuggire poche ore prima del provvedimento. La latitanza si protraeva per quattro anni e soltanto tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre del 1966 Alberto e Tommaso Gaino e Giovanni Sutto si costituivano alle carceri di Acqui dove sono tuttora detenuti, e m r. m. Tommaso Gaino, a sinistra, e Giovanni Sutto rinviati a giudizio ad Acqui per bancarotta fraudolenta

Luoghi citati: Acqui, Acqui Terme, Alessandria, Torino