Come si è sviluppata la civiltà americana di Remo Cantoni

Come si è sviluppata la civiltà americana UN ESEMPIO DI «ACCULTURAZIONE » Come si è sviluppata la civiltà americana L'infelice e sgraziato termine acculturazione, che suona greve e artificioso al nostro orecchio latino, si è ormai affermato nelle scienze sociali moderne. Esso indica le situazioni di contatto, incontro o scambio culturale tra gruppi umani posti a un diverso livello di sviluppo economico e scientifico. Quel termine, estraneo finora al linguaggio scientifico italiano, sembra ridicolo e macchinoso. Esso suscita, nostro malgrado, ambigui sottintesi, ironiche e grottesche assonanze. Ma le» parole entrate vittoriosamente nell'uso non si lasciano revocare. E poiché quel termine, ormai collaudato, descrive un fenomeno di primaria importanza nel mondo contemporaneo, converrà accettarlo, superando le nostre antipatie. \Jacculturazione, neologismo che trova largo impiego soprattutto tra gli studiosi americani, designa, come ho detto, lo scambio culturale e il mutamento sociale che ne consegue. Un contatto, come tutti sanno, può essere piacevole o insopportabile. Un incontro si risolve spesso in uno scontro. Uno scambio, quando sono in giuoco tradizioni, credenze, idee, valori, stili di vita, può far nascere la vita o infliggere la morte. Quando culture diverse o eterogenee sono destinate, per amore o per forza, alla coesistenza e all'integrazione, può sempre scaturire il dramma. Per una specie di umorismo nero gli « scambi culturali », simbolo di collaborazione e di pace, si intensificano proprio durante le rivoluzioni e le guerre. Per una intolleranza che "pone se stessa sotto l'insegna della civiltà e del progresso, definiamo disinvoltamente « cultura » la nostra provata capacità di schernire, perseguitare o distruggere forme o stili di vita che divergono dalle nostre consuetudini e dalle nostre credenze. L'avventura e il dramma degli incontri tra diverse culture è il tema di un bel saggio di Alphonse Dupront, professore alla Sorbona. Il saggio, elegante e acuto, si intitola appunto L'acculturazione (ed. Einaudi) ed è preceduto da un ottimo studio introduttivo di Corrado Vivami. Per conoscere sempre meglio il nostro passato e noi stessi, lo storico francese auspica una collaborazione intensa tra la storia e l'antropologia, che può esser considerata la sintesi o la stimma delle scienze umane. Assertori e precursori di questa feconda cooperazione intellettuale erano già stati in Francia, come è noto, i grandi storici contemporanei Lucien Febvre e Marc Bloch. E in una direzione analoga si muove oggi il loro degno erede, Fernand Braudel, l'esponente maggiore della celebre scuola storiografica delle « Annales ». * * Popoli, nazioni, culture, gruppi sociali sono tra loro molto diversi, possono tuttavia apprendere l'arte non facile della coesistenza creativa. Comprendere e rispettare è la premessa per un mutuo e proficuo scambio culturale. Il vecchio spirito coloniale, che amava imporre, sfruttare, affermare il proprio complesso di superiorità intellettuale e morale nei confronti di popoli o gruppi « sottosviluppati », è oggi rifiutato dalla coscienza dell'uomo moderno. Ma il rifiuto resta troppo spesso arroccato sulla vetta di una teoria di cui la pratica non tiene.conto. Le vicende politiche sono ancora rette dalle amare e machiavelliche leggi della frode e della violenza. Nello stesso scambio dei cosiddetti « beni culturali » ancora tengono banco il chiuso spirito tribale, l'arroganza ideologica, la volontà di po¬ tenza in tutta l'equivoca latitudine del termine. Il gruppo meglio attrezzato da un punto di vista economico, tecnologico e scientifico, rifugge dalla screditata politica del dominio coloniale, dell'aggressione militare volta a sottomettere il gruppo «sottosviluppato» o il gruppo che ha un diverso colore di pelle. Proclama piuttosto di volerlo "aiutare economicamente e culturalmente. L'acculturazione interviene con i suoi nobili propositi di migliorare le condizioni sociali del « sottosviluppato », di liberarlo dagli incubi della fame, della miseria, della malattia, dell'inefficienza organizzativa. Ma quei rispettabili propositi di incivilimento, instaurano nuovamente, nelle forme più capziose e latenti, il rapporto tradizionale padroneservo. In senso ideale Yacculturazione è o dovrebbe essere proprio il contrario del rapporto padrone-servo. Essa è piuttosto, come la intendono gli antropologi, un dare che è nel tempo stesso, inconsapevolmente, un ricevere. Quando un gruppo potente per la sua industria e la sua organizzazione assimila un altro gruppo culturalmente depresso e privo di una organizzazione razionale di vita, questo processo è assai meno univoco e meccanico di quel che sembra. Il gruppo assimilato o integrato non intende essere distrutto, svuotato di significato o relegato in una posizione subalterna. Esso è, a sua volta, un gruppo dotato di un suo patrimonio culturale. E' questa la grande lezione dell'antropologia quando riscopre il valore e il senso delle civiltà scomparse o sommerse, quando si rituffa nel remoto o nell'arcaico rintracciando cultura là dove un tempo non si scorgeva che un mondo arretrato e senza storia. * * Sarebbe utile, per analogia, riflettere sulla formazione culturale degli Stati moderni. La formazione dell'America, ad esempio, o anche quelia del Brasile, è il risultato di un ininterrotto e spesso contrastato processo di «acculturazioni» a catena. Il gruppo più ricco, progredito o investito co¬ munque di funzioni egemoniche, integra e assimila il gruppo più povero e incolto; ma mentre assimila e integra, dà e insieme riceve, modifica e insieme viene modificato a sua insaputa. Gli immigrati ebrei, italiani, irlandesi o polacchi, ad esempio, sono elementi attivi e stimolanti della cultura americana e non già, come può sembrare a una visione superficiale, oggetti passivi di un processo di integrazione. Così i negri e gli indigeni « primitivi » del Brasile, hanno svolto un ruolo di protagonisti nel processo di i formazione della cultura brasiliana che aveva come gruppo egemonico i portoghesi cattolici. La libera mescolanza di portoghesi, indios e africani non si limitò a creare un cocktail di razze. Creò anche una sintesi di cultura, in cui gli apporti indios e africani sono inconfondibili e positivi. Solo una visione razzista e superficiale può ritenere che t negri d'America, oltre il 10 per cento della popolazione totale, costituiscano solo una specie di relitto senza cultura, un nucleo etnico sgradito da tollerare contro voglia o da integrare con estrema prudenza nel corpus altrimenti rispettabile della « vera » cultura americana che è bianca. La cultura americana è na ta da una sintesi etnica e socio-culturale di immigrati olandesi, inglesi, tedeschi, italiani, irlandesi, austro-ungarici, russi, svedesi, norvegesi, francesi, greci, polacchi, cinesi, giapponesi, per non parlare di altri gruppi. Ogni grup po, fosse esso protestante, cattolico o ebreo, bianco o negro, occidentale o orientale, ha svolto una funzione culturale e lasciato una traccia. Non ci vuole molta immaginazione per prevedere che la storia futura sarà caratterizzata da processi sempre più intensi e accelerati di acculturazione. Il superamento del pregiudizio razziale, ideologico o monoculturale, o il mancato superamento, condizioneranno la nostra esistenza. Se il pregiudizio della monocultura egemonica, con tutto il suo macabro corteo di persecuzioni, discriminazioni, guer¬ re sante, crociate ideologiche, non sarà messo fuori causa, l'esito inevitabile del mondo sarà la guerra totale e il genocidio. Ognuno sarà convinto che il proprio atto di sterminio sia moralmente legittimo per la superiorità delle proprie idee, dei propri principi, della propria verità, ma non potrà impedire che l'avversario faccia ricorso alla stessa logica e alla stessa etica. Remo Cantoni Il sarto Heim è ancora per le gonne sopra il ginocchio. Ecco un suo modello battezzato « orsacchiotto » presentato nella collezione invernale a Parigi (Tel. Ansa)

Persone citate: Alphonse Dupront, Einaudi, Fernand Braudel, Heim, Lucien Febvre, Marc Bloch

Luoghi citati: America, Brasile, Francia, Parigi