Colloquio con il reducee di Adua nei caffè dove il re incontrava la « bela Rosin» di Giorgio Lunt

Colloquio con il reducee di Adua nei caffè dove il re incontrava la « bela Rosin» " Vieni a trovarmi a Moncalvo. Specchio liei tempi9f - . a».- Colloquio con il reducee di Adua nei caffè dove il re incontrava la « bela Rosin» Nicola Antoniotti, ex carrettiere ed ex negoziante, ha superato i 93 anni: «Sono il più vecchio e il più povero del paese» dice - Ventenne, partì per la prima campagna d'Africa, combatté con Toselli, Galliano e Baldissera, ebbe la croce di cavaliere - « Nessuno si ricorda di noi, vecchi reduci: sento vicina la fanfara che chiama a raccolta tutti i "ragazzi" di Baiatici-i » (Dal nostro inviato speciale) Moncalvo, 25 luglio. « Vieni a trovarmi, caro " Specchio dei tempi ". Faremo quattro chiacchiere, berremo un buon bicchiere di barbera. Sarà un modo per farmi sentire meno solo ». Come rifiutare un invito cosi simpatico, specialmente se rivolto da uno dei pochissimi superstiti della battaglia di Adua del 1895-96? L'appuntamento era al « Caffè Broda » — il più antico ritrovo di Moncalvo. in via XX Settembre — dove il reduce, Nicola Antoniotti, trascorre le giornate rievocando ai turisti, agli amici o a se stesso (quando manca l'uditorio) le vicende che lo portarono dalla tranquilla cittadina del Monferrato al deserto africane come soldato della « sussistenza ». Nicola Antoniotti ha superato i 93 anni. Merito dell'aria buona o del barbera, che in dosi più o meno abbondanti è sempre stato il suo unico ricostituente? «Cola», come lo chiamano familiarmente qui, non ha dubbi: la sua longevità l'attribuisce al vino schietto e alla filosofia con la quale affronta un'esistenza grama. « Sono il più vecchio e il più povero del paese », dice, con una punta di orgoglio. Lo troviamo seduto ad un tavolino rotondo, di marmo ingiallito. Nel vetusto caffè, quel tavolino si distingue dagli altri — rettangolari, grigi e di forma barocca come le sedie basse, rivestite di tele cerata — perché rappresenta un cimelio. A quel tavolo, dicono, sedevano Vittorio Emanuele II (quando era ancora principe di Piemonte) e Rosa Vercellana, nativa di Moncalvo e passata alla storia più come « bela Rósin » che come contessa di Miraflori. Pare che il baffuto ed esuberante principe venis- \ se spesso al caffè ottocentesco per giocare a biliardo (nella rastrelliera spicca la lunga stecca con la quale forse lasciò anche qualche sbrego sul panno verde) e a parlare d'amore alla giovane figlia del « tamburo maggior » dell'esercito napoleonico. «Giocava anche a tressette — assicura Nicola Antoniotti — con la gente del posto. Ma era una schiappa, glie ne dicevano di tutti i colori. Lui non s'offendeva per niente ». Forse c'è parecchia fantasia in queste rievocazioni d'un secolo fa. Ma i romantici incontri tra il futuro re e la futura moglie morganatica sono sulla bocca di tutti gli « anziani » di Moncalvo. Nicola Antoniotti fa un salto a casa, a prendere il casco coloniale che lo riparò per due anni dal sole e dal ghibli. « Sono partito per l'Africa a vent'anni —- spiega —, ho conosciuto tutti gli eroi della prima campagna contro l'Abissinia. Da Toselli a Galliano, da Baldissera a Baratieri. Sono -ntrato ad Adigrat con il gen. Ellena, l'ho perfino aiutato a scendere dal mulo perché era ferito alla schiena. Vita dura, quella. Durante la ritirata da Adigrat abbiamo marciato a piedi tre mesi, con le scarpe in spalla per cam minare più in fretta. C'erano dei cammelli, ma non ho mai voluto salirci sopra: mi da vano il mal di mare. E tutti quei morti, nella conca di Adua. Trentacinquemila dei loro ci lasciarono la pelle, diecimila dei nostri. Mi hanno richiamato per la guerra del '15-'18. Prestavo servizio nella caserma "Cernaia", a Torino. Montavo di piantone al posto dei compagni, mi regalavano qualcosa da mangiare perché erano quasi tutti figli di bottegai. Bisogna pure arrangiarsi, no? ». Dopo il congedo, « Cola » è tornato a Moncalvo e s'è messo a fare il carrettiere — cinque giorni di viaggio dal paese a Milano e ritorno, per portare botti di vino —. poi il panettiere, poi il negoziante. « Ho sempre avuto sfortuna — dice —. La motorizzazione ha mandato all'aria i trasporti con i cavalli, due anni fa mi sono rotto una gamba mentre rincasavo sen- Nicola Antoniotti, il novantatreenne reduce dalla battaglia di Adua, ieri al Caffè Broda a Moncalvo za aver bevuto più di un bicchiere. L'unica volta, credo, che gli amici non mi avessero offerto un paio di bottiglie. In riconoscimento della mia partecipazione alla battaglia di Adua, il Comune si era interessato per farmi avere la croce da cavaliere. L'ho ottenuta, ma per tre volte la " pratica " si era smarrita ». Nicola Antoniotti ha una figlia a Torino — la moglie è morta nel 1950 —, che provvede alla pigione e alla legna per la stufa. L'altra figlia. Maria, 63 anni, lo mantiene con la sua modesta pensione. Un nipote paga la bolletta della luce, il sindaco e l'Eca lo assistono come possono. « Visto che nessuno si ricorda di noi. vecchi reduci, vedi un po' se ti riesce di fare qualcosa per rendere meno tristi questi ultimi anni. Sento vicina la fanfara che chiama a raccolta tutti i " ragazzi " del generale Baratieri ». Così concludeva la lettera del buon Antoniotti. Per tenere lontana ancora un poco la fanfara, gli abbiamo consegnato un primo aiuto di 50 mila lire: da chissà quanti anni il superstite dell'eroica spedizione non aveva avuto in tasca una somma simile, tutta in una volta. Dalla cornice appesa alla parete del vecchio caffè, i ritratti di Vittorio Emanuale II e della «bela Rósin» sembravano ammiccare bonariamente. Giorgio Lunt