Pingeon voleva lasciare il ciclismo: la moglie lo ha convinto a correre il Tour

Pingeon voleva lasciare il ciclismo: la moglie lo ha convinto a correre il Tour Il vincitore della competizione francese conclusasi domenica Pingeon voleva lasciare il ciclismo: la moglie lo ha convinto a correre il Tour il corridore (27 anni, ex lattoniere) era stanco delle competizioni, non riusciva ad affermarsi - Ora, raggiunto il successo, è rimasto simpaticamente modesto: ha distribuito ai compagni i premi di gara - I giornali parigini riconoscono che solo la sfortuna ha eliminato Gimondi, il rivale « numero 1 » della Maglia gialla (Dal nostro inviato speciale) Parigi, 24 luglio. La gloria ed i quattrini, anche nel ciclismo, talvolta arrivano tardi, quando forse nemmeno più li si aspetta. L'ex lattoniere Roger Pingeon, ventisettenne, sposato, padre di due figli, lì ha attesi per anni, ed ogni anno che passava aumentava la sensazione d'avere sbagliato mestiere. Pingeon, nell'ambiente, mai s'era trovato a suo agio, ci sono dei corridori che non riescono a vincere eppure vi- iti della loro modesta carriera, Pingeon, invece, non solo non vinceva, ma si trovava fuori posto, il suo carattere taciturno, persino un po' scontroso, gli aveva negato il conforto di amicizie vere, di quelle amicizie che, talvolta, in gara servono, traducendosi in proficue alleanze. Pingeon pensava: troppa fatica e troppe « combines ». E due volte smise di correre, una volta soprattutto il suo atteggiamento fece scalpore. Si disputava la Parigi-Nizza del '66, Pingeon era quarto in classifica. Scoprì d'un tratto d'averne abbastanza. Fece le valige, tornò a casa: basta con il ciclismo. Adesso che ha vinto il Tour, ì nostri colleghi francesi hanno fatto in fretta a creargli una «storia», e così è venuta alla ribalta la moglie, una brunetta graziosa. Racconta, la « storia », che fu appunto la moglie a convincere la Maglia gialla di continuar la dura fatica del corridore; e forse è vero. Sta di fatto che Pingeon, all'inizio della stagione, si trovò di nuovo in sella. « Provo ancora stavolta — decise Roger — o combino qualcosa di buono, o smetto». Ha indovinato la scelta, l'ex lattoniere. Il signor Bidot, commissario tecnico dei francesi,'l'ha selezionato per la squadra nazionale ed ha avuto fiducia in lui, affldan- dogli in partenza il ruolo di « capitano di riserva ». Lo squadrone bianco - rosso - blu vantava nei suoi ranghi Poulidor ed Aimar, ma il signor Bidot, che ben conosce gli atleti, pensò alla possibilità che i due campioni, una volta o l'altra, litigassero per conquistar il bastone di comandante unico. Pingeon serviva al gioco, Pingeon rappresentava una specie di spauracchio in famìglia. Poulidor ed Aimar avrebbero bisticciato? Facessero ,«n po' attenzione, dal momento che là 'squadra di Francia teneva un «leader» in naftalina. Un «leader» che, magari, le circostanze avrebbero proiettato nelle prime posizioni ed allora Poulidor ed Aimar sarebbero stati costretti, sotto la pressione dell'opinione pubblica, a ridimensionare le proprie ambizioni. E' successo così. Una fuga indovinata, Pingeon che veste le insegne del primo in classifica. Poulidor travolto da una crisi sul Ballon d'Aisace, Aimar in momento di scarsa vena. Bidot che manovra con saggezza, comportandosi come si comportava Binda, ai tempi di Coppi, dì Bartali, di Magni. Tutti aspettano il crollo di Pingeon, ma Pingeon tiene duro. La fortuna lo aiuta, Pingeon vince il Tour. D'un sol colpo, gloria e quattrini. Li merita. Pingeon? A nostro avviso, sì. Non è un fuoriclasse, è però un ciclista al di sopra della media. Gli manca il pugno del k.o. ma conosce l'arte di dominare ai punti. La sua affermazione, più che un'affermazione personale, è l'affermazione di una squadra, rivelatasi più forte delle altre. Però, la Maglia gialla ha mostrato un solo attimo d'incertezza, sulla salita del Galibier. S'è trovato accanto Poulidor, così come sul Ventoux e sul Puyde-D6me. Ma ci ha messo anche del suo. Ed lui finito con il trionfare, mantenendo un atteggiamento di simpatica modestia, snocciolando dei « merci » a destra ed a manca. I soldi del Tour li ha lasciati giustamente ai compagni d'equipe. Però, da oggi, è in giro per il mondo a raccogliere gli allori redditizi delle riunioni. La signora Pingeon sorride, il mestiere di ciclista rende di più del mestiere di lattoniere. I giornalisti francesi non si sono fatti prender la mano dall'entusiasmo. Rivolgono a Pingeon molti elogi, condizionandoli però ad una certa prudenza. Leggiamo il commento del signor Goddet, direttore della corsa. Scrive dunque Goddet che Pingeon ha vinto giustamente, ma che ha avuto dalla sorte dei grossi regali. Per quattro motivi: 1) non è stato troppo marcato dagli altri concorrenti all'inizio della gara; 2) ha fatto parte di una squadra altruista, diretta da un commissario tecnico tanto onesto quanto furbo, che non aveva altro partito preso che quello dì conquistar la vittoria; 3) sì è rapidamente trovato, nei confronti di Poulidor e di Aimar, in una situazione di privilegio. Coti, il colpo di « grande sfortuna » subito dal «povero Poulidor» nei Vosgi, ha contribuito ad annullare una rivalità, che, per quanto leale, avrebbe potuto causar dei danni. Poulidor, scegliendo, con la sua abituale onestà, di aiutare la Maglia gialla, l'ha salvata da un possibile disastro sul Galibier, e l'ha sempre protetta in ogni circostanza; 4) ha visto sparire per un malanno fisico l'avversario capace di batterlo nella seconda parte della competizione. Felice Gimondi. Impossibile, in pache righe, un riassunto più chiaro e più sincero. Pingeon ha conquistato il successo. Molto merito suo, un pò' merito delle circostanze. Ed è leale il riconoscimento, da parte del signor Goddet, del peso della cattiva sorte nei riguardi di Gimondi. La nostra spedizione, avviata in un clima di acceso e dannoso ottimismo, è fallita. Gimondi, il grande favorito, ha perso, e, in proposito, sì può discutere all'infinito. Ma al nostro campione resta la possibilità di affermar a voce alta che, senza il famoso «mal di pancia» dei Pirenei, avrebbe vìnto. Questione di opinioni, ciascuno è libero di pensarla come meglio gli pare. Nessuno, comunque, può smentire categoricamente l'affermazione di Gimondi.Nlon è stato battuto dai rivali, è stato battuto dall'imprevisto di un malanno a tradimento. E sono i francesi, per primi, a riconoscergli il diritto d'imprecare contro la sfortuna. Sia pure per colpa di un mal di pancia, torniamo comunque a casa sconfitti. Una lezione per il futuro: con la formula delle squadre nazionali, allinearsi al via con un solo capitano è rischio grosso. Basta un soffio di vento avverso e l'intera compagine va a fondo. All'attivo del bilancio, per i tricolori di Pezzi, due successi di tappa, l'uno e l'altro dovuti a Gimondi. Più soddisfacente il rendiconto della « Primavera»: terzo posto in classifica con Balmamìon, due tappe can la rivclamonc BRsr.n, la- conquista, sìa pure temporanea, della maglia gialla grazie a Polidori, il terzo posto nella graduatoria per squadre, l'ottimo rendimento di Bodrero. Non sarà molto, ma è già qualcosa. E, in giorni di magra, anche il poco ha la sua importanza. Tiriamo i conti. Per noi — la sorte colpevole al cento per cento o in fnisura inferiore — missione fallita. Dominio non tanto dì un uomo (Pingeon) quanto dì una squadra (la nazionale di Francia). Delusioni offerte a piene mani da belgi, olandesi, spagnoli. Successo del ritorno alla vecchia formula. Il Tour del '67 passa agli archivi. Con il ricordo triste dì Tom Simpson. Sulla rampa pietrosa ed assolata del Ventoux, tutti abbiamo perso un amico. Gigi Boccacini -f- Pingeon alla partenza non era tra I favoriti, ma ha vinto meritatamente II Tour

Luoghi citati: Francia, Nizza, Parigi