I terroristi cominciano a dubitare che la violenza serva in Alto Adige

I terroristi cominciano a dubitare che la violenza serva in Alto Adige INTERVISTA CON L'AVVOCATO DEI DINAMITARDI I terroristi cominciano a dubitare che la violenza serva in Alto Adige II loro difensore, aw. Wilhelm Steidl, si sforza di scusarli e sostiene che senza il tritolo l'Italia non si sarebbe decisa a risolvere la vertenza altoatesina - Tuttavia ammette che, dopo la serie di vili delitti come quello di Cima Vallona, il governo italiano potrebbe non concedere le autonomie del famoso pacchetto -1 «ragazzi» (così chiama gli assassini) se ne rendono conto e, a suo giudizio, non si avranno altri attentati sino a che non si conosceranno le decisioni di Roma (Dal nostro inviato speciale) Innsbruck, 24 luglio. Che cosa vogliono i terroristi? Non si rendono conto che con i loro attentati rischiano di far naufragare le faticose trattative italoaustriache? O forse colpiscono e uccidono proprio per evitare che si arrivi ad un accordo? Per tentare di avere non diciamo una risposta — sarebbe stata speranza troppo ingenua — ma qualche chiarimento indiretto su questi interrogativi, abbiamo voluto parlare con l'«avvocato dei terroristi». —Di legali gii estremisti ne hanno naturalmente più di uno, ma il più noto qui a Innsbruck, quello che li conosce meglio e li pratica con maggior frequenza — tanto da vedersi proibito l'ingresso in Italia dalle nostre autorità —, colui che ha fatto di queste difese un po' il centro della sua attività, insomma l'« avvocato dei terroristi» per antonomasia è il Rechtsanwalt Wilhelm Steidl. L'ufficio è al n. 29 di Mariatheresienstrasse, nel cuore della vecchia Innsbruck, proprio davanti alla famosa colonna della Madonnina. Una lunga scala di legno che scricchiola sotto i piedi, una ampia anticamera, un grande ufficio con pesanti mobili scuri; insomma un ambiente tipicamente tirolese che costituirebbe lo sfondo perfetto per un vecchio avvocato dei tempi absburgici. Wilhelm Steidl invece ha quarant'anni e ne dimostra trenta. Aspetto da campione di sci, viso abbronzato, disinvoltura perfino eccessiva. Mi saluta calorosamente in italiano, parla abbastanza bene la nostra lingua e, quando stenta a trovare qualche frase, passa senza interruzione al francese o al tedesco come se fosse la cosa più naturale di questo mondo. In questo linguaggio-mosaico esordisce anch'egli con la distinzione che per ogni tirolese è quasi una formula rituale: quella fra terrorismo di stampo nazista e terrorismo locale. Burger? Lo conosce benissimo, gli ha parlato mille volte, non lo ha mai voluto difendere perché è un nazista. O più esattamente un pangermanista. In ogni modo uno che non ha niente che fare con gli estremisti tirolesi, ai quali sta a cuore soltanto il Tirolo. « Ho l'impressione che in Italia e anche altrove Burger sia stato sopravvalutato — aggiunge con una punta di disprezzo nella voce —, è un individuo che parla molto ma agisce poco. Personalmente sono convinto che non abbia partecipato ad alcun attentato. Non mi pare ne abbia la tempra ». Ho in mano alcuni volantini del Volksbewegung fùr Sùdtirol, il movimento capeggiato da Drexler, che incita la popolazione a battersi per la libertà del Sud Tirolo. Migliaia e migliaia di austriaci se li ritrovano periodicamente nelle cassette postali. E' forse Drexler l'uomo della lotta, il leader delle, squadre d'azione? L'avvocato si mette le mani nei capelli. «Drexler? Per carità! Drexler è un pregiudicato, un delinquente comune che cerca di ammantarsi di patriottismo. E' stato condannato per furto, la stessa Bergiselbund lo ha espidso con ignomìnia dai suoi ranghi. Non ha niente che fa re con i ragazzi ». I ragazzi, i puri, gli idea listi, secondo Wilhelm Steidl, sarebbero i terroristi altoatesini, un esiguo gruppetto di montanari della Val Passim o della Pusteria pronti a qualsiasi violenza pur di vedere trionfare la loro idea. E quale sarebbe questa loro idea? Il ritorno dell'Ai to Adige all'Austria? La co stituzione di un Tirolo indipendente? L'avvocato scuote la testa e sorride con una certa aria di superiorità. Sostiene che l'Italia, Stato relativamente giovane, formato esclusivamente da gen te di lingua italiana, non è mai stata abituata ad avere nel suo seno delle minoranze e perciò non sa trattare con esse. Loro invece, gli austriaci, fino al 1918 furo¬ p no uno Stato mosaico, composto dalle genti più diverse, e pertanto sapevano e sanno benissimo tutta l'importanza delle autonomie locali. Ecco, i terroristi tirolesi non aspirerebbero ad altro che ad una autonomia pari a quella che l'Austria di una volta concedeva alle sue minoranze. «Per esempio?». «Per esempio per me non farebbe alcuna differenza avere il passaporto austriaco o quello italiano. Sarei pronto a ubbidire con pari lealtà alle leggi austriache n a quelle UnVtnr,o) « jW»" s'intende, che queste ultime mi permettessero di mantenere intatte tutte le mie abitudini, le mie tradizioni, i miei costumi. Per esempio non vedo perché le leggi italiane dovrebbero proibire agli abitanti di Bolzano di formare un unico Club alpino tirolese o un'unica Camera di Commercio tirolese insieme con gli abitanti di Innsbruck e con quelli di Lienz ». Cerco di spiegargli che con l'offerta del «pacchetto» l'Italia sta appunto cercando di arrivare a una soluzione di questo genere, e che se va cauta è proprio perché talora ha la sensazione che gli altoatesini di lingua tedesca tendano ad avanzare sempre maggiori richieste, secondo quella che da noi viene espressivamente definita la «tecnica del carciofo ». Ma soprattutto cerco di spiegargli come queste rivendicazioni possano essere avanzate democraticamente, senza ricorrere alla violenza e al crimine. «Non posso essere d'accordo con lei — obietta l'avvocato. — I ragazzi hanno avuto sempre la sensazione contraria. Si sono convinti che per svegliare Roma sia indispensabile là' dinamite. Per ottenere la " Commissione dei 19 " ci sono volute la "notte dei fuochi" e le cariche ai tralicci; per ottenere i " pacchetti " ci sono voluti gli attentati. Così i ragazzi si sono convinti che la violenza in Italia "paga", e sono andati avanti». Alt, davanti a noi non c'è un giudice internazionale, ma mi viene fatto di alzare istintivamente la mano, « mi oppongo, Vostro Onore». Anche ammettendo che ci sia stato da parte nostra un periodo di relativa sordità, è certo che in questi ultimi anni le parti si sono invertite. Roma ha avanzato proposte precise, concrete, ma quando cominciava a profilarsi all'orizzonte l'auspicata soluzione, ecco che sangue e violenza ributtavano il problema in alto mare. « Lei non è convinto per esempio — domando — che l'attentato di Cima Vallona abbia ritardato la soluzione degli ultimi problemi relativi al "pacchetto" offerto dall'Italia? Non è convinto che se domani. Dìo ne guardi, dovesse avvenire un ulteriore attentato, Roma si irrigidirebbe definitivamente e di " pacchetti " e " contropacchetti " non si parlerebbe più? ». L'avvocato tace. Dopo un momento di riflessione annuisce, ammette che, sì, c'è del vero in questa tesi. Del resto crede che anche J ragazzi se ne stiano persuadendo a poco a poco. «Personalmente sono convinto che fino alla decisione sul "pacchetto" dì attentati non ne dovrebbero succedere più», conclude stendendomi la mano. La stringo augurandomi che non si tratti di ima formula di cortesia, ma di una convinzione dettata da civismo e saggezza. Gaetano Tumiati