Stendhal dal 1814 al '21 cospirò con i Carbonari

Stendhal dal 1814 al '21 cospirò con i Carbonari UNO STUDIO DI BRUNO PINCHERLE Stendhal dal 1814 al '21 cospirò con i Carbonari 4 11 destino avendo interrotto nel 1814 il cammino del popolo italiano, come il fuoco sacro del genio e della libertà potrà ancora svilupparsi in Italia»? Volendo dare una risposta alla domanda formulata in Rome, Naples et Florence en 1817, Stendhal ben sapeva d'imporsi un difficile compito durante il suo ultimo soggiorno milanese. Per sette anni con tanta sollecitudine lo scrittore ascoltò le speranze e valutò le manifestazioni utili per la soluzione di un problema giudicato capitale per l'avvenire del nostro Paese che quel compito impegnativo giustifica da solo, e quasi riassume, la partecipazione di Stendhal ad un momento importante del nostro Risorgimento. Oggi, agli occhi di più avveduti lettori, e per quante ricerche Bruno Pincherle rinnova e sintetizza (In compagnia di Stendhal, Milano, All'insegna del pesce d'oro, 1967, pp. 476), l'attività politica e l'opera letteraria dell'ammiratore di Federico Confalonieri non conferma soltanto un amore sincero per la civiltà italiana. Per ampia cognizione di fatti sicuri è anche possibile affermare che, tra il 1814 e il 1821, Stendhal seppe identificare le forze che preparavano il nostro Risorgimento e ad esse offerse in Milano una collaborazione coraggiosa e fruttuosa. Quando i biografi giungono a quegli anni tanto importanti nella vita di Stendhal, anche i più diligenti non resistono alla tentazione di dipingere a vivaci colori un quadro di maniera. Si direbbe che per sette anni il romanziere sia vissuto in permanenza in un palco del teatro « Alla Scala y. Eppure nessuno dimentica una serie di fatti anche troppo commentati. Lo Stendhal che nel 1814 giunge, poco più che trentenne, a Milano è una vittima, e non delle più illustri, della caduta del regime napoleonico. Ma per sparire dalla scena, come tanti altri, il fedele di Napoleone non ha mutato casacca, il dandy delle Tuileries non ha accettato la mediocrità. In un giorno ha venduto mobili, carrozze, cavalli ed è fuggito in esilio a Milano. Ingenuo irriducibile, Stendhal spera che la donna, amata a diciassette anni, ancora lo ricordi e si presenta ad Angela Pietragrua che lo trova brutto come la prima volta e lo allontana. Tuttavia, la rottura con la Pietragrua aggrava soltanto una situazione resa difficile da ben più fondamentali motivi. L'esperienza amorosa non è mai determinante neppure per quel sentimentale convinto che sempre vuol essere Stendhal. Né giudicherei determinanti le ristrettez-e economiche che, per un momento, mutano le abitudini del gentiluomo grenoblese. Sulla mente e sul cuore del futuro console di Luigi Fi lippo pesava la generale si tuazione politica. Con maggior certezza Stendhal si votò al culto di Napoleone, nel momento in cui avvertì che la Restaurazione legittimava soltanto la mediocrità. In modo particolare, vivendo in Milano col ricordo nostalgico del suo primo soggiorno, presto egli giudicò soffocante l'atmosfera imposta dalla dominazione austriaca. Allora Hen ri Beyle diventò Stendhal quando il critico acuto dell'evoluzione politica europea ammise di buon grado che «l'Italia fosse progredita di un secolo con la battaglia di Marengo > e non accettò che «la marcia dell'Italia fosse arrestata per un altro secolo dal la battaglia di Waterloo t. Furono questi i pensieri che fecero superare a Stendhal la più profonda crisi della sua vita convincendolo che al loro trionfo egli doveva dedicare tutto se stesso. Identificata Milano con la propria giovinezza, lo scritto¬ rc ¬ re fece all'Italia un posto sempre più grande nelle sue successive meditazioni politiche. Come lo sconforto iniziale fu superato, il « Milanese » di adozione si guardò attorno, considerò gli uomini, valutò gli ambienti e del tutto spontaneamente la sua simpatia dedicò, cordiale e quasi fraterna, ai giovani del Conciliatore e ai cospiratori della « Setta dei Federati ». Presto le conversazioni nel palco di Lodovico di Breme alla Scala dagli argomenti letterari passarono a quelli politici. Attirava Stendhal a discussioni impegnate,, e forse segrete, l'amico Giuseppe Vismani. Grazie al giovane avvocato novarese, lo scrittore fu introdotto nel salotto di Metilde Dembowski Viscontini e vi frequentò il Confalonieri, il Borsieri e, anche più intimamente, l'attivo Giuseppe Pecchio che, privo di quel patriottismo monacale inviso al nostro francese, riuscì a convincerlo a partecipare alle « operazioni di congiura ». In verità il romanziere, se guardò sempre con un certo scetticismo i cospiratori, con sincera fiducia seppe comprendere e anche sorreggere i loro ideali. Conferma nel modo più convincente questa partecipazione il fatto che anche il nome di Stendhal si trova negli Atti del cosiddetto «Processo dei Carbonari ». Merito grande del Pincherle è di aver precisato la partecipazione di Stendhal alle attività del gruppo milanese di cospiratori che, nell'ottobre del 1820, dovette assistere impotente all'arresto di Silvio Pellico. Con tanto interesse Stendhal partecipava «alle nostre cose di Milana che era persino corsa la voce cheegli fosse uh-agente segretOidelgoyerno francese. La calunnia fu presto smentita, ma non per questo la polizia cessò di sorvegliare « Enrico Bayle di Grenoble», censurò la sua corrispondenza e, infine, lo-obbligò a ritornare in Francia. Dal giugno del 1821 il « milanese » Stendhal non potè più risiedere liberamente nella città amata, perché la polizia austriaca lo aveva bollato per sempre come « un uomo irreligioso, rivoluzionario, liberale e nemico della Legittimità ». Se mai Metilde avesse corrisposto al suo amore, Stendhal sarebbe rimasto a Milano correndo il rischio d'essere condannato al capestro come il Vismara, il Pecchio e Filippo Ugoni? A costo di dare un dispiacere agli stendhaliani di stretta osservanza credo eccessivo, anche in questo caso, riconoscere troppo valore al lato sentimentale della vita di Stendhal. Alla data del rientro in Francia del nostro scrittore, le esperienze milanesi, non tanto avevano preparato 'il diplomatico di Trieste e di Civitavecchia, quanto il romanziere della Chartreuse de Parme. Per quanti consigli abbia potuto dare ai cospiratori, Stendhal dimostrò in modo anche più concreto la sua partecipazione al nostro Risorgimento quando, componendo in alcuni mesi del '38 il suo capolavoro, non pochi dei valorosi italiani conosciuti ed ammirati tramuterà nei suoi personaggi. Non ho difficoltà a credere con il Pincherle che Ferrante Palla ricordi Giovanni Rasori, « povero come Giobbe, gaio come un fringuello, grande come Voltaire ». Clelia Conti ha le sembianze di Metildr Dembowski, il conte Pietranera ricorda il generale Tco doro Lechi. Ma, tra cento per sonaggi, chi potrà dire come siano stati trasformati il Santarosa ( «honneur ati pays qui a produtt tes Santarosa *), il Confalonieri (tun homme de courage qui aime sa patrie*). il Dal Pozzo («le Benjamin Constant du Piémont »)? Cer tamente, Stendhal li aveva tutti in mente, perché tutti assieme accesero la fantasia del romanziere. Al più sicuro conoscitore francese del nostro paese, quei patrioti diedero la certezza che « l'Italia non avrebbe più pensato a scrivere soltanto sonetti stampati su seta rosa per ricordare il giorno delle nozze ». Dopo i fatti del '21 Stendhal ..apeva — e lo dirà nel salotto di Giuditta Pasta a Parigi, lo ripeterà a Civitavecchia nella bottega di Donato Bucci — che con l'eroismo dei Carbonari l'Italia preparava un più sicuro avvenire. Franco Simone Atenagora I. patriarca di Costantinopoli, fotografato nel suo studio dove ha ricevuto il nostro inviato (Telef.)