L'Occidente e il Terzo Mondo

L'Occidente e il Terzo Mondo Le civiltà non sono tutte eguali L'Occidente e il Terzo Mondo L'urto tra israeliani ed arabi in Palestina ha portato ancora una volta il discorso sui conflitti tra civiltà, sulla possibilità di attribuire a queste un diverso valore, secondo le loro strutture, gerarchie, leggi, usi, tenore di vita, e sul punto se la civiltà che si ritiene più sviluppata abbia doveri, e quali, verso le altre; se possa preservarsi non accettando mescolanze che rischierebbero di abbassare il suo livello. Discorso che, con poche variazioni di vocaboli, si ripete nei secoli. Ci sono sempre popoli che hanno toccato le più alte vette in potere, in ricchezza, nel tenore di vita; non assillati da propri pressanti problemi, guardano anche fuori della propria sfera d'interessi immediati; compiaciuti di sé, tengono per certo che altri popoli realizzino una civiltà di grado inferiore. Peraltro è proprio in seno a questi popoli ricchi e colti che emergono intellettuali, contrastanti al sentire diffuso tra i loro connazionali. Per lo più non esaltano i costumi e le credenze di altri popoli. Ma talora, come nel Settecento, contrappongono a tutte le civiltà l'uomo della natura, un « buon selvaggio », naturalmente idealizzato; ' senza avvedersene, rifanno a modo loro la vicenda "del peccato originale; dall'origine si sarebbe avuta decadenza sotto l'illusione del progresso (spésso manca in loro il correttivo di un aiuto divino e di un riscatto). Talora, invece, questi negatori insistono nel considerare assolutamente ai medesimo livello tutte le civiltà, tutte rispondenti ad esigenze altrettanto legittime. Negli anticolonialisti dei. nostri giorni, accanto a deplorazioni cui occorre associarsi — il poco che la più gran parte degli Stati colonizzatori han fatto per i loro soggetti durante il periodo coloniale, peccato tanto più grave quanto più i colonizzatori eran convinti della superiorità dei propri istituti —, risuona frequente l'irrisione alla superbia dei bianchi, che avrebbero ritenuto la loro l'unica civiltà, od almeno la più alta delle civiltà. Ci sarebbero tante civiltà quanti sono i popoli, e tutte avrebbero la stessa legittimità, la medesima ragion d'essere. Il discorso ricorda quello di certi biologi ultra materialisti, ch'escludono ogni finalismo; l'idea di evoluzione non è in alcun modo associabile a quella di progresso. Si può parlare di strutture più o meno complesse, ma non di più o meno progredite, non di soluzioni felici o meno felici trovate dalla natura. Parallelamente, le civiltà fondate sulla schiavitù, sulla poligamia, sul pieno potere di un capo, dalle leggi che mettono le pene più atroci; gl'imperi dove l'imperatore aveva mille concubine e mille eunuchi, ed i feudatari lo imitavano, e non c'era tutela di sorta per 1 soggetti: non potrebbero dirsi in nulla inferiori a quella che fu la civiltà dell'Europa della fine dell'Ottocento, che appare a noi come una vetta luminosa. L'una e l'altra rispondevano ad esigenze naturali, realizzavano un sistema con pari grado di perfezione. E chi assume questo punto di vista potrebbe anche sostenere, con qualche fondamento, che la somma di felicità e d'infelicità degli uomini, data la loro capacità di adattamento, non differisce gran che nelle varie civiltà. Se cristianesimo o buddismo, Socrate o Spinoza, Mazzini al pari di Tolstoi non sono vani sogni dell'umanità (e lo stesso dato che questa avesse tali vaneggiamenti basterebbe a staccarla di netto dall'animalità), le civiltà non si equivalgono. C'è una scala di valori che in esse si affer¬ ma: sono i valori dell'uomo, il distacco dall'animalità, la vittoria sull'istinto belluino, sull'egoismo, l'affermarsi del senso di fratellanza. Se, credenti od atei, si ha la visione di una umanità in cammino, con soste, regressi, cadute, ma perseguendo una linea ascensionale, dove le quote più alte non sono raggiunte tanto da risultati materiali, quanto dalla coscienza che gli uomini prendono di sé, dal penetrare più in profondità il senso del bene e del male (a chi osserva che l'atomica produce stragi quali non provocarono le lotte tra primitivi è dato rispondere che ha però creato crisi di coscienza, ripugnanze, ignote a quelli); se si ammette che l'umanità non erra a caso, ma ha dei suoi punti di riferimento, e questi la distinguono sempre più dall'animalità, le fanno sempre più sentire il desiderio di una convivenza di pace, in cui ci sia per tutti un po' di gioia, e le sofferenze della carne siano vinte od almeno consolate da una luce interiore: se si ammette tutto questo, impossibile non scorgere ima gerarchia nelle civiltà. Ed allora il corollario è la ricerca della comunicazione con gli altri. Mai l'imposizione, ma l'obbedienza al precetto di carità di cercar di comunicare agli altri quel che ci pare sia il buon frutto da noi rinvenuto; ma anche, se gradita, la discussione, che, se pure non converte alcuno, illumina meglio le posizioni rispettive, fa sempre compiere un passo avanti. Non orgoglio, ma coscienza che si deve cercar di offrire agli altri l'esempio dei nostri istituti e non si possono invece accettare i loro. Per tornare alla guerra. Quando il compianto Roberto Battaglia scriveva la sua storia della prima guerra d'Etiopia, non a torto asserendo ch'era stata una vera sfortuna da parte italiana volerla fare apparire come una continuazione delle guerre risorgimentali, come una impresa garibaldina, non poteva però tacere che le donne abissine avevano mutilato i feriti italiani, che gli ascari prigionieri erano stati puniti col taglio di un braccio e di una gamba; mentre naturalmente gl'italiani avevano osservato le leggi della guerra (e fu profonda umiliazione per noi che nella guerra d'Africa fascista si usassero i gas; ci sentimmo veramente decaduti). Del pari in questi giorni non si è sentito di un solo atto criminale degli israeliani verso i prigionieri e feriti nemici; mentre, dal lato opposto, quanto meno sulla frontiera siriana, abbiamo sentito del più crudele degli episodi, rivelatore di un abisso di odio. A. C. Jemolo tiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiifiiiiiiiiiigiiiiitiiiiifiiiiiiiiii

Persone citate: A. C. Jemolo, Mazzini, Roberto Battaglia, Socrate, Spinoza

Luoghi citati: Africa, Etiopia, Europa, Palestina