Morto a Roma Gaetano Martino presidente del partito liberale di Michele Tito

Morto a Roma Gaetano Martino presidente del partito liberale Morto a Roma Gaetano Martino presidente del partito liberale Lottò convinto per l'unione europea - E' stato stroncato a 67 anni da un male incurabile che egli, come medico, seguì serenamente nel suo tragico aggravarsi - Il Capo dello Stato in un telegramma alla vedova lo definisce « uno degli spiriti più alti della ricostruzione nazionale» - Chiaro docente di fisiologia umana, dopo la guerra entrò in politica nelle file del pli - Come ministro degli Esteri preparò le basi del Mec e nel '57 firmò il trattato di Roma (Dal nostro corrispondente) Roma, 21 luglio. L'on. Gaetano Martino, presidente del partito liberale, è morto stamane a Roma, vittima di un male incurabile. Non v'è stata sorpresa: purtroppo l'evento era atteso come inevitabile di giorno in giorno. Lo stesso on. Martino ne era consapevole, e ne parlava, negU ultimi tempi, nei rari momenti in cui trovava un po' di forza, con grande e serena rassegnazione. E' in vece grande, unanime il cordoglio: dal Capo deUo Stato, che è stato il primo a recarsi a rendere omaggio alla salma (e, in un messaggio alla vedova signora Alberta, ed ai tre figli, riconosce nello scomparso « uno degli spiriti più alti e illuminati del periodo della ricostruzione nazionale »), al presidente del Consiglio e a tutte le personalità del mondo politico e universitario fino a gruppi di militanti liberali, tutti partecipano con autentico dolore al lutto che colpisce il Parlamento italiano. Di Gaetano Martino si ricordano i numerosi titoli di merito: ministro della Pubblica Istruzione, ministro degli Esteri, presidente del Parlamento europeo, scienziato insigne, professore universitario, rettore dell'Ateneo di Roma. Si ricorda l'impegno che egli mise, come ministro dell'Istruzione, nel difendere. In un momento difficile, le ragioni e l'avvenire della scuola di Stato contro le pressioni a favore della scuola privata confessionale: fu un'azione che portò a conquiste che rimangono. Si ricorda l'azione da lui svolta, come ministro degli Esteri, per salvare le prospettive dell'Europa unita dopo il fallimento della Ced, nel 1954. Fu un lavoro lungo, paziente e complesso, che richiese anche un grande coraggio e che fu, a volte, nello smarrimento di quei mesi e di quegli anni di transizione, anche un coraggio solitario. Il risultato fu la conferenza di Messina, città natale dell'on. Martino, e la decisione di rilanciare l'Europa. Nel '57 poteva firmare, in Campidoglio, come Ministro degli Esteri italiano, i trattati di Roma che sancivano la nascita del Mercato Comune. Era stato uno dei tre « saggi » nominati dai Paesi atlantici per studiare le forme e i modi di rinnovare la grande alleanza occidentale: il prestigio conquistato tra i Paesi amici contribuì grandemente a facilitare la soluzione del problema di Trieste, che aveva paralizzato per un decennio la diplomazia italiana. Si ricorda tutto questo, e certo pochi uomini politici potrebbero vantare altrettanti titoli di merito al rispetto del Paese. Ma scompare anche un parlamentare della più autentica tradizione liberale. Era nato nel 1900, apparteneva a una famiglia che aveva sempre fatto politica, e che vantava da decenni, prima del fascismo, un forte seguito personale. Una famiglia illustre della Sicilia orientale, con un'antica abitudine al rispetto dello Stato, al culto del «buon nome», allo scrupolo della correttezza nei rapporti politici e umani, alla signorilità e all'equilibrio. Con questo patrimonio Gaetano Martino entrò nel Parlamento italiano, eletto alla Costituente nel '46 e poi rieletto sempre nel collegio della Sicilia orientale. Fu vice presidente della Camera e diresse in tale qualità il dibattito arroventato sull'adesione dell'Italia al Patto Atlantico. Si fece, in quell'occasione, la fama dell'uomo politico più calmo d'Italia: con impassibile sicurezza dominò le passioni ardenti dell'ultima notte del dibattito, mentre l'ostruzionismo comunista aveva logorato i nervi degli avversari e, nella tensione, l'esito diventava incer¬ to. Una intera notte, fino all'alba, a difendere, nella tempesta, senza mai scomporsi, senza mai rinunciare alla battuta di spirito distensiva, le regole della libera discussione. Era un uomo politico lucido. Si sentiva un uomo del « centrismo », era stato un protagonista degli anni '50, Con la svolta a sinistra rifiutò di attardarsi nel rimpianto del passato e nella denuncia apocalittica dei mali minacciati dalla nuova politica. Disse un giorno che un tempo era passato, e che in quel tempo era stato fatto ciò che era possibile. Il tempo nuovo aveva i suoi uomini nuovi: il compito che assegnava a se stesso era quello di difendere la continuità e la fedeltà ai valori ed ai principi essenziali: la democrazia, lo Stato, le alleanze sottoscritte dall'Italia. Non era facile, e non sempre potevano essere evitati errori. Ma contava lo stile, contava l'esempio di una condotta nella lotta politica che rimarrà legata al suo nome. E, come nelle tradizioni della migliore Italia dei conservatori illuminati, era un professore universitario di gran fama. Laureatosi in medicina nel 1923, aveva assunto la cattedra di fisiologia all'Università di Asunción, poi, nel '34, era divenuto professore a Messina finché non assunse la cattedra di fisiologia umana all'Università di Roma. Autore di un centinaio di pubblicazioni scientifiche, era noto come scienziato in tutta Europa. L'Europa, ora, lo riconosce come uno degli artefici della sua unità. Michele Tito L'on. Gaetano Martino

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