Gli ma austriaci criticano i terroristi ma li guardano con grande simpatia

Gli ma austriaci criticano i terroristi ma li guardano con grande simpatia Fìngono di non capire ohe uccidere è un delitto Gli ma austriaci criticano i terroristi ma li guardano con grande simpatia Almeno a parole la gente comune depreca i loro crimini, ma subito trova giustificazioni per ogni estremismo Vorrebbe tener distinti i terroristi locali (che definisce fieri montanari) da quelli nazisti - Mostra di non accorgersi che i tipi come Klotz sono espressione di movimenti che vogliono sconvolgere ancora una volta l'Europa (Dal nostro inviato speciale) Innsbruk, 18 luglio. L'italiano che arriva a Innshruck ha la netta sensazione che la grande maggioranza della popolazione condanni abbastanza decisamente violenza e terrorismo. Legge i giornali e apprende che il vescovo di Innsbruck, il governo regionale, perfino la Bergiselbund, la famosa organizzazione nazionalista che non perde occasione per ribadire il suo « no » al confine del Brennero, stigmatizzano ogni manifestazione di estremismo. Attacca discorso con l'albergatore, con il vicino di tavolo, con il compagno di scompartimento, e, non appena si parla di Cima Vallona, eccoli tutti a scuotere il capo, gli occhi azzurri sinceramente rattristati, non capiscono come possano esistere individui del genere, certo debbono avere nel cervello qualche rotella che non funziona. E' difficile stabilire se questo senso di riprovazione sia diffuso in tutto il Tirolo o sia soltanto l'espressione della sua fascia più urbana e civilizzata, quella appunto con cui viene a contatto il turista straniero. Per saperlo sarebbe stato necessario interrogare coloro che ieri sera hanno acceso centinaia di falò in cima alla Nordkette, a quota duemila e oltre. Era ormai notte, la grande catena si stagliava scurissima contro il cielo appena più chiaro, quando, lassù In cima, è cominciato a palpitare qualche punto luminoso. In pochi minuti quelle luci sono diventate centinaia e, per quanto vento, e umidità impedissero molte accensioni, si è capito subito che formavano una scritta. La S iniziale mancava della parte inferiore, la O non era completa; ma la parola fiammeggiante nella notte era abbastanza chiara: Sudtirol. - Soltanto i turisti americani, numerosissimi a Innsbruck, hanno pensato a una manifestazione folkloristica di mezza estate e se l'indicavano l'un l'altro pieni di allegria. Cosa avrebbero risposto gli autori di quei falò a chi 11 avesse interrogati sul terrorismo? Sempre disposti in linea di massima a condannare i terroristi e ad ammettere che molti loro compatrioti peccano di eccessivo nazionalismo, ì tirolesi reagiscono invece vivacemente quando si sentono accusare di nazismo. Se qualcuno definisce « nazista » una cerimonia come quella svoltasi ieri a Gnadenwald dove, durante la commemorazione dell'eroe tirolese Joseph Spechbacher, compagno di lotta di Andreas Hofer, alcuni giovanotti in pantaloncini di cuoio e calzettoni bianchi hanno portato ostentatamente in giro cartelloni contro il governo di Vienna definito « rinunciatario e fariseo », i tirolesi scuotono il capo e dicono che noi italiani non conosciamo la loro natura. Non tollerano neppure che vengano definiti nazisti Georges Klotz o 1 killers della Val Pusteria. A loro avviso i terrorismi, come del resto i nazionalismi, sono due: quello originario tirolese, irredentista, montanaro; e quello nazista, arrivato dal di fuori, finanziato dal di fuori, inseritosi in un secondo tempo. In linea puramente teorica non si può dare loro torto. Il nazionalismo tirolese, conservatore, montanaro, clericale, diffidente nei confronti di ogni evoluzione sociale e persino di ogni innovazione tecnica, attaccato morbosamente alle sue tradizioni popolari, non può essere confuso con il nazismo. Il suo grido è lo Jodel, l'urlo modulato che si lancia da vai lata in vallata, non lo He il Hitler delle camicie brune. Il guaio è che questo loro nazionalismo — oltre tutto non certo insensibile al fascino della Deutschtum, nonostante ogni ostentato « distinguo » nel confronti del tedeschi — non costituisce certo la barriera Ideale contro il nazismo. Mimetizzandosi abilmente con pennacchi tirolesi, la croce uncinata riesce benissimo ad intrufolarsi tra questi boschi, cosicché ad un certo punto è impossibile traccia re una divisione netta fra estremismo nazista ed estremismo locale. E' vero, non slamo ancora alla fusione, alla osmosi; ma la mescolanza c'è, progredisce, si fa sempre più preoccupante. Nella maggior parte dei casi succede che i capi siano veri e propri nazisti, legati a doppio filo con il revanscismo tedesco, mentre i gregari sonò giovani montanari ai quali stata montata la testa e che credono di battersi per la libertà e l'unità del Tirolo. Ma da questo orecchio gli abitanti di Innsbruck ci sentono poco. Continuano a sostenere che gli estremismi sono due e nei confronti del secondo — il loro, quello montanaro, che pure ufflcialmente condannano — mostrano alla fin fine una certa comprensione. « Sì, d'accordo, sono stati commessi crìmini esecrabili che vanno condannati sema riserve — essi dicono in sostanza — ma la causa prima, la responsabilità originaria del terrorismo e del sangue versato ricadono su voi italiani. Se voi vi decideste una buona volta a risolvere equamente il problema del Sud Tirolo, se cioè concedeste alla provincia di Bolzano la tanto auspicata autonomìa, senza tergiversazioni e cavilli, il terrorismo cesserebbe dall'oggi al domani ». Lo scrive il Tiroler Tageszeitung quasi tutti 1 giorni, lo ripete il Landeshauptmann Eduard Wallnòfer — lo ha detto anche ieri nel suo discorso a Gnadenwald — lo pensano probabilmente anche quei cortesi e simpatici tirolesi che, quando parlano con noi, sono i primi a stigmatizzare ogni violenza. E qui.anche con la maggior buona volontà è impossibile essere d'accordo. Una accusa del genere — lentezza, burocrazia, tergiversazioni eccetera — era forse, anzi era senz'altro giustificata in passato; ma da qualche anno le parti si sono letteralmente invertite. Sé c'è qualcuno che tira in lungo, che non vuol « chiùdere », che gioca al temporeggiatore, questo non è certo il governo di Roma. Nel dicembre del '64, quando Saragat, allora ministro degli Esteri, offrì a Kretsky il primo « pacchetto », cioè la prima proposta di soluzione globale — o prendere o lasciare —, sembrava che si fosse ad un passo dalla conclusione. Dopo molte discussioni Vienna, Innsbruck e la Volkspartei rifiutarono. A loro avviso il « pacchetto » non era abbastanza sostanzioso, le autonomie previste non erano sufficientemente estese. Dato che si trattava di « prendere o lasciare » il nostro governo avrebbe rnche potuto permettersi una lunga pausa. Invece pochi mesi dopo presentò un secondo « pacchetto ». I dirìgenti altoatesini dopo averlo esaminato attentamente convennero che questa volta la sostanza c'era, le autonomie erano soddisfacenti. Un unico punto li lasciava un po' perplessi: questo secondo « pacchetto » non prevedeva un « ancoraggio » internazionale, non contemplava cioè quella commissione internazionale, prevista dal primo « pacchetto », cui le parti si sarebbero dovute rivolgere se avessero, ritenuti violati i rispettivi di¬ ritti. La proposta si limitava a prevedere il tradizionale ricorso al Tribunale dell'Ala. « Ma il contenuto di questo secondo " pacchetto " è tanto più voluminoso del primo — ebbe a dirci Magnago in quella occasione — che controbilancia la mancanza di un ancoraggio internazionale ». Ancora una volta dunque sembrava di essere alla vigilia di una soluzione definitiva.. Invece sono passati due anni, Magnago, sempre più pressato dall'ala estremista del suo partito ha fatto marcia indietro, pretende la commissione internazionale. In certi momenti si ha l'impressione che ad ogni passo avanti italiano corrisponda un triplice passo indietro di Vienna, di Innsbruck e di Bolzano. Gaetano Tumiati

Persone citate: Andreas Hofer, Gaetano Tumiati, Georges Klotz, Hitler, Joseph Spechbacher, Klotz, Magnago, Saragat