I giorni dell'8 settembre '43 rievocati nelle memorie di Macmillan di Mario Ciriello

I giorni dell'8 settembre '43 rievocati nelle memorie di Macmillan Pubblicato in Inghilterra un documento di grande interesse I giorni dell'8 settembre '43 rievocati nelle memorie di Macmillan L'ex «premier» britannico, come rappresentante del governo inglese presso il «Quartiere Generale» anglo-americano in Nord Africa, seguì le trattative per l'armistizio - Il racconto che ne fa, ricco di sfumature ironiche, è pubblicato dal "Sunday Times" sotto il titolo: «Armistizio all'italiana» - Due ritratti di protagonisti: re Vittorio Emanuele che in quelle ore di angoscia si preoccupava perché era rimasto senza uova; Badoglio che dichiarò: « Ero fascista perché lo era il re; ora devo fare un governo antifascista e ubbidisco: faccio quanto mi dice il re » (Dal nostro corrispondente) Londra, 8 luglio. La storia dell'armistizio italiano del 1943 è narrata, questa volta, da un cronista d'eccezione: Harold Macmillan, ex-premier d'Inghilterra. In quel tragico anno, Macmillan era « ministro residente » — ovvero, rappresentante politico di Londra — presso il « quartier generale » angloamericano in Nord-Africa. E' quindi testimone ed attore del dramma. Basterebbe tale prerogativa a rendere il suo racconto di speciale interesse: ma v'è di più. Macmillan — di professione editore — sa usare la penna con stile, scrive da storico e da scrittore. Il testo apparirà sul Sunday Times di domani; è tratto, sunteggiato, dal suo libro di memorie belliche The blast of war, che la sua famosa omonima casa editrice pubblicherà a settembre. Macmillan — il quale ha ormai abbandonato la vita politica — rivela poco di nuovo: ma la lettura è avvincente. Sìa per la chiarezza, sia per la comprensione che l'autore mostra per il nostro travaglio. Macmillan, non è un mistero, è uno scettico, lo è sempre stato, il quale osserva la vita attraverso le lenti di un filosofico humour. Tale atteggiamento colora anche questa cronaca, come colora tutto il suo libro, come coloriva i suoi discorsi. Ma, qua e là, affiorano frasi di sincera compassione o di stima per l'Italia. Peccato che tale spirito non sia stato compreso dal Sunday Times, il quale ha preferito porre in rilievo, togliendolo dal contesto, la « tragi-commedia » della resa. Un titolo annuncia « Armistice, italian-style », « Armistizio all'italiana ». La lunga puntata si inizia la notte del 25 luglio 1943, quando Macmillan fu informato della caduta di Mussolini. Passarono i giorni e cominciarono i «sondaggi» del governo Badoglio presso gli alleati. Ve ne furono molti. Il 3 agosto, il Consigliere presso la Legazione italiana a Lisbona vide l'ambasciatore inglese. Il giorno sei — riferisce Macmillan — Berio, consigliere al nostro ministero degli Esteri, parlò con il Console britannico a Tangeri. «Da fonti greche, apprendemmo indi che pure il Nunzio Apostolico a Berna aveva esplorato il terreno. E un certo signor Bussetti si presentò al nostro console a Barcellona, come latore di un messaggio ufficiale da parte di vari partiti politici della sinistra ». Ma, verso la metà d'agosto, questi « brancolamenti » furono sostituiti da « Qualcosa di più. concreto ». Dalla comparsa dei primi due veri « Colombi di pace ». Erano il generale Castellano e il diplomatico Montanari. Le loro vicissitudini sono note. I primi contatti a Madrid, indi a Lisbona. Il 18 agosto, Londra e Washington decidono d'inviare nella capitale portoghese, per incontrare Castellano, il generale americano Bedell Smith, capo di Stato maggiore di Eisenhower, e il generale inglese di brigata Kenneth Strong, capo dell'« Intelligence service » nel Mediterraneo. Macmillan descrive con delizioso humour la loro partenza da Algeri avvenuta — narra — v in un'atmosfera filodrammatica ». I due ufficiali dovevano arrivare a Lisbona con nomi falsi, come civili, irriconoscibili per la stampa internazionale e lo spionaggio tedesco. Alla fine fu deciso di far partire Bedell Smith con il suo vero nome ma con un passaporto da commesso viaggiatore inglese. Non basta. Il famoso generale americano « si travestì » con quello che considerava un tipico abito britannico, una « spaventosa » giacca sportiva e calzoni di flanella. A Lisbona, Castellano pose subito in rilievo che l'Italia non voleva soltanto un armistizio: « Voleva abbandonare l'alleanza tedesca ed unirsi agli anglo-americani ». Bedell Smith approvò ma disse che anzitutto Roma doveva accettare le condizioni militari, il cosiddetto « armistizio a breve scadenza »: e rispondere entro il 31 agosto. Preoccupato dal ritardo nel ritorno di Castellano, Badoglio inviò frattanto a Lisbona, il 24 agosto, altri due emissari, il ge¬ nerale Zanussi e il diplomatico Lanza di Trabia. Fu ad essi che Londra e Washington consegnarono il testo dell'«armistizio a lunga scadenza», 42 clausole che — leggiamo — « ponevano quasi ogni aspetto della vita italiana in mani alleate per un periodo indeterminato ». Macmillan critica la decisione sia perché umiliante per l'Italia sia perché prolungava le trattative, a beneficio dei tedeschi. Del medesimo parere erano « tutti i comandanti nel Mediterraneo »: e Eisenhower qualificò la condotta di Londra e Washington «un'azione truffaldina». Il 31 agosto, il generale Alexander, comandante in capo delle forze alleate in Italia, ai suoi collaboratori disse che, « quali che fossero gli ordini di Roosevelt, Churchill o chiunque altro », la « cooperazione italiana » era urgente e vitale: quindi, esigere solo l'« armistizio a breve scadenza ». Purtroppo, il 2 settembre, Castellano arriva in Sicilia da Roma, « rivelando di non aver ì poteri per firmare un armistizio ». « Volevano solo condurre trattative militari». A questo punto, gli alleati decisero di forzare gli eventi con una scaltra manovra psicologica. Macmillan, divertito, leva il sipario su quest'episodio pressoché sconosciuto. Gli americani si erano mostrati cordiali verso gli italiani: fu dunque concordato, tra Eisenhower, Bedell Smith, Macmillan e Alexander, di far intervenire quest'ultimo, il « comandante in capo », e intimidire i nostri delegati con un calcolato sfoggio di minacciosa freddezza. Alexander — narra Macmillan — « recitò la parte con entusiasmo ed abilità»: convocò gli italiani, non strinse nessuna mano, domandò se fossero « negoziatori 0 spie»: pretese una risposta immediata. Il giorno dopo Castellano firmava ^armistizio a breve scadenza». Interessanti sono i ritratti di personaggi. A Brindisi Macmillan trovò Badoglio al quale rammentò che la stampa anglo-americana « non perdonava al re d'essersi arreso al fascismo »: ma al quale disse pure che Londra e Washington avrebbero fatto il possibile per aiutare l'Italia. Badoglio replicò: «Ero fascista perché il re era fascista. Quando il sovrano mi ordinò di organizzare un governo antifascista, ubbidii. Faccio quanto mi dice il re». Macmillan, con il rappresentante politico americano Murphy, vide pure il re. Lo trovò «nervoso ed esausto». Gli chiese se avesse bisogno di nulla, e Vittorio Emanuele rispose: « La regina non è riuscita a trovare uova fresche, potremmo averne una dozzina? ». Così — commenta l'autore —, « con una dozzina di uova, sigillammo la riconciliazione con la millenaria casa Savoia ». Mario Ciriello