Nasser potrà salvarsi ? di Igor Man

Nasser potrà salvarsi ? ABILE NELL'EVITARE LE CONSEGUENZE POLITICHE DELLE DISFATTE MILITARI Nasser potrà salvarsi ? Non è in grado né di continuare la guerra, né di fare la pace - Il paese ha grano per trenta giorni, è oberato di debiti, in una settimana di conflitto ha speso più del costo della diga di Assuan - I giovani ufficiali e gli estremisti vorrebbero riprendere la lotta, ma la Russia non vuole e le risorse non lo consentono - Nella difficile situazione, il dittatore è riuscito a rafforzare il suo potere personale - Ha epurato, come « responsabili della sconfitta », gli alti gradi dell'esercito; ha messo nel governo i suoi avversari di destra e di sinistra, che si annullano a vicenda; e soprattutto fa leva sul fanatico appoggio popolare (Dal nostro inviato speciale) II Cairo, luglio. Cade o non cade il colonnello Nasser? La posizione del rais è difficile ma non disperata; il peggio, per lui. è passato. Dopo la riconferma a furor di popolo, il presidente egiziano ha concentrato nelle sue mani ogni potere: nel governo di « Unione nazionale » sono rappresentate tutte le correnti; i due più pericolosi « frondisti », Zakaria Mohieddin e Ali Sobri, gli siedono accanto, ma odiandosi fra di loro non riescono a condizionarlo tanto guanto vorrebbero. Il leader assoluto è ancora lui: è vero che deve fare i conti un po' con tutti: col popolo, con l'esercito, coi moderati e con gli oltranzisti, coi filo-americani e coi filo-sovietici, sennonché tutti costoro hanno bisogno di Nas¬ ser. La sua forza è la debolezza degli altri. Gli animi sono divisi, frustrazione e scontento avvelenano gli egiziani, ma non esiste nel paese una opposizione organizzata, l'unico colpo di Stato l'ha fatto proprio Nasser annunciando le « irrevocabili dimissioni ». assumendosi « tutte le responsabilità ». Il rais sapeva benissimo che designando a succedergli Zakaria Mohieddin avrebbe provocato automaticamente la reazione dei giovani attivisti dell'Unione socialista controllati da Ali Sabri, nemico giurato del primo. Per bruciare -Mohieddin. Sabri non aveva altro mezzo che quello di mobilitare la piazza in favore del rais. La « rivoluzione nasseriana » non ha sconfitto la miseria, l'economìa dell'Egitto è rimasta e rimane quella di un paese contadino sottosviluppato, epperò i Tellahin non si sentono più schiavi ma protagonisti da quando Nasser è al potere. La riforma agraria non ha eliminato, con il latifondo, gli agrari, ma ne ha limitato lo strapotere. Una volta i « signori » quando ritenevano che un contadino gli avesse mancato di rispetto, 10 gettavano nel Nilo legato mani e piedi dentro un sacco. Oggi il peggio che possa capitare a un fellaha è di perdere qualche giornata di paga. Continua a guadagnare duecento lire al giorno, ma non deve temere per la sua vita; in teoria i suoi figli possono studiare e diventar « qualcuno », Nasser li chiama «fratelli»; non mangiano di più ma il rais gli ha dato un bene supremo: la speranza. Perdere anche lui avrebbe significato perdere tutto. Di conseguenza, è bastato che gli attivisti di Ali Sabri scendessero per le strade a invocare: « Nasser rimani, non vogliamo altro capo che non sia Gamal», perché il popolo si scatenasse da un capo all'altro dell'Egitto gridando « Ya Gamal! ». Oscuramente, confusamente, il popolo ha sentito che qualcuno aveva « tradito »: destituendo tutti gli alti gradi delle forze armate, Nasser ne ha placato l'ira indicando nei generali i colpevoli di una sconfitta di cui, in realtà, egli è il primo responsabile. Così facendo, 11 rais ha tolto di mezzo uomini come l'ammiraglio Ezzan, comandante della Marina, e il generale Martaghi, comandante dell'armata del Sinai che il 7 di giugno, quando la sconfitta era già diventata disfatta, vennero a battere i pugni sul suo tavolo. Nello stesso tempo, facendo saltare la testa dei generaloni, Nasser ha dato soddisfazione ai giovani ufficiali dei paras e dei commandos frustrati per essere rimasti al di qua del Canale; ai giovani ufficiali sfuggiti al massacro, che accusavano lo Stato Maggiore di aver mandato allo sbaraglio le truppe con acqua, cibo e munizioni per un solo giorno. Destituendo, infine, il comandante dell'Aviazione, l'arma prediletta del regime, Nasser ha « vendicato » la Marina e insieme Ali Sabri, ex ufficiale pilota, che aveva denunciato il generale Sidki Mahmoud come « agente deZZ'Intelligence Service ». In ultimo, chiamando nel governo uomini di tendenze « liberali » come El Kayssuni, ministro della Pianificazione, notoriamente aperto verso l'Occidente, richiamando al dicastero dell'Agricoltura Saìd Marei, espo- nenie del capitalismo agrario, epurato sei anni fa per « malversazioni e sabotaggio alla riforma agricola », Nasser ha inteso comprometterli per svuotare la loro fronda. Ma quali sono le intenzioni di Nasser? Non può fare la guerra ma non può neanche fare la pace, tuttavia egli sembrerebbe disposto al compromesso, attraverso un « regolamento onorevole della crisi, che salvi la pace senza far perdere la faccia a nessuno ». E' una impresa difficile: sul piano interno e su quello internazionale. Il popolo vuole la guerra, Nasser ha solo ammesso un « rovescio », la gente ignora le vere dimensioni della sconfitta, la propaganda ha parlato di una battaglia perduta che non esclude la vittoria finale. Da qualche tempo a questa parte i giornali hanno smesso di incitare alla guerra santa, parlano solo di « sacrifici » e di « pace con giustizia »; il silenzio è calato sui rifornimenti bellici sovietici, più che Israele il « nemico di sempre » è ora genericamente, l'« imperialismo », Nasser tace. Ma se al Cairo, dove vive il sesto della popolazione egiziana, comincia a farsi strada la idea che la « rivincita » è perlomeno rinviata, nel resto del paese il silenzio del capo, il tono moderato della propaganda vengono interpretati come preludio alla vendetta. Anche i giovani ufficiali vogliono la guerra ad oltranza, ma sanno benissimo che gli aiuti sovietici la escludono: il giorno che si avventurassero al di là del Canale, la Russia chiuderebbe il rubinetto dei rifornimenti. Paradossalmente, avviene così che il risentimento verso i sovietici cresce man mano che si intensificano gli arrivi di carri armati e di aerei da combattimento. I giovani ufficiali mordono il freno, il loro idolo è ormai Boumedienne; come suggeriscono algerini e siriani, vorrebbero « provocare » Israele per aver modo di combattere una guerra di guerriglia nella valle del Nilo. Ma non sono in grado di imporre la propria volontà suicida a Nasser, perché rappresentano solo se stessi ed hanno bisogno di lui per riorganizzarsi ed è lui che li salva dalle ire popolari. Pure i giovani attivisti dell'Unione socialista vogliono e la guerra dì guerriglia e ì processi. Ali Sabri li ha armati, ma Nasser lo ha allontanato dall'Unione, assumendone la segreteria. Se gli attivisti scendessero in piazza troverebbero a sbarrar loro il passo la polizia politica di Zakaria Mohieddin e gli stessi militari, che sono oltranzisti ma nazionalisti, sicché guardano con sospetto agli attivisti col bracciale rosso i quali parlano di rivoluzione, di lotta di classe, che accusano la « casta » militare di ignavia e tradimento. L'Egitto ha debiti con l'estero per un miliardo di dollari; la campagna del Sinai è costata oltre un miliardo e mezzo di dollari, più del costo della diga di Assuan; la valuta pregiata disponibile non arriva a un milione di sterline; spariti i turisti son venuti a mancare un milione e mezzo di dollari la settimana; la chiusura del Canale priva le casse dello Stato di un milione di dollari settimanali; più della metà del raccolto del cotone è ipotecata dai paesi dell'Est in cambio degli aiuti militari, e quest'anno il verme del cotone minaccia di distruggere il 30"so della produzione; le scorte di grano bastano per un mese ancora. Il popolo ignora tutto ciò; ma Nasser, no. Egli sa che in queste condizioni parlare di « sacrifici » è un conto, importi un altro: Nasser sa che se ufficialmente il reddito medio prò capite degli egiziani è di 152 dollari l'anno (molto lontano dalla cosiddetta frontiera tra l'arretratezza e il progresso, cioè 500 dollari), quello effettivo è di 75 dollari. L'austerity ha limiti invalicabili in un paese dove il livello di vita per la maggior parte degli abitanti sflora l'indigenza. Nasser sa che la Russia, come non vuole aiutarlo a fare la guerra, non può aiutarlo economicamente; Nasser sa che solo gli Stati Uniti possono salvarlo dalla disfatta economica. Ma la via della ricostruzione passa per la pace e la pace Nasser non può firmarla. (Almeno per ora). Sicché punta al compromesso: l'arretramento « ragionevole » delle truppe israeliane, l'internazionalizzazione di Gerusalemme, riconoscimento sia pure formale della sovranità egiziana su Akaba (in cambio della assoluta libertà di transito agli israeliani), riconoscimento di fatto, non de jure, di Israele. Un giorno, lascia intendere Nasser, r,i potrà arrivare a firmare la pace ma, intanto, bisogna che gli israeliani si ritirino sulle posizioni di partenza: per poter convincere gli arabi, il rais ha bisogno ' di salvare la faccia. Igor Man presidente dell'Egitto, Gamal Abdel Nasser