Forse rimarrà un mistero il delitto a Palazzo Canavese

Forse rimarrà un mistero il delitto a Palazzo Canavese Forse rimarrà un mistero il delitto a Palazzo Canavese Depositata a Ivrea la sentenza che proscioglie gli imputati, due muratori della Vallo Susa - Il crimine avvenne nel 1955; un benzinaio fu ucciso a scopo di rapina (Dal nostro corrispondente) Ivrea, 6 luglio. E* stata depositata nella cancelleria del Tribunale di Ivrea la sentenza di assoluzione per insufficienza di prove emessa dalla Corte d'Assise nei confronti di Romano Gioberto di 34 anni, e Giacomo Franchino di 32, i due ex muratori della Valle di Susa accusati (col trentottenne Felice Girardi, morto prima del dibattimento) di avere ucciso a scopo di rapina, nell'ottobre 1955, a Palazzo Canavese, il benzinaio Mario Tansini, di 56 anni. I principali punti di accusa erano rappresentati dalle confessioni del Girardi e del Franchino. Secondo i giudici « nessuna credibilità seria hanno le varie e contrastanti versioni date dal Girardi ai carabinieri, prima, e successivamente al P. M. e al giudice istruttore. Il Girardi infatti, che in atte sa del giudizio è deceduto in un manicomio criminale, è stato dichiarato seminfermo di mente, imbecille, facilmente suggestionabile, capace di affermare fatti e circostanze as solutamente non veri. L'interrogatorio ha avuto carattere suggestivo e non può quindi essere assunto ai fini di qualche decisione ». Anche la confessione del Franchino non è apparsa ai giudici convincente. Prima di tutto per la « forzatura » usata dal maresciallo Corradino e poi perché l'imputato « è apparso anch'egli suggestionabile e, dopo la presunta confessione extra-giudiziale, ha poi ritrattato davanti al giù dice istruttore e nel corso del dibattimento, protestando si innocente e dichiarando che le sue deposizioni davanti al verbalizzante furono estorte dopo lunghi ed estenuanti interrogatori e dopo qualche violenza ». Altro capo di accusa erano !e dichiarazioni di Carlo Sup po, zio del Gioberto, il quale avrebbe ricevuto subito dopo il delitto la confidenza che suo nipote « l'aveva combinata grossa». Il Suppo però si tolse la vita e non avendo lasciato alcun scritto che giustificasse il suo gesto tutte le illazioni sono buone, non esclusa quella che egli si sia pentito di aver contribuito a gettare in carcere il nipote che forse sapeva innocente. Non bisogna infatti dimenticare che il Suppo, all'epoca in cui avvenne il delitto, aveva motivi di odio contro il nipote, il quale lo aveva coinvolto in un fallimento facendogli rimettere due milioni e seicentomila lire. Mancano quindi prove si- cure — secondo la sentenza — sulla colpevolezza dei tre imputati, anche in merito agli altri indizi accusatori. Non va dimenticato (si legge nel testo del verdetto) che essi all'epoca del delitto si trovavano a lavorare nella cascina Cencio a Barbaresco (Alba) e che, secondo le testimonianze rese dalla proprietaria e da un'amica che era sua ospite, i tre non si allontanarono mai a lungo dalla cascina. La sera del delitto su tutto il Canavese e in buona parte del Piemonte gravava ima fitta nebbia. Se Gioberto e i suoi amici si fossero mossi da Alba dopo cena, e quindi sicuramente dopo le 19, con una « giardinetta 500 » non avrebbero potuto impiegare meno di tre ore per giungere a Palazzo Canavese. Il Tansini venne invece colpito alle ore 21. Inoltre la figlia della vittima, unica testimone del de- no per compiere il "colpo", premeditato. Quindi era forse gente che arrivava da lontano e che conosceva le abitudini- di quelle che sarebbero dovute essere le loro vittime ». Gioberto e Franchino non c'entrano quindi per nulla nel delitto. Il rinvio a giudizio e 1 14 mesi di carcere preventivo furono forse, secondo i giudici, ima conseguenza della facile suggestione del Girardi e del Franchino. Ma questa spiegazione non ha convinto né ì rappresentanti della difesa né quelli dell'accusa. I primi invocano l'assoluzione con formula piena. «Lo conferma anche la sentenza: Gioberto e Franchino non possono essere stati responsabili ». Il rappresentante dell'accusa ribadisce invece la colpevolezza: « Questa storia non può essere solo frutto di suggestione. Troppi particolari indicano in Gioberto, Fran- ma, unica solitto, non notò un'auto nei\chino è Girardi i responsabili li i pressi: « visto che l'erba at torno al distributore era calpestata — si legge ancora nel la sentenza — si può immaginare che gli assassini avessero atteso il momento buo-\ e la sentenza non li scagiona certo, anche se il lungo tempo passato, ormai dodici anni, ha riempito d'ombra la figura dei presunti protagonisti ». r. a.

Luoghi citati: Alba, Barbaresco, Ivrea, Palazzo Canavese, Piemonte, Susa