« Misura per misura» di Shakespeare in un vivace spettacolo a Palazzo Reale

« Misura per misura» di Shakespeare in un vivace spettacolo a Palazzo Reale « Misura per misura» di Shakespeare in un vivace spettacolo a Palazzo Reale La tragedia allestita da Luca Ronconi, con Valentina Fortunato, Sergio Fantoni, Massimo Girotti, Mario Scaccia e La scena ideata da Ferdinando Scarfiotti per Misura per misura di Shakespeare, secondo spettacolo della stagione all'aperto torinese, sembra suggerire: il mondo è un carcere, vi dominano l'arbitrio e l'ipocrisia, quando la giustizia prevale, essa non fa che applicare, nel migliore dei casi, la legge del taglione. Nel cortile di Palazzo Reale, dove il dramma si rappresenta da ieri sera, alte mura racchiudono a semicerchio il palco scenico. Nel mezzo una piattaforma convessa come una cupola o un emisfero, il mondo appunto, su cui si svolge la maggior parte dell'azione Sullo sfondo, simbolo del potere umano e divino, svetta una ripida impalcatura: qualcosa tra il trono, l'altare e il patibolo. Tragedia o commedia? Tra AClprcdcufmDdcfgcnrfisnmcgedia. risponde la rigorosa I"scenografia. O meglio, forse tragicommedia. Misura per misura, si sa, è uno dei testi più ambigui e contraddittori di Shakespeare, probabilmente per questo ha avuto scarsa fortuna, anche in Inghilterra. Da noi è soltanto la seconda volta che viene portato sulle scene, a dieci anni di distanza dalla prima edi zione diretta da Luigi Squarzina allo Stabile genovese. Eppure il dramma, che è dei primi anni del Seicento, ha una sua sinistra bellezza, permeato com'è dallo spirito problematico di un Amleto, di cui si possono cogliere qui molti echi. Ma, indubbiamente, Misura per misura è anche di una incoerenza e di una duplicità che vengono a galla non appena si tenti di delinearne i principali personaggi. Per questo, nel ricordarne la vicenda, terremo presente più lo spettacolo del regista Luca Ronconi che il testo tradotto da lui stesso. Siamo dunque in un fantastico ducato di Vienna, percorso da presentimenti di guerra, contaminato da ripu gnanti malattie, guastato dalla rilassatezza dei costumi. E c'è un Duca che, consapevole di avere troppo allentate le briglie della legge, non osa ora tirarle e ne lascia l'incarico a un suo vicario, Angelo, mentre lui si nasconde sotto un cappuccio di frate a spiare che cosa succederà. cc Angelo condanna a morte Claudio, ma ne sospenderà l'esecuzione (in realtà, se dipendesse da lui, Claudio sarebbe beli'e spacciato in ogni caso) se Isabella, una sorella di Claudio che sta per monacarsi, gli cederà. Angelo è qui un rigido ipocrita, un Tartufo elisabettiano. Davvero non meriterebbe il perdono che il Duca, attiratolo nella trappola di un convegno amoroso in cui a Isabella si sostituisce la fidanzata negletta di Angelo, gli concede alla fine. E il Duca fa la figura di un pasticcione, i fili che vorrebbe tirare standosene tra le quinte finisce che li imbroglia, la sua insistenza nell'offrirsi come sposo a Isabella è per lo meno sospetta. E Isabella? Neppure per un momento accetta l'idea di concedersi ad Angelo per salvare Subito, il potere corrompe. cato alla vita, la sua virtù è così disumana che sconcerta. Anche gli altri personaggi, e ve n'è una folla, hanno tratti bizzarri e inquietanti. Come quel Lucio, gentiluomo stravagante, che il Duca manda al patibolo (per lui non ci sarà perdono), con una determinazione che non sembrerà strana se si considera che costui ha commesso il delitto più grave agli occhi del Duca, e dello stesso Shakespeare: il delitto di lesa maestà. E' proprio questo episodio che illumina come un lampo l'intenzione piuttosto conservatrice di questo singolare dramma. Essa non è sfuggita al regista che ha imposto al suo spettacolo la cappa del bigottismo e 'dell'ipocrisia e non si è curato di sanare le contraddizioni della vicenda, anzi le ha esasperate con intelligenti riferimenti al « teatro della crudeltà » e le ha fatte lievitare muovendo un sottobosco di popolani, borghesi, frati, carcerati che affolla e commenta efficacemente le scene di strada. Gli interpreti. Sergio Fantoni rende in modo eccellente il travaglio, la tortuosità e i guizzi della carne di Angelo, Valentina Fortunato è un'Isabella addirittura spietata nella sua purezza, ha l'autorevolezza ma non l'ambiguità del Duca, Mario Scaccia si trova a suo agio nei panni dell'estroso Lucio, Antonio Pierfederici, Mariano Ri gii lo Daniela Nobili, Marisa Quattrini, Giacomo Piperno, la G ras si ni, il Marano, il Rizzini assolvono con acume e con scrupolo i compiti ad essi affidati e così gli altri. Impossibile citarli tutti, sono quasi una trentina, ma il pubblico non ha dimenticato nessuno nei suoi calorosi e ripetuti applausi. Dopo la splendida sorpresa offerta l'inverno scorso con I lunatici — dei quali Misura per misura continua e allarga il discorso — era lecito attendersi dal giovane regista Luca Ronconi e dai suoi ottimi attori uno spettacolo forte e originale come questo. Forse qualche spettatore gli rimprovererà le lungaggini (ma il testo è stato giudiziosamente sfrondato) e le ripetizioni che, del resto, andrebbero messe anche sul conto dell'autore con certe scene comiche, francamente scipite già nell'originale, figuriamoci nella traduzióne. Ma è facile predire che. questo Shakespeare, realizzato dal Centro teatrale italiano, rimarrà tra le punte della stagione estiva. Tanto che sin d'ora si prospetta l'opportunità di non « bruciarlo » in poche repliche (a Torino dureranno sino a domenica) ma di riprenderlo nella prossime, stagione. Alberto Blandi (illIIIIrllMIIIIIMfMIIIIIIIIIlt tlIllllMinillillllIll (lllin«Minililllllilll(lllMII!lMitillMlIlIIIII!llll[IM!llMIHltllllllMllllII1MllIII!lllllllilll9m

Luoghi citati: Inghilterra, Torino, Vienna