"Moderni" dopo cent' anni gli eroi antiromantici di «Fiera della vanità»

"Moderni" dopo cent' anni gli eroi antiromantici di «Fiera della vanità» "Moderni" dopo cent' anni gli eroi antiromantici di «Fiera della vanità» «La vendetta sarà forse una cosa cattiva, — disse Rebecca, — ma è naturale. Non sono un angelo. — E a dire il vero non lo era proprio ». Questo rapido inciso del secondo capitolo della Fiera della vanità di Thackeray può servire come epigrafe ideale del personaggio di maggior rilievo, la spregiudicata e ingegnosa Becky Sharp, ma anche come esemplare della tecnica narrativa dell'autore. Difatti, possiede il felice ma attento andamento discorsivo tipico di uno scrittore che meglio forse di ogni contemporaneo trasferì nel suo linguaggio il linguaggio di un intero gruppo sociale; al tempo stesso rivela la tendenza all'intrusione che Thackeray, secondo un modulo tutt'altro che nuovo (si pensi, naturalmente, al Manzoni), pratica costantemente, prendendo per mano i personaggi, commentando le loro azioni, riflettendo amabilmente sulle cose del mondo. Il disegno stesso della Fiera della vanità appare sintomatico: Thackeray si immagina quale burattinaio che tiene in mano il filo delle sue straordinarie marionette, che alza e abbassa il velario all'inizio e alla fine dello spettacolo, che interviene a smor zare un discorso, a fermare un movimento, ove lo ritenga opportuno. Tutto questo spiega l'antipatia nutrita da molti critici e da molti scrittori del Novecento per Thackeray, scrittore così scarsamente « oggettivo ». In realtà, osserva Mario Praz nella prefazione alla nuova edizione italiana della Fiera della va¬ nità, egli «fa discendere il romanzo alla narrazione di casi di gente ordinaria, e spesso compie il miracolo d'imprimerci indelebilmente nella memoria ritratti di gente scialba »; in questo senso La fiera della vanità, che uscì a Londra nel 1847-'48, « può apparirci un libro rivoluzionario nello svolgimento del romanzo moderno ». Thackeray dermi il suo libro nel sottotitolo « romanzo senza eroe »: qui la radice della sua novità. Ma il fatto che egli porti nella sua « fiera » della gente comune non deve indurre a classificarlo tra i realisti. Singolare inventore di personaggi femminili, anche nella Fiera della vanità lo scrittore fa ruotare la vicenda attorno a una donna, Becky Sharp; del resto, la donna sosteneva una parte non indifferente già allora nella società inglese, e femminile era in gran parte il pubblico cui si indirizzava il romanzo. Becky può sembrare un'intrigante, ma le sue arti tese a garantirsi uno status attraverso un ricco matrimonio, la sua mancanza di scrupoli, sono armi di difesa per un'orfana costretta dall'ado lescenza a guadagnarsi da vivere in un mondo ostile. Cosicché la intraprendente fanciulla ha le sue ragioni per « non essere un angelo » e per agire con la sottile diplomazia di un Talleyrand da salotto. Gli Ingenui e 1 furbi compaiono a coppie: a Becky appare complementare George Osborne, fatuo ufficiale la cui ambigua carriera sarà spezzata dalla morte in guerra; all'opposto stan¬ no Amelia Sedley, la candida amica di Becky, e William Dobbin, rude, timido, sincero uomo .d'arme cui toccr la parte ingrata del salvatore discreto cui soltanto tardi e contrastatamente è dato ottenere le soddisfazioni che merita. Il romanzo di Thackeray possiede' rare virtù architettoniche o, se si vuole, pittoriche. Il disprezzo per la trama e per l'eroe eccezionale riflette un'attenzione particolare per l'affresco, per il contrappunto. Nella Fiera della vanità il personaggio non si esaurisce nel ritratto caro alla narrativa del tempo: esso è parola, atmosfera (con un mirabile equilibrio tra individuo e ambiente, tra individuo e oggetti), gesto. A chi gli rimproverava che la sua u verità » risultasse in sostanza negativa, Thackeray rispose che appunto in questa chiave il romanzo andava letto. Elegante e ironico, prude e disincantato, non cessò di esplorare senza indulgenza un paesaggio umano gremito di contraddizioni: le « vanità » dietro la facciata dei pretenziosi edifici londinesi che con compiaciuta minuzia descrive nella sua Fiera. Claudio Gorlier WILLIAM M. THACKERAY: La fiera della vanità - Etlit. Einaudi -pagine 815; lire 6000.

Luoghi citati: Londra