L 'America è il solo paese che può aiutare il Medio Oriente di Alberto Ronchey

L 'America è il solo paese che può aiutare il Medio Oriente L 'America è il solo paese c he può aiutare il Medio Oriente (Dal nostro inviato speciale) New York, 1 luglio. La crisi dei missili a Cuba, nell'autunno del '62, fu seguita da uno scambio di lettere fra Kennedy e Kruscev: quindi passarono pochi mesi e fu concluso il patto per la sospensione dei « tests » nucleari, mentre la Casa Bianca e il Cremlino si collegavano con una « teletype » diretta. Ora la crisi del Medio Oriente è stata seguita da molti messaggi sulla « linea calda» e dalle dieci ore di colloqui Johnson - Kossighin: un'intesa immediata era impossibile, ma vedremo che cosa accadrà poi. Ogni confronto fra le due superpotenze, o fra i loro « protegés », obbedisce a leggi non scritte ma chiare. Anzitutto prevale la parte in vantaggio sul terreno delle armi convenzionali in quella area determinata, poiché le forze missilistico - nucleari non sono utilizzabili e si annullano a vicenda. Inoltre chi prevale non deve vincere troppo: Kennedy offrì,a Kruscev una garanzia contro l'invasione di Cuba in cambio del ritiro dei missili, mentre Johnson offre a Kossighin un'influenza moderatrice su Israele in cambio di una politica russa più fredda. Infine è necessaria qualche intesa, che illustri gl'interessi comuni. L'analogia non può spingersi troppo oltre. La vicenda attuale è turbata dalla lunga guerra vietnamita, che complica i sondaggi. Kossi ghin non è, come Kruscev, un « capo unico », anche se cade in errore chi stima i suoi po terl scarsi al pari di quel li del vicepresidente Humphrey, secondo l'opinione della « Washington Post ». Infine il mondo arabo non è un'isola come Cuba. Porse il prossimo accordo russo-americano sarà un co mune progetto di trattato contro la « proliferazione » nucleare. Ma il suo successo sarà collegato al Medio Oriente, al Vietnam, alla disputa sui grandi sistemi di missili anti-missili (Abm). Per esempio, se la vertenza del Medio Oriente non sarà sanata in qualche modo, chi persuaderà Israele e gli Stati arabi a firmare il trattato di « nonproliferazione » nucleare? Si aspettano da Mosca molte risposte a simili quesiti. Comunque si concluda la disputa all'Assemblea dell'Onu, Israele chiede garanzie ùi ferro circa iì suo riconoscimento. Possiede un pegno (i territori occupati) che nessuna « raccomandazione » dell'Assemblea può riscattare con formule generiche. La mozione della Jugoslavia e dei «non allineati» rinuncia alla condanna d'Israele come Stato « aggressore n e alle riparazioni belliche: ma non offre impegni sul riconoscimento d'Israele da parte degli arabi. Dunque è solo una versione più mite della mozione sovietica, non basta a ottenere la smobilitazione. Gli scontri in corso nel Sinai pongono una questióne: Israele può essere vulnerabile? La difesa dei territori occupati assorbe una quota notevole della sua popolazione.' Il critico militare del « New York Times », Hanson Baldwin, osserva che dopo tre guerre perdute in venti anni gli arabi possono tentare una lunga guerriglia di lo goramento, simile a quella condotta da Lawrence contro i turchi nel 1916-18. Lawrence vi dedicò un saggio, pubblicato dall'Enciclopedia Britannica nell'edi/uone 1929. Tuttavia una simile « guerra senza battaglie » oggi sarebbe diversa, poiché l'aviazione domina il deserto: e il Sinai come la striscia di Gaza, non è la giungla del Mekong. Il pan-arabismo appare in flessibile. Ma occorre distinguere fra le tensioni emotive, che passano, ed i problemi di fondo, che restano. Già il mondo arabo è diviso fra l'estremismo siriano e algerino, l'incertezza dell'Egitto (Mahmoud Fawzi s'è incontrato con Rusk più volte in una settimana) e la preoccupazione degli altri governi. Il problema della sussistenza è il primo dato. I dubbi sul raccolto russo di quest'anno, dopo il miracolo del '66, allarmano il Cairo più che Mosca. Sull'ultimo numero della rivista Foreign Affairs, Merville Freeman osserva che la forza dell'America verso il « Terzo mondo» è anzitutto il surplus agrario. Il Nord-America (Stati Uniti e Canada) ha esportato nel '66 circa 60 milioni di tonnellate di cereali, l'Oceania (Australia e Nuova Zelanda) 8 milioni di tonnellate, l'America Latina 2. Tutte le altre aree del r ondo sono in deficit: l'Asia per 30 milioni di tonnellate, il blocco sovietico per 14, l'Europa occidentale per 23, l'Africa per 3 milioni di tonnellate. Il potenziale di risorse che l'America può fornire al mondo in via di ^viluppo è immenso, mentre il boom continua, ci calcola che solo gli aiuti economici americani al resto del mondo (senza quelli militari) hanno raggiunto in 22 anni la somma di 91,5 miliardi di dollari, ossia 57 mila miliardi di lire. L'embargo del petrolio è un'arma a doppio taglio per gli Stati'Arabi. L'Urss è un paese venditore di petrolio, e non compratore. La Cina compra nella misura in cui una società pre-industriale ha bisogno di petrolio. Dopo l'embargo dell'esportazione verso Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania di Bonn, l'Arabia Saudita perde 350 mila dollari al giorno: l'ha detto il ministro saudiano del petrolio. Simile è la condizione del Kuwait. LTrak subisce danni maggiori, poiché esporta solo in Turchia e in Francia. La chiusura di Suez è una perdita secca per l'Egitto, mentre il viaggio più lungo delle petroliere che collegano l'Iran all'Europa, sulla rotta del Capo, accresce d'un solo centesimo di dollaro per gallone il prezzo della benzina (poco più di 6 lire). Il contraccolpo della crisi in Russia può essere giudicato da punti di vista cori trp.stanti. L'Urss può trarre vantaggio dalla sua pubblica difesa degli arabi in termini d'influenza politica. Ma quanto è solida questa prospettiva? L'Urss deve decidere fino a che punto davvero possa continuare il suo infelice « commercio di cannoni ». L'errore già commesso nella stima dei dati militari ha posto in crisi i ser¬ vizi d'infomazione e sei ambasciate: è una crisi peggiore di quella che colpì la « Cia » dopo il disastro della «Bàit dei Porci». Inoltre l'economia sovietica ha subito una riduzione della velocità di sviluppo e affronta una complessa riforma: ora dovrebbe assorbire cotone di cui non ha bisogno, oltre allo zucchero cubano di cui non ha bisogno, e concedere crediti, colmare il deficit agricolo degli arabi, sostenere un sistema di regimi nei quali non esiste alcun partito comunista legale. E soprattutto lTJrss dovrebbe rischiare nuovi confronti con l'America, senza la possibilità d'una prossima pacificazione con la Cina: la bomba «H» cinese e la destituzione di Liu Sciao-ci a Pechino sono pessime avvisaglie per i russi. Sulle ripercussioni della crisi in America, basta un solo dato. Nei giorni scorsi Johnson ha aperto la sua campagna elettorale per il '68. Fra, maggio e giugno, secondo i sondaggi Harris, il suo «indice di popolarità» è salito dal 47 al 58 per cento: è il progresso più repentino che sia stato accertato finora durante la presidenza di Johnson. Alberto Ronchey