Una foratura nel tratto finnle stronca le ambizioni di Motta

Una foratura nel tratto finnle stronca le ambizioni di Motta Oleei uomini in tuga sull'internate «pavé» Una foratura nel tratto finnle stronca le ambizioni di Motta Il corridore lombardo è riuscito a rientrare nel gruppetto dei battistrada - Sulla pista di Roubaix ha dovuto accontentarsi del decimo posto - Van Looy secondo e Aliig terzo - Merckx è finito in nona posizione Gimondi vittima di tre cadute e di altrettante forature - Zandegù: sospetta frattura al polso sinistro DAL NOSTRO INVIATO Roubaix, lunedì mattina. La Parigi-Roubaix aveva ieri tre grandi favoriti, nell'ordine il belga Merckx, il nostra Gimondi e l'olandese Janssen. Ha vinto Janssen, battendo in volata nove compagni di fuga, dei quali faceva parte anche Merckx, apparso però decisamente meno brillante che nella Milano-Sanremo. Gimondi, invece, si è ritirato. Il bergamasco, forse, risentiva della bronchite di cui ha sofferto nei giorni scorsi, ma a dargli il colpo di grazia è stata la cattila sorte: perché Gimondi ha forato tre volte e tre volte è caduto. Nell'ultimo ruzzolone, a 20 chilometri dal traguardo, ha preso una brutta botta alla spalla destra ed al capo; è rimasto un attimo intontito per terra, quando si è rialzato è salito sulla macchina della ■s Casa ». Nessun grosso guaio; la partita, però, era irrimediabilmente perduta, un nuovo sforzo sarebbe stato platonico, del tutto inutile. Per lui, insomma, una giornata poco lieta. Il bilancio degli italiani lamenta al passivo anche un ruzzolone di Zandegù, che, a circa due terzi di gara, è finito in un mucchio di corridori, conciandosi così male da dover essere trasportato in una vicina clinica, con la sospetta frattura del polso sinistro. Potrebbe bastare, ma la « guigne » ha perseguitato pure Motta. Il brianzolo era nel drappello dei dieci al comando ed appariva in buone condizioni. Allorché mancavano 7 chilometri a Roubaix, una bucatura lo ha costretto a mettere piede a terra. Pochi secondi soltanto, siamo d'accordo. Gianni però ha dovuto impegnarsi a fondo per rientrare e. al momento conclusivo, nell'attimo cioè della volata, non ha più avuto forze sufficienti per tentare il successo. Motta è finito al decimo posto, primo degli italiani. Un piazzamento modesto, ad essere sinceri. Però, con assoluta onestà, è lecito affermare che la Parigi-Roubaix del '67 non ci ha sorriso. E' stata per noi una corsa severa, arcigna, spietata. Ed i nostri, pur sconfitti, ne escono a testa alta, se mai con il vantaggio di una lezione pratica che ricorda, senza eccessivi fronzoli, come nelle prove in linea gli avversari in grado di contrastarci il passo sono una vera folla, una folla composta di gente risoluta, magari più degli italiani disposta a soffrire per centrare il bersaglio. Ieri, la competizione ha tardato ad accendersi della fiamma dell'interesse. Per circa 180 chilometri, vale a dh-e fino al rifornimento, c'è stata semplicemente qualche fuga di poca importanza e l'episodio di maggior rilievo è costituito dal ruzzolone di Zandegù. Scivolavano in dieci sull'asfalto, tutti si rimettevano in sella e continuavano la gara, compreso Zandegù, ma il ragazzone veneto aveva il volto tirato da una smorfia. Gli doleva un polso in modo terribile, insopportabile. Lo caricavano in ambulanza, lo dirottavano in ospedale. Per il resto, poche novità. Il gruppo trotterellava ad andatura piuttosto modesta, sotto la sferza di una pioggia gelida, su un tracciato pericoloso, una curva dopo l'altra dal fondo viscido e traditore. Così, a ranghi compatti, si giungeva al rifornimento (chilometri 183). Gimondi, attentissimo, era in seconda posizione. D'improvviso, il concorrente davanti a lui sbandava, Gimondi ruzzolava pesantemente al suolo. La strada si stringeva, riducendosi a viottoli di campagna, compariva, qua e là, il « pavé » a tratti non lunghi, ma dissestati. Dal plotone schizzavano all'offensiva quindici concorrenti, animati da Van Looy. Li acciuffavano Janssen e Poulidor, poi Motta ed Altig. Alle loro spalle, Gimondi guidava la caccia che si concludeva dopo venti minuti. Ormai, si lottava sul «pavé» brutto, difficile e rischioso. Gimondi cadeva ancora E cadeva In un momento delicato, poiché la corsa era entrata nella fase risolutiva. Aveva attaccato Altig, nella scia del campione del mondo si erano mossi Janssen e Merckx. Sui tre si erano portati Sels e Poulidor. Quindi Van Looy, De Cabooter. Planckaert, Motta e Van Den Berghen avevano raggiunto la pattuglia di testa. Dieci al comando, a pigiar sui pedali E dietro, dietro che cosa stava capitando? Lo sperieolatissinio autista che guidava la nostra Una delle cadute collettive sul pavé: da sinistra, si riconoscono Aerenhouts, Nijdam, De Cabooter e l'italiano Poggiali (Tel.) macchina sterzò in modo brusco,., parcheggiando nel prato fradicio d'acqua, an-' che se la pioggia era cessata lasciando il posto persino ad un anemico raggio di sole. Passarono i dieci battistrada. Venti secondi, trenta, quaranta, un minuto. Ed ecco un altro drappello, di nuovo fatto da dieci uomini. Lo trascinava Gimondi, che trovava scarso aiuto, l'olandese Karstens gli dava qualche cambio, mentre il resto della compagnia teneva a malapena le ruote. Mancavano 30 chilometri all'arrivo. Cronometrammo ancora, a 25 chilometri: il distacco era sceso a 55". Il match, per Gimondi, sembrava comunque perso, soltanto un miracolo poteva infatti permettergli di coronare l'inseguimento. Per colmo di scalogna, il bergamasco ruzzolava una volta ancora. Ne ebbe abbastanza, si arrese con un sospiro: che cosa poteva fare, in simili circostanze? A costo di acrobazie da accapponare la pelle, ci riportammo sui primi. Motta forava e riusciva a rifarsi sotto. II cammino, però, si torceva in un centinaio di metri di brusca salita, e Motta, insieme con Merckx, restava staccato. Altro sforzo rabbioso per reinfilarsi nella pattuglia. Ed intanto già si era nella periferia di Roubaix, già si cercavano le posizioni buone per sbucare in pista. S'affacciò al comando De Cabooter, gli avversari restarono alle sue spalle fino al rettilineo opposto a quello d'arrivo. Qui, si fece luce Janssen. L'olandese si aprì con decisione un varco, obbligò nell'ultima curva a girare al largo tutti i rivali, poi si impegnò nel rush finale. E tenne duro di un soffio, quel poco che gli bastava per vincere, di fronte al sorprendente Van Looy e ad Altig. Le interviste. Poche parole con Motta, relativamente soddisfatto della sua prestazione. Uscimmo fuori dello stadio e ci venne incontro Gimondi, che voleva rassicurare per radio la famiglia. Il ragazzo era sinceramente stizzito. Continuava a sfilarsi la giacca a vento per mostrare la maglia strappata nell'ultima caduta, indicava un ginocchio ferito, si palpava una spalla, si toccava cautamente il capo, affermando a voce alta che «gli faceva male lì, proprio in testa ». Tutti, giornalisti stranieri ed italiani, lo stringevano d'assedio e Felice spiegava e rispiegava la sua poco lieta avventura. Era l'intervista al « grande sconfitto ». Ed il ruolo non piaceva, al nostro campione. Commenti? Una corsa sostanzialmente regolare, che ha proiettato alla ribalta gli atleti in miglior vena, atleti in genere piuttosto in là negli anni, e quindi più esperti, più duri, più resistenti. I belgi hanno lavorato molto, per raccogliere poco. Merckx ha reso meno del previsto, mentre sinceri elogi meritano il « risorto » Van Looy e De Cabooter; dei francesi si è salvato soltanto Poulidor. Anquetil dal canto suo, si è preso lo squallido lusso di alzare bandiera bianca dopo appena 20 chilometri di gara. Per noi, c'è da ripetere quanto abbiamo accennato all'inizio. La sfortuna ha fatto un maligno sgambetto in particolare a Zandegù, pro¬ babilmente il più in forma dei nostri ragazzi. Per Motta, una corsa discreta. Per Gimondi, fina gara all'insegna della malasorte che quasi si è divertita ad infierire sull'atleta che, però, a giudizio dei più, non si trovava in condizioni troppo brillanti. Difficile è esser precisi in proposito: comunque è giusto far rilevare come le circostanze abbiano costretto Gimondi ad un doppio forsennato inseguimento. E non c'è fuoriclasse in grado di emergere, dopo simile sfibrante fatica. Una giornata grigia: ora, con la fortuna, abbiamo dei crediti. Gigi Boccacini ORDINE DI ARRIVO: 1) Janssen 7 ore 8'31" (media 36,824); 2) Van Looy; 3) Altig; 4) Van Den Berghen; 5) Sels; 6) Planckaert; 7) Poulidor; 8) Merckx; 9) De Cabooter; 10) Motta tutti con il tempo di Janssen; 11) Karstens a 2'59''; 19) Durante a 6'05"; 33) Preziosi a 11'54"; 40) Poggiali a 12'32"; 42) Balmamion s. t.; 47) Fezzardi s. t., tutti gli altri italiani si sono ritirati.

Luoghi citati: Altig, Parigi, Sanremo