Un curioso partito «demo-buddista nuova, inquietante forza in Giappone

Un curioso partito «demo-buddista nuova, inquietante forza in Giappone IL «KOMEITO»: UN QUALUNQUISMO DALLA CARICA MÌSTICA Un curioso partito «demo-buddista nuova, inquietante forza in Giappone La potente setta religiosa Sokagakkai, giunta in quindici anni a dodici milioni di aderenti, è entrata nella lotta politica con un suo partito « Komeito » vuol dire « per un governo pulito » ; combatte la « nube nera degli scandali », vuol difendere il lavoratore-consumatore, è l'espressione di molti scontenti - Terzo gruppo politico del paese; ora è arbitro della maggioranza nel consiglio municipale di Tokio, e per il 1970 spera di occupare la stessa posizione in Parlamento - Il suo programma, ragionevole e pacifista, non sembra pericoloso; ma c'è nella sua ispirazione un messianismo che sgomenta - Quei buddisti pretendono di convertire il mondo: dietro il fervore religioso può nascondersi il nazionalismo (Dal nostro inviato speciale) Tokio, aprile. Forti del loro insperato successo nelle recentissime elezioni politiche del 28 gennaio scorso, i liberal-democratici (l,8,8rZo dei voti) ed i socialdemocratici (7,lffo) avrebbero dovuto sentirsi sicuri nell'affrontare uniti il nuovo scontro con socialisti (27,9y0) e comunisti (i.8%) nelle votazioni amministrative di dieci giorni addietro per il governatorato di Tokio ed altri consigli comunali. Ed invece tranquilli non erano, per tre ordini di motivi. Sapevano benissimo — per prima cosa — che i giapponesi sono in grande maggio- .J ranza d'accordo sulla politica interna ed estera governativa, ma non sono logica¬ mente entusiasti dell'eccessivo peso che come consumatori devono sopportare per il fantastico boom della produzione. La capitale, soprattutto, come più volte si è detto in queste note, è il terrificante specchio di questo paese in tumultuoso sviluppo: infinite splendide modernissime fabbriche svettano nella sterminata megalopoli dalle abitazioni, scuole, strade, insufficienti o peggio. Il secondo motivo d'incertezza era di carattere personale: traendo la dovuta lezione da una serie ininterrotta di sconfitte, i socialisti abbandonavano per la prima volta i loro toni estremisti e presentavano come capolista il moderato ed indipendente prof. Minobe, universitario ed economista di grande prestigio. Terza e maggior fonte di preoccupazione era la comparsa sull'arena amministrativa del nuovo partito Komeito. espressione politica della setta buddista Sokagakkai. Nei suoi due anni d'esistenza ufficiale, esso ha presentato venti candidati al Settato ed è riuscito a farli eleggere tutti; aveva proposto il 28 gennaio scorso 32 suoi aspiranti al Parlamento e ne ha trasformati in deputati venticinque (superando col 5J,'M dei voti il partito comunista, ed avvicinandosi al socialdemocratico). Tutti e tre i timori si sono rivelati fondati. Ma e stato ancora una volta il Komeito ad andar oltre ogni previsione conriuistnndo al primo assalto ventidue dei cento- venti seggi avvicinandosi ai socialisti (1,5) ed ai liberaldemocratici (39); superando comunisti (9), socialdemocratici (1,) ed indipendenti (1). Rastrellando voti soprattutto a centro-destra, ha permesso la vittoria di misura della sinistra, ed è diventato l'arbitro della situazione: senza il suo appoggio, non c'è maggioranza possibile. E' l'obiettivo che una settimana prima, ricevendomi nella loro città santa di Taisekiji, sulle pendici del \ Fuji, i buddisti della Sokagakkai mi avevano additato come sicuro: ed è lo stesso obiettivo che si dichiarano certi di raggiungere nelle elezioni politiche del 1970. I risultati finora ottenuti dalla setta che si intitola « Società per la creazione dei Valori», l'organizzazione perfetta del suo partito Komeito. il largo autofinanziamento, tutti gli elementi che ho già illustrato da Taisekiji, invitano a non definire trop po sbrigativamente come un miraggio il suo obiettivo ul timo: la conquista della maggioranza delle coscienze — e dei voti — giapponesi. In quindici anni, la setta laica che propugna la fede del buddismo-Nichiren è passata da poche migliaia a dodici milioni di aderenti: il suo capo Daisaku Ikeda — trentanove anni, aspetto, modi, mentalità da grande manager — parla con sicurezza di venti, trenta milioni entro un decennio. Qual è il segreto di tanto fulmineo successo, fino a che punto potranno arrivare, e cosa vogliono setta e partitof Lo shintoismo, la religione ufficiale che sanciva la divinità dell'impero e dell'imperatore, aveva accusato il colpo della sconfitta atomica e della trasformazione democratica imposta dagli americani; il buddismo, perseguitato dai generali alla Tojo, poteva rifiorire. In particolare, alla ripresa del paese ed alla corsa al benessere, si intonava perfettamente il buddismo di Nichiren che, pur parlando d'immortalità dell'anima e del corpo in un tutto unico con l'universo, invita a ricercare la felicità so prattutto nella vita ter rena. Questo ~. materialismo religioso » non poteva non piacere a gente che ha visto bruciare i vecchi miti ad Hiroshima e Nagasaki, e che di anno in anno sente più forte la necessità dì sostituirli con un qualche afflato fideistico, ma che al tempo stesso vuol dimenticare le sofferenze, vivere meglio. Ecco farsi avanti la Sokagakkai. La democrazia va bene, ma il giuoco dei partiti c limitato; il marxismo-leninismo resta scarsamente compatibile con la mentalità giapponese; l'estrema destra, ancor oggi, non tenta nemmeno di ritrovarsi; la maggioranza dei voti va ai liberal-dcmocratici-consei valori. Ma potenzialmente il partito più grosso è un altro che non esiste nemmeno sulla carta, \ di cui si ignorano i vari lonj tani nomi di qualunquismo, \ poujadismo. Ecco la Sokagakkai dar vita al Komeito. Komeito cuoi dire « partito per un governo pulito ». I conservatori da dodici aitili al governo sono apertamente legati ai grandi imprenditori in un unico establishment; Jieda violenta e sfrenata espansione economica del paese, le buone norme dell'amministrazione flettono spesso e volentieri davanti al superiore interesse nazionale, che sovente c diffìcile distinguere da quello del big business. I - comunisti hanno una flebile j voce; i socialisti tentano di i alzare la voce, ma s*nza ! gran successo, ed hanno anj che loro analoghi guai: in ! questi giorni devono espel| lere un deputato reo di aver j 1 acce'tato mance cospicue da certi industriali. Il Komeito, che fin dalla nascita punta tutto su'la lotta contro il black mist, la «nera nube» degli scandali, sfonda subito. Non c'è solo il fondo vagamente mistico ed ono! revolmente qualunquistico. Daisaku Ikeda — ohe nel partito non ha nessuna carica, ma che ne è il capo [ effettivo come presidente del- la Sokagakkai — insiste sul fatto che è il lavoratoreconsumatore a sopportare il massimo peso del boom giapponese, che è tempo di occuparsi di lui anche a costo di frenare l'espansione, di migliorarne condizioni di vita, abitazioni, trasporti, assicurazioni sociali. Il Komeito potrebbe dunque trovare un terreno d'intesa con i socialdemocratici, ma i due partiti si contendono lo stesso elettorato: i «demobuddisti» — sarà lecito chiamarli così? — cercano anzi di differenziarsi, scavalcando a sinistra i rivali in politica estera: si schierano infatti con socialisti e comunisti chiedendo che alla scadenza del 1970 il trattato di sicurezza con gli Stati Uniti non venga rinnovato, e che intanto Washington abbandoni subito l'occupazione a fini militari dell'isola giapponese di Okinawa. Antiamericani? Rispondono di no, chiedono anche lo sgombro dei russi da certi isolotti delle Kurili meridionali che tutti riconoscono come giapponesi. Nazionalisti? E' la gran domanda che aspettano, alla quale sono pronti a replicare con un no ancor più netto: vogliono un Giappone «equidistante » da Washington, Mosca e Pechino. Sono perfino contro una neutralità armata alla Svizzera, accusano i liberal-democratici di star trasformando le cosiddette « forze di autodifesa » in un vero e proprio, efficientissimo esercito. Neo-buddismo, onestà nella pubblica amministrazione, riforme sociali, neutralità disarmata, pacifismo, con questi principi, in verità, non contrasta finora la condotta del Komeito. perché allora un certo alone di sospetto, dubbio, paura, verso que¬ sto partito, in Giappone e fuori? Più che la generica fede politica, è quella religioso-messianica ad impressionare: Daisaku Ikeda preannuncia la conquista della maggioranza delle coscienze nipponiche entro un decennio; e poi? La crescente diffusione della Sokagakkai negli Stati Uniti, nel Sud America, anche in Europa (il quartier generale, con un nuovissimo tempio, è a Parigi; anche a Roma — mi confidano, senza precisare — c'è un'tunità») significa piani anche per il resto del mondo? Certo, rispondono questa volta con franchezza i capi della setta. In orgogliosa polemica con l'altro e piìi noto Budda che l'aveva preceduto sulla terra di circa un paio di migliaia di anni, il Santo Nichiren aveva scritto a Taisekiji nel Tredicesimo Secolo: «Qui venne il Buddismo dall'ombra della Terra della Luna (l'India), di qui rifluirà quello ben più glorioso del Sol Levante *. E mi dice, ispirato ed inquietante, uno dei miei interlocutori: «Se non in questo, certo nel prossimo secolo, la nostra unica religione vivente trionferà, e, secondo la profezia, il mondo sarà sotto un unico tetto ». Ecco, mi sembra, il punto. Tradotto in chiave religiosa, il principio di una supremazia nipponica alla quale presto o tardi dovrà inchinarsi il mondo intero, torna ad essere messianicamente affermato. E sotto il mantello fideistico, possono tornare un stomo a ricomporsi tutti gli elementi di nazionalistica potenza che oggi, forse in buona fede, vengono sdegnosamente ripudiati. A lungo termine, l'inquietudine ha un qualche innegabile fondamento. Giovanni Giovanninì

Persone citate: Daisaku, Daisaku Ikeda, Fuji, Giovanni Giovanninì, Ikeda, Tojo