Un tempio salvato dalla piena del Nilo sta arrivando al Museo Egizio di Torino di Marziano Bernardi

Un tempio salvato dalla piena del Nilo sta arrivando al Museo Egizio di Torino Un tempio salvato dalla piena del Nilo sta arrivando al Museo Egizio di Torino E' la cappella rupestre di Ellesiia, che risale al 1500 avanti Cristo - L'avventuroso recupero compiuto dalla missione archeologica italiana, guidata dal prof. Curto - L'opera, tagliata in blocchi, viaggia in 66 casse Il prezioso documento del culto e della civiltà dell'Egitto antico, cioè il tempietto rupestre di Ellesiia che, tagliato a blocchi racchiusi in 66 casse sta per giungere a Torino dove sarà ricostituito in apposito ambiente del Museo Egizio, va considerato, sì, come un bellissimo dono della Rau all'Italia, ma anche, e soprattutto, come un segno di alto riconoscimento dell'opera data dal nostro paese per il salvamento scientifico di quella parte della Nubia, destinata a sparire sommersa col suo incomparabile tesoro archeologico nel nuovo bacino idrico, lungo 300 chilometri, creato dalla diga di Assuan. Molti dei nostri lettori ricorderanno l'illustrazione fatta da «La Stampa» del geniale progetto italiano — dopo l'accordo, nel 1959, di collaborazione internazionale fra il governo della Rau e l'Unesco — per il sollevamento dei famosi templi di Abu Simbel al di sopra delle acque del «Lago Nasser », progetto ideato dal professor Gustavo Colonnetti con un sistema di martinetti idraulici, finanziato e tecnicamente esemplificato dalla Fiat, approvato in un primo tempo dall'Unesco, ma al quale in seguito si rinunziò, sostituendo l'operazione con il taglio della roccia e la ricostruzione dei templi stessi. La partecipazione italiana alla grandiosa impresa culturale tuttavia non si arrestò. Nove furono le nostre spedizioni archeologiche prima della sommersione della Nubia: tre promosse dalla Fiat, dal sempre generoso Pininfarina, dal Comune di Torino, fra il 1961 ed il '64, svoltesi sotto la direzione del giovane e valentissimo egittologo Silvio Curto, succeduto poi nel 1965 al professor Ernesto Scamuzzi nella soprintendenza alle antichità egizie e nella direzione del Museo Egizio di Torino; sei condotte dall'Università di Roma con la guida del professor Sergio Donadoni. Così l'Italia si trovò classificata seconda nella scala delle benemerenze, subito dopo gli Stati Uniti d'America, per aver elargito nelle sue missioni scientifiche ben 856.000 dollari (643.000 di più delia Gran Bretagna); ed ebbe da parte della riconoscente Rau l'offerta della cappella rupestre di ElleiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiH siia, sulla quale il Curto già aveva posto gli occhi scambiando intese con le autorità della Rau e dell'Unesco fin dal 1962, ed esprimendo il desiderio della sua assegnazione al celebre Museo Egizio di Torino. Chi voglia aver precise notizie su questa cappella può ricorrere allo splendido^ libro di Silvio Curto, Nubia, storia di una civiltà favolosa, edito due anni fa con copiose magnifiche illustrazioni in nero e in colore dall'Istituto De Agostini di Novara. Situata nella valle del Nilo a sud-ovest di Korosko, là dove, in fertili pianure, s'era insediata durante il Medio Regno (2100-1730 avanti Cristo) una colonia egizia, e scavata fra Ed-Derr e gli spalti di Ibrim, oggi deserti, venne dedicata dal faraone Thutmose III (1505-1450 a.C), il più grande sovrano della XVIII Dinastia; alle principali divinità della Nubia, fra le quali il re della XII Dinastia, Sesostri III. Ci insegna il Curto che nella storia dell'architettura egizia questo speco di modeste dimensioni — consta di un atrio, di un'aula rettangolare trasversale, di una nìcchia per il culto, e nell'insieme misura metri 8 per 8, toccando un'altezza di 3 fino alle volte a botte — assume una notevole importanza essendo il primo ambiente in caverna adattato a sacrario, e non a sepoltura come avveniva sin dall'Antico Regno. Perciò Ellesiia è in un certo senso l'antesignana delle colossali realizzazioni dei templi rupestri ramessidi. In epoca a noi relativamente recente il sacrario accolse il culto cristiano, che lasciò incise sulle pareti alcune croci. Ma il maggior interesse del tempietto deriva dalla fascia continua — alta 1 metro e lunga in totale 18 — di raffigurazioni a rilievo e iscrizioni geroglifiche, nelle quali più volte compare Thutmose III in atto d'offerta a varie divinità particolarmente venerate nella Nubia, fra cui, come s'è detto, Sesostri III, conquistatore della regione intorno al 1860 a. C. Purtroppo questi rilievi furono alquanto erosi dalle periodiche inondazioni del Nilo a partire dal 1905. Ispezionato l'ambito monumento che apriva il suo ingresso sulla precipite parete dell'altopiano, il professor Curto propose ai ministeri della Pubblica Istruzione e degli Esteri la difficile operazione del taglio e dell'asportazione dalla rupe dell'intera caverna. Ebbe promessa del | massimo appoggio; ma non l 25 milioni preventivati per 11 lavoro dall'ottimo c Service des antiquités de l'Egypte », pari a un sesto del valore commerciale del tempietto, secondo le quotazioni del mercato antiquario. La somma venne liberalmente concessa dal comune e dalla provincia di Torino. Si poteva ormai agire, e nel 1965 il Curto, assumendosi rischiose responsabilità, coi bravi tecnici e operai del c Service » egiziano, capeggiati dal ! l'esperto ingegnere Lotfl, si pose all'opera, irta di difficoltà. Davanti alla caverna stava una vera pianura di fango, regolarmente invasa dal Nilo ad ogni piena. Occorreva approfittare dell'ultima magra (1965), prevista scarsa e breve, prima della definitiva crescita delle acque ai 40 metri del livello stabile del c Lago Nasser »; ed aggredire con la massima rapidità da una flottiglia di natanti la montagna, tagliando con seghe a mano la tenera roccia a blocchi, per asportarli. Ma bisognava anche evitare che le barche s'arenassero nel fango. Colto il momento giusto, i natanti attrezzati al lavoro vennero fulmineamente spinti avanti; su un'area appena emersa fu montata una tenda, e dal provvisorio accampamento gif opera; egiziani, che il Curto definisce c eroici *, mossero all'attacco, lavorando anche di notte alla luce di riflettori, nutrendosi del poco cibo che avevano potuto trasportare, riposando come potevano sull'esiguo spazio. Quindici giorni durò la rescissione. Era appena terminata, che l'onda del Nilo in piena copriva per -sempre lo scavo dove per quasi trentacinque secoli l'immagine di Thutmose III aveva offerto vasi d'acqua e di vino alle immagini dei suoi iddìi. Ma ormai il pontone sul quale s'eran caricati i blocchi di roccia scendeva il sacro fiume verso Assuan. Questa è la bella storia del tempio rupestre di Ellesiia. E poiché l'Università di Roma ha generosamente rinunziato ad ogni diritto in favore del Museo che ospita le più celebri raccolte egizie del mondo intero dopo quelle del Museo del Cairo, i torinesi devono essere lieti e orgogliosi che così si perpetui un'illustre tradizione museologica cittadina ch'ebbe inizio nella seconda metà del Settecento. Marziano Bernardi Una delle raffigurazioni a rilievo scolpite sulle pareti del tempio di Ellesiia