Regina della tv è la cronaca viva di Ugo Buzzolan

Regina della tv è la cronaca viva Regina della tv è la cronaca viva Può essere In ripresa d'una gara sportiva o il documentario su un avvenimento o la trasmissione d'un gioco (tipo «Lascia o raddoppia?») - Ciò che importa è che si tratti di materia immediata, attuale - I programmi «prefabbricati» sono indispensabili ma non hanno mai la stessa efficacia Le cronache ci informano degli entusiasmi televisivi per il match BenvenutiGriffith: senza aspettare le statistiche ufficiali della Rai possiamo prevedere un indice di gradimento altissimo e la solita platea strabocchevole di 15 o 16 milioni di spettatori. Ormai la cosa non stupisce più. Rientra nella regola. E risale a tredici anni fa quando nel 1954 vi furono i campionati del mondo di calcio, quelli vinti dalla Germania Occidentale. « Lascia o raddoppia? » era di là da venire (avrebbe preso il via solo alla fine dell'anno successivo, il 26 novembre 1955) e fu proprio con la ripresa diretta delle partite dei mondiali che cominciò in Italia la passione per la tv. In quei giorni molti negozianti si videro aggredire da tizi trafelati che dicevano : « Voglio un apparecchio, ma subito. Voglio che funzioni fra quarantacinque minuti... mi raccomando, non un secondo di più... fra quarantacinque minuti esatti c'è la finalissima GermaniaUngheria ». Per questa finalissima avvennero fatti sino ad allora inimmaginabili. Ho sott'occhio una piccola documentazione: a Torino resse imponenti (con una baruffa sedata dalla P.S.) nei pochi locali pubblici che avevano un televisore; a Milano, in pieno centro, la folla stipata sotto la pioggia davanti ad una vetrina di radio e tv dilaga dal marciapiede e ostacola il traffico, a Roma crollo con feriti e contusi provocato da cinquanta persone che seguivano l'incontro gravando su un decrepito pavimento capace di reggerne dieci al massimo. Pazzie dovute alla curiosità che suscitava la televisione neonata? Può darsi. Ma dodici anni più tardi, nel 1966, per i campionati mondiali di calcio a Londra, si è verificata una situazione non diversa, anche se meno clamorosa e appariscente, tenendo conto che gli apparecchi, oggi, sono molto più diffusi e che non c'è bisogno di fare a pugni per conquistarsi un posto al bar. Ma ricordo, ancora, per la partita Italia-Russia, uno sbarco quasi favoloso da decine di velieri e di motoscafi nell'isola di Vulcano dove funzionava un video: c'era gente che si buttava in acqua per arrivare a tempo. Comunque — è importan te sottolinearlo — non si tratta soltanto di sport. Tutto ciò che è vivo e immediato — ripresa diretta o registrazione a distanza di poche ore — esercita un'attrazione irresistibile sul pubblico. Basta pensare al brano dell'attentato a Kennedy: immagini convulse che sono diventate storiche; le televisioni di tutto il mondo le trasmisero cinque, sei, sette volte e ogni volta una platea di centinaia di milioni di uomi ni si senti testimone e partecipe. Pensiamo alla partenza fantascientifica dei primi razzi (poi ci si è abi tuati), ai film girati nel cosmo con l'astronauta a pas seggio nel cielo luminoso e sullo sfondo il profilo tondo della terra; ai reportages sul dramma dell'alluvione a Firenze. Certo, la tv è anche «programma costruito», è anche spettacolo, ed è indispensabile che lo sia, ovviamente. Ma questa è un'attività destinata sempre a raccogliere appunti, discussioni, malumori. Si può dire che la rivista è senza pepe perché è proibita la satira; che le inchieste sono parziali; che le rassegne di canzoni sono zeppe di banalità; che le pel¬ licole sono mal scelte; che le commedie perdono il fascino del palcoscenico; che i quiz sono una lagna; che i romanzi sceneggiati sono pesanti; che il telegiornale è il simbolo della noia e della reticenza. Si può dire tutto questo, ma su un punto ci si ritrova d'accordo, sulle 1. m. trasmissioni d'attualità: qui il dato reale domina con forza inoppugnabile e tappa la bocca anche ai più scettici. E' l'essenza stessa della tv che s'impone. Rammento che parecchi anni fa, vagabondando per il Sud, capitai in un paesino tra la Campania e le Puglie dove la tv era appena arrivata: stupore, ammirazione, perplessità, sentimenti uguali a quelli che avevamo provato a Torino nel '51 o giù di lì vedendo i primi esperimenti televisivi, tremolanti figure alla Lumière. Quella sera era in corso un incontro di pugilato, non un match del tipo Benvenuti-Griffith, ma una faccenda di levatura modesta, quasi una burletta, eppure dopo cinque minuti il tifo era scoppiato irrefrenabile e in prima fila c'era il parroco che in dialetto gridava : « Dai, figliuolo, picchia sodo! ». Alla fine raccolsi le impressioni. Una mi colpì, di un ragazzo di una ventina d'anni. « Quei pugni valevano assai — disse — perché li tiravano sul serio ». « Pure nei cinegiornali — replicai — potete assistere ad un incontro di boxe e i pugni li tirano egualmente sul serio ». Il ragazzo ci meditò sopra, poi esclamò : « Gesù, Gesù, voi mi volete confondere... ma non è la stessa cosa! La roba del cinema è vecchia, è passata da giorni, magari da settimane o da mesi... è roba riscaldata... qua invece la pietanza è nuovissima... Ma riflettete! Io me ne stavo seduto in questo onorato esercizio della provincia di Benevento e quelli, alla stessa ora, per il mio sollazzo, si menavano a Milano... ». Ugo Buzzolan

Persone citate: Gesù, Griffith, Kennedy