La moderna «Medea» di Alvaro presentata da Laura Adani a Milano

La moderna «Medea» di Alvaro presentata da Laura Adani a Milano La moderna «Medea» di Alvaro presentata da Laura Adani a Milano Il mito greco è stato ambientato nella Calabria contadina, patria dell'autore - La protagonista è diventata il simbolo delle donne che hanno subito le persecuzioni razziali (Dal nostro inviato speciale) Milano, 12 aprile. L'hanno chiamata, non senza enfasi, la guerra delle Medee. In realtà, è un cortese confronto tra due interpreti. E a distanza: il pubblico milanese ha applaudito stasera Laura Adani in Lunga notte di Medea, ma non ha visto Anna Magnani nella Medea di Anouilh che invece i torinesi già conoscono. (Quella di Alvaro, registrata di recente negli studi di Torino, la vedranno tra poco alla tv). Di tutte le Medee, quella di Alvaro è la più umana. Sussurrano che è una maga, ma soltanto il popolino di Corinto, dove la donna si è rifugiata con Giasone e i due figli, ci crede e le attribuisce, a torto,ninni uiiiiuiiniiiiiiiiiuniiniiniiiniiiiiiiii l'intenzione di avvelenare Creusa, figlia del re Creonte, che Giasone s'accinge a sposare. E se alla fine essa pugnala le sue creature, non è per vendetta contro l'uomo che l'abbandona, ma per sottrarle all'ira cieca della folla. Tuttavia Alvaro si attiene abbastanza fedelmente al mito euripideo restringendo l'azione a una sola lunga notte dal momento in cui Medea, già inquieta per l'assenza di Giasone a banchetto con Creonte, riceve da quest'ultimo l'ordine di lasciare, sola, la città. Sull'incontro con il re si chiude il primo tempo in cui alcuni scarni episodi — i contrasti tra le ancelle, le chiacchiere della nutrice, la visita del nunzio regale, le voci dal- la strada — sono pennellate d'ambiente come, nel secondo tempo, l'apparizione delle donne ammantellate e il colloquio di Medea con Egeo. Ma bastano per suggerire una diversa atmosfera: non più una Corinto marinara e mercantile, ma la Calabria contadina, di Alvaro, del suo paese di San Luca, con le sue usanze e i suoi canti (questi rielaborati nell'efficace commento musicale di Roman Vlad) che sono stati tramandati nei secoli da quando San Luca era una colonia della Magna Grecia. Grazie a questa felice intuizione, un soffio di modernità pare trascorrere su un mito antichissimo tanto più che Medea, la barbara ed errabonda Medea, è qui ('«antenata — scriveva lo stesso Alvaro — di tante donne che hanno subito una persecuzione razziale e di tante che, respinte dalla loro patria, vagano senza passaporto da nazione a nazione, popolano i campi di concentramento e i campi di profughi ». E a lei si contrappone, scavando un solco che diventerà invalicabile, il greco Giasone, anch'egli avventuriero vagabondo, ma desideroso ormai di rientrare nella normalità C« Giasone è tornato nel nostro ordine* dice Creonte) e con una curiosa smania di far carriera che aggiunge un altro tocco di attualità alla vicenda. Opportunamente sfrondata qua e là, anche nel titolo che è diventato senz'altro Medea, la tragedia dì Alvaro conserva una forza e un'umanità che non derivano dal fatto in sé — non vi accade Quasi nulla, tranne nell'ultima scena, fulminea e precipitosa — quanto dall'attesa della catastrofe, dalla persuasione che essa è ineluttabile e che nessuno, nemmeno l'infelice eroina, l'ha propriamente voluta: « Solo gli Dei sanno chi per primo ha fatto il male » dice alla fine Medea. Ne deriva però una staticità alla quale solo la co loritura dei pochi episodi di contorno potrebbe ovviare. Ma il regista Maurizio Scaparro ha preferito affidarsi al valore della parola. Giusta mente anche, talvolta con ec cessivo rigore. Sulla scena deliberatamente spoglia di Roberto Francia Ci costumi sono di Franco Laurenti), gli attori si muovono tra pochissime suppellettili, assorti in se stessi, Quasi murati dal mondo esterno. Conta allora ciò che dicono, non ciò che fanno, e i dialoghi sembrano quasi monologhi Con effetti, in verità, piuttosto suggestivi sulle labbra di Renzo Giovampìetro (Creonte), che ha una lunga familiarità con manti e calzari, e dell'impetuoso Elio Zamuto (Giasone). E soprattutto, s'intende, di Laura Adani vibrante protagonista, applaudita anche a scena aperta. Se Medea è apparsa, come doveva, una donna viva che soffre, il merito è della passione e della dedizione dell'attrice per il suo personaggio. Accanto ai tre interpreti principali hanno recitato, con qualche disuguaglianza di intonazione ma con risultati nel complesso soddisfacenti, la giovane Serra Zanetti, Marisa Minelli, Ruggero Miti, Carlo Reali e altri ancora, tutti assai festeggiati. Alberto Blandi

Luoghi citati: Calabria, Grecia, Medea, Milano, Torino