Arrestati due poliziotti per le rapine compiute alla Posta di Leumann e in una ditta di Rivoli

Arrestati due poliziotti per le rapine compiute alla Posta di Leumann e in una ditta di Rivoli Sorprendente esito deiie indagini sulla temibile «banda dei mitra» Arrestati due poliziotti per le rapine compiute alla Posta di Leumann e in una ditta di Rivoli Sono accusati dal proprietario dell'officina dove erano nascoste le armi rubate agli alpini di Bra - Costui confessa: «Ho assalito nel settembre scorso l'ufficio postale con gli agenti Coda della Volante e Scopece della Mobile; in luglio sempre con Coda avevo già rapinato, con sparatoria, gli impiegati della fabbrica Corona» - Il bandito ammette anche i furti di munizioni nella caserma di Ulzio e di pelli di cincillà per venti milioni - L'agente Scopece catturato a Foggia dice: «E' una vendetta, sono innocente»; il Coda trasferito ieri in carcere Un clamoroso sviluppo: scoperti i responsabili degli assalti alle banche di Ciriè e Alpignano ? Due agenti della Squadra Mobile sono stati arrestati sotto l'accusa di aver fatto parte di una banda di ladri e rapinatori Sono Aldo Scopece, 24 anni, da Poggia, e Gianfranco Coda. 26 anni, da Iglesias presso Cagliari. Lo Scopece è stato arrestato quattro giorni fa al suo paese, Il Coda è giunto ieri a Torino sotto scorta. La Questura è andata a prelevarlo in macchina ad Asti, dove era giunto in treno, e lo ha accompagnato direttamente in carcere, per sottrarlo ai fotografi. Le indagini, sotto la direzione del procuratore aggiunto dott. Jannelli e del sostituto procuratore dott. Neppl Modona, hanno accertato che facevano parte di una grossa banda. Uno dei componenti ha già confessato due rapine, furti di armi e munizioni presso caserme e di pellicce nell'alloggio di un ingegnere. Della banda facevano parte almeno cinque persone, ma si indaga alla ricerca di altri complici. L'inchiesta ha preso l'avvio dalla perquisizione operata nei giorni scorsi nell'officina meccanica dei fratelli Cleto e Umberto Di Bisceglie in via Rivara. Sotto una catasta di mo¬ tori elettrici, che gli agenti pazientemente demoliscono, si trovano in una fossa, scavata nella terra battuta, i sette mitra e i caricatori rubati nella caserma degli alpini di Bra ed altre munizioni sottratte nella caserma degli alpini di Ulzio. Umberto Di Bisceglie scagiona il fratello Cleto: « Lui ?ion sapeva nulla, pensava solo a lavorare. Il colpevole sono io soltanto. Vi dirò tutto» E' abbattuto, stravolto: « Sono contento che sia finita. Presto o tardi, ci sarebbe scappato il morto. Non voglio uccidere: già una volta ci siamo andati uictui». Fa i nomi dei complici: gli agenti Coda e Scopece. uno in servizio presso la « Volante », l'altro alla «Mobile». I funzionari che lo interrogano sono increduli « Poteva trattarsi della vendetta di un pregiudicato. Non ce la siamo sentita di fermare questi due agenti. Abbiamo riferito con procedura d'urgt nza al magistrato, preyan- pBavnsattrcol«pEDdpAmpptnrvfdolo di prendere lui una dt-\lctsfone 3-. Nel frattempo i due agenti, per precedenti scorrettezze, sono stati sospesi dal servizio e mandati a casa, uno a Foggia, l'altro a Iglesias. mmlgQui, dopo pochi giorni, li rag- pgiunge la decisione del ma- gistrato: ordine di cattura per rapina aggravata. lDice Umberto Di Bisceglie: j «cHo compiuto con ,1'agente \ sCoda la rapina del 15 luglio] e1066 a Cascine Vica, nella fab- urica di accessori per auto | Corona ». I rapinatori dovevano conoscere bene la fabbrica: ora si è accertato che qui hai lavorato dal marzo del 1961 al maggio del 1964 Rosa Di | Bisceglie, sorella di Umberto I e di Cleto. E' stata licenziata | per le troppe assenze. La rapina avviene pochi minuti dopo che un'impiegata Lucia Gaido di 40 anni, ha portato via i sei milioni di buste paga. Sono le 15.30, due banditi con una scala raggiungono la finestra degli uffici. Indossano tute blu, hanno il viso coperto da fazzoletti. Il più piccolo — Umberto Di Bisceglie — punta la pistola alla tempia dell'impiegata più vicina, Carolina Pinto, 24 anni: « Se stai buona, non ti succederà nulla ». Il secondo bandito ordina alle altre impiegate: « Fermi tutti e addossatevi alla parete con le mani in alto ». Marina Balma, Maria Baghiaccioli e Olpina Bortoli, 17 anni, obbediscono. Il figlio del titolare, Piero Corona, oggi dice«A sentirlo parlare, ho subito pensato che fosse un sardo ». Era l'agente Coda, ha detto il Di Bisceglie. Il rientro dell'impiegata Gaido, che urla e dà l'allarme, per poco non scatena la tragedia. Accorre l'operaio Giovanni Aimar. 46 anni; uno dei banditi preme il grilletto. Il primo colpo fa cilecca e l'Aimar si getta a terra, il secondo rintrona fragoroso, la pallottola sfiora il capo dell'operaio Giovanni Ariado, 19 anni, e si conficca in un armadio metallico. l banditi riescono a fuggire. ma con un misero bottino: 70 mila pesetas, circa 700 mila lire. «Le abbiamo bruciate — dice ora Umberto Di Bisceglie — perché cambiarle era pericoloso e costituivano una traccia ». n 29 settembre, assalto al l'ufficio postale di Leumann: « Questa volta — dice Di Bi sceglie — eravamo in tre: io e gli agenti Coda e Scopece». Hanno rubato, per la rapina, un'Alfa Romeo. Uno resta al volante dell'auto, gli altri due entrano, mascherati con fazzo-i letti e armati di pistola. Mi- nacciano di morte i quattro| impiegati e due clienti. Il di I rettore, Aldo Gamba di 40 an| ni, dice: «Abbiamo già dato l'allarme ai carabinieri, avete latto fiasco». Imprecando, i banditi si ritirano: ma hanno fatto in tempo a prelevare un milione e mezzo: « 500 mila lire a testa, divise equamente» dice Di Bisceglie nella sua confessione. Poi ammette i furti dei mi- tra e delle munizioni nelle due caserme, commessi con l'aiuto di Achille Tetto, che era stato furiere alla «Trevisan» di Bra. E' l'unico che, fino ad ora, è riuscito a sfuggire alla cattura: sembra che sia espatriato in Germania, l'Interpol lo ricerca. Con Di Bisceglie e con Giuliano Gelli, arrestato nei giorni scorsi, ha anche ru¬ bato pelli di cincillà per un valore di venti milioni all'ing. Santo Giambelli, in via Santhià. « Ma — ha detto il Di Bisceglie nella sua confessione — si era deciso di passare ad imprese più difficili ». Con 1 mitra, la banda voleva assaltare il manicomio di via Giulio,, do¬ ve sperava di trovare decine di milioni. Avevano irretito, con l'aiuto di un conoscente, Claudio Cappio, la segretaria della direzione, Elena Quercioli, che aveva già fornito la pianta degli uffici. La Quercioli e il Cappio, difesi dall'avv. Gino Obert. sono stati scarcerati ieri sera: la legge non punisce le semplici intenzioni. «Per me è finito tulio — ha detto la Quercioli lasciando il carcere — sono disonorata. Ma non sapevo che si trattasse di una banda davvero pericolosa ». L'agente Aldo Scopece, difeso dall'avv. Ettore Obert, nega tutto: «Conoscevo Umberto Di Bisceglie — dice — per motivi del mio lavoro di investigatore. Gli devo aver fatto dei torti, se si vendica accusandomi falsamente». L'agente Gianfranco Coda è stato interrogato ieri dal magistrato, ma il segreto istruttorio copre le sue dichiarazioni. Con loro e con Umberto Di Bisceglie. difeso dall'avv. Anna Maria Gentllli Insabato, sono in carcere il Gelli, accusato di furto, Cleto Di Bisceglie, accusato di ricettazione. Giuseppe Benazzi, trovato in possesso di un mitra, Giancarlo De Filippis, la cui posizione nella banda non è ancora chiara, e Guglielmina Campagnoli, l'amante di Umberto. « Le indagini proseguono — dicono gli inquirenti — e non sono da escludere sviluppi clamorosi ». Il pensiero corre alle rapine di Ciriè ed Alpignano. L'ufficio postale di Leumann il giorno della rapina. Elena Quercioli, impiegata del manicomio, lascia il carcere