I milanesi pronti a collaborare allo sviluppo del porto di Genova

I milanesi pronti a collaborare allo sviluppo del porto di Genova «Meglio una grossa spesa che un continuo danno) I milanesi pronti a collaborare allo sviluppo del porto di Genova Non può essere sostituito, per il commercio del Nord Italia, né da Venezia, né da Rotterdam o Anversa; e può diventare la porta mediterranea dell'intero Mercato comune - Occorre allargare gli impianti, migliorare le comunicazioni, ma cambiare anche la mentalità e le strutture amministrative - Un'azione congiunta ligure, piemontese e lombarda consentirebbe di risolvere il problema, trovando i finanziamenti ed aprendo buone prospettive per il futuro (Dal nostro inviato speciale) Milano, 4 aprile. Visto da Milano il porto di Genova perde l'aureola di incubo, diventa un grosso problema di soluzione non impossibile. « Non si può fare a meno di risolverlo, perché non si può fare a meno di Genova: decidiamoci subito », mi ripetono con un fondo di ottimismo che fa apparire lontanissimo, quasi appartenente a un diverso tipo di organizzazione sociale, il pessimismo imbronciato dei genovesi e la loro insofferenza un po' litigiosa per le critiche ( « non è una novità sentir dire che a Genova il traffico va male » leggo in una pubblicazione del Consorzio del porto). L'empirismo ambrosiano e il culto delle soluzioni rapide, che fanno preferire un pesante sforzo finanziario allo stillicidio del danno continuato, attribuiscono una dimensione accettabile anche alle grandi opere di cui Genova ha bisogno: « Cento miliardi non sono la fine del mondo, se il risultato è certo », è il commento ai progetti di ingrandimento portuale e di moderni allacciamenti con l'entroterra. E si accenna all'ipotesi di « prefinanziamenti » sui contributi che darà lo Stato, anche a formule miste simili a quelle in uso per le autostrade; una parte dei capitali potrebbe essere raccolta da privati, una parte dagli enti pubblici delle regioni interessate, come il Piemonte e la Lombardia. Mi limito a riferire ac cenni colti in conversazioni private: sono utili per dare l'idea di una disposizione d'animo milanese, o lombarda, ben diversa da quella di alcuni anni fa, quando si preferiva lasciare ai genovesi o allo Stato l'intero peso di una questione non ritenuta vitale, e vista da lontano. « Oggi si è raggiunta la convinzione che non ci sono alternative. Non potremo mai rivolgerci a Marsiglia, né potremo affidarci ai porti del Nord anche se attualmente ce ne serviamo per alcune merci. Su Genova e sui porti liguri si gioca tut to; è in ballo la capacità dell'Italia a darsi un siste ma portuale internaziona le », mi dice Piero Bassetti, che segue da vicino il prò blema come presidente del Comitato lombardo della programmazione economica. Bassetti è un industriale e importa cotone dall'Amen ca attraverso il porto di Rotterdam : « Non solo costa meno; il servizio è più comodo e sicuro. Ogni imprenditore bada a garantirsi questi due elementi: certezza e facilità. Quando un trasporto è discontinuo, faticoso, carico di rischi e di perdite, viene abbando nato anche se i costi sono ridotti». L'opinione di Bas setti è condivisa largamen te a Milano come a Busto Arsizio, a Biella, anche fra chi esporta prodotti finiti per la vendita sui mercati oltremare. Molti hanno abbandonato il porto di Genova per servirsi di Rotterdam o di Anversa; ma considerano la diversione un ripiego temporaneo, innaturale. E' limitata la corrente favorevole alla rottura con Genova e alla ricerca di nuovi sbocchi alla Spezia (in vista dell'autostrada della Cisa), oppure a Venezia che un giorno non lontano sarà collegata all'area milanese con l'idrovia padana. Si sta affermando un disegno politico più ampio: applicare la logica della concentrazione industriale ai porti, e ottenere dalla Liguria un sistema che diventi la porta mediterranea dell'Europa, integrato verso l'Adriatico dall'idrovia. Piero Bassetti insiste vivacemente sulla insostituibilità di Genova e dei porti liguri, aggiungendo: «L'idea si è affermata. Oggi a Milano il problema portuale è sentito, può essere imposto all'attenzione comune ». Non direi che i milanesi abbiano il piglio di chi si fa avanti per risolvere tutto con un colpo di bacchetta magica. Non è intacca¬ ta la fiducia nella capacità dei liguri, nella loro tecnica di marinai e di esperti portuali (l'ipotesi di un milanese alla presidenza del Consorzio del porto di Genova viene respinta come assurda). In passato i reggitori del porto rimproverarono ai milanesi di non interessarsene attivamente con un dialogo assiduo. Bassetti, che ha esperienza di partecipazioni personali ai lavori del Consorzio del porto, mi dice : « Oggi il colloquio ha senso soltanto se ci sediamo a un tavolo e cerchiamo le soluzioni, ripartendoci i compiti e gli impegni. Diversamente si fanno discorsi a vuoto ». Il giudizio rispecchia la tendenza lombarda alle decisioni di tipo imprenditoriale: i genovesi scoprano le carte, si mettano d'accordo con Savona e con gli altri porti liguri precisando le diverse funzioni, e propongano un programma di lavoro. N L'indispensabile solidarietà politica, non soltanto interregionale, potrà essere raggiunta se i porti liguri, e per primo quello di Genova, usciranno dai riniti periferici, affrontando al tempo stesso revisioni radicali del sistema. Non basterebbe costruire nuove dighe. La condizione di inferiorità di Genova nei confronti dei porti del Nord è dovuta alla pesantezza delle strutture amministrative, ai monopoli, non meno che alla povertà di spazi e di comunicazioni con l'entroterra. Si impone una riforma del Consorzio autonomo del porto, sento dire anche a Milano: da ente corporativo a snello ente di gestione di un servizio pubblico. A Rotterdam il porto appartiene alla città, che lo fa amministrare da una modestissima azienda ricavandone utili di alcuni miliardi all'anno. Milano può dare una spinta psicologica verso il gusto del nuovo, sorretto dal coraggio della moder nità. Cambiano i porti e le navi, come le industrie. Navi da 100 mila tonn. per merci solide (per gli olii minerali si progettano cisterne da 500 mila tonnellate) ; non più carichi ammucchiati nelle stive ma or- rens\taUard,1TcL'L3;lfacilmente trasferibili dalla nave alla strada. A Rotterdam si scarica una nave da mattina a sera, a Genova occorrono 3 giorni. Il nuovo porto sarà vitale se non tratterrà le merci sulle banchine, ma le inoltrerà rapidamente verso spazi di smistamento dell' entroterra, paragonabili a quelli di cui dispongono i grandi porti europei (in media 4000 ettari contro i 300 che si otterranno sulla costa costruendo il porto di Voltri). Un po' di avvenirismo non farebbe male. A Milano dicono: « Guardiamo al futuro, in grande. I genovesi chiamino scienziati e tecnici non coinvolti nelle beghe locali, scelgano una soluzione coraggiosa, e noi gli daremo una mano ». Perché non metterli alla prova ? Mario Fazio : 111 m 111111111111 ; i i il i m 11 li 1111111 n n ! i !, r m111,11 n 1111

Persone citate: Mario Fazio, Piero Bassetti