I colossi del giornalismo in Giappone

I colossi del giornalismo in Giappone ANCHE NELLA CARTA STAMPATA HANNO RAGGIUNTO PRIMATI MONDIALI I colossi del giornalismo in Giappone Meno di duecento quotidiani stampano 45 milioni di copie: gli Stati Uniti, con il doppio di abitanti., superano appena i 60 milioni - Tre giganti dominano il mercato; fra essi prevale l'« Asahi Shinbun» (o « Giornale del sole del mattino ») - Esce in cinque città diverse, in stabilimenti automatizzati e congiunti con un perfetto sistema di radiocomunicazioni - Stampa, tra mattino e sera, 9 milioni di copie; impiega 5500 dipendenti e 2000 giornalisti professionisti: che scrivono a matita i propri servizi, perché i duemilatrecento segni dell'alfabeto nipponico non si prestano alla dattilografia - Tutti i giornali, anche quelli di partito, hanno un bilancio attivo - Per la distribuzione adoperano centinaia di migliaia di ragazzi: i lettori giapponesi vogliono trovare all'alba, sulla porta di casa, il loro quotidiano (Dal nostro Inviato speciale) Tokio, aprile. Primo nella costruzione di navi, secondo nell'elettronica e (quest'anno o il prossimo) nelle auto, terzo nella corsa allo spazio: sono i primati che da Yokohama o da. Hiroshima o da Kawasaki ho cercato di illustrare, nel tentativo di dare una pallida idea di questo Giappone lanciato alla conquista del terzo posto tra le potenze indu¬ striali del mondo. Da Tokio, aggiungerò qualche cenno su un altro settore-record che gli esperti solitamente ignorano e che anch'io ho lasciato per ultimo perché permette di allargare il discorso al di là dell'economia. La sua roccaforte è, sulla formicolante e splendida Gìnza, l'imponente ed austero edificio deZZ'Asahi Shinbun, il « Giornale del sole del mattino », il più grosso quo¬ tidiano di tutti i paesi e di tutti i tempi. La tiratura complessiva dei giornali ha raggiunto in questi giorni negli Stati Uniti i sessantuno milioni di copie. Il Giappone (con la metà degli abitanti) da ventisette milioni nel '50 era salito a trentasette nel '60: oggi è a quarantacinque milioni ed al secondo posto assoluto nella graduatoria mondiale. L'Unione Sovieti¬ ca segue con quaranta milioni, la Gran Bretagna con uentiset, la Germania con diciannove, la Francia con dodici (quanto all'Italia, siamo a cinque milioni circa: una copia ogni dieci abitanti, contro una ogni due in Giappone). Non solo il boom economico, anche la sempre più vasta diffusione della cultura contribuisce a spiegare l'impressionante ritmo di sviluppo della stampa quotidiana. Le tirature continueranno a progredirei I miei colleghi giapponesi, con la consueta modestia, si mostrano dubbiosi: già si notano sintomi di saturazione. Non c'è famiglia nipponica che non cominci la giornata con la lettura di almeno due quotidiani diversi e non la continui dando un'occhiata ad uno della sera (o ad un settimanale o mensile). Sono lettori esigenti che non hanno tempo né voglia di andare a comprare il giornale nelle edicole (rarissime) e nemmeno di aspettare di riceverlo per posta: dev'essere sulla porta di casa insieme con l'alba. Anche per chi non è del mestiere. 10 spettacolo vale la levataccia: la fine della notte è annunciata dal rombo delle migliaia di camioncini che sfrecciano attraverso la sterminata distesa della capitale, rallentano appena per rovesciare i pacchi freschi di stampa davanti a punti di distribuzione o a certi angoli di strada. E qui sono torme di ragazzi e giovanotti — tra i dodici e i venti anni — pronti ad afferrarli, distribuirseli, schizzar via fulminei in motorino, in bicicletta 0 a piedi, correndo come fondisti a rifornire ciascuno cinquanta, cento case in due ore. Alle sette è già tardi, tutto deve essere finito: sia perché cosi vuole il lettore esigente, sia perché il giovane distributore deve avviarsi a scuola per la normale giornata degli studenti di tutto 11 mondo (salvo, qualcuno, ripetere la stessa fatica — che nessun nostro ragazzo potrebbe sopportare — nel pomeriggio, per il giornale della sera). Ricompensai Ottomila lire al mese. Il solo Asahl per distribuire i suoi nove milioni di copie impiega centoventiduemila newsboys: il costo è alto ma è compensato dall'eliminazione del giornalaio e dalla vendita quasi esclusivamente per abbonamenti. Il problema, ammettono i colleghi, è di vedere se e fino a quando, col crescente benessere, tanti ragazzi giapponesi continueranno ad aver voglia di correre all'alba per un paio di ore. Oggi (per quanto a noi sembri strano) il sistema funziona: prima o poi, anche i lettori nipponici si rassegneranno ad aspettare la posta. Quesii incomprensibili giornali sono in media a ventiquattro pagine, con un formato un po' più piccolo del nostro, e costano naturalmente molto meno che in qualsiasi altra parte del mondo: sulle venticinque lire. Le tirature, per quanto alte, non basterebbero a garantire l'attivo senza la pubblicità che, non ostante la concorrenza della tv, è passata da meno di settanta miliardi di lire nel 1952 a più di seicento nel '66 e rappresenta oggi il 54 per cento delle entrate dei quotidiani. Ho detto intenzionalmente « garantire l'attivo y perché di giornali passivi, a quanto sembra, da queste parti non ne esistono. I colleghi deZZ'Asahi provano qualche difficoltà perfino a capire la mia domanda: t Che senso hai Se un'azienda non rende, si chiude ». Anche ai partiti, 1 giornali — dal comunista Akahata, Bandiera Rossa, allo Shimbun del misterioso Komei — non costano, caso mai rendono qualcosa; altri quotidiani, se legati più o meno direttamente a grossi gruppi di potere economico o politico, possono ricevere aiuti marginali od eccezionali, mai finanziamenti diretti. Governo e governanti, se vogliono pubblicità, se la pagano apertamente e la spesa (1100 milioni nel '66) appare nel bilancio statale. Come qualsiasi altra azienda, il giornale deve guadagnare: le azioni in cui è diviso il capitale (ieU'Asahi (controllato, come sempre nella sua vita quasi secolare, dalle due famiglie dei Murayama e dei Ueno) rendono il 10 per cento netto; né altri quotidiani più piccoli sono da meno. La lotta per la conquista dell'abbonato o dell'inserzionista pubblicitario è condotta freneticamente, ad oltranza. Un paio di anni addietro, si era passato ogni limite del ragionevole: gli abbonati venivano sommersi a gara di sa¬ pone, detersivi, pubblicazioni, adesso di comune accordo si è rinunciato agli omaggi, ma la gara continua in mille altri modi: organizzando costosissime mostre d'arte, mantenendo intere orchestre sinfoniche, finanziando fondazioni culturali di ogni tipo. Anche come risultato di questa concorrenza spietata, sono più grandi che altrove le dimensioni medie delle aziende giornalistiche giapponesi: sono meno del doppio dei quotidiani italiani, con una tiratura complessiva nove volte superiore. Tre colossi dominano, da soli, quasi metà del mercato nazionale: Z'Asahi, il Mainichi, il Yomiuri. Tutto il mondo è paese, parlare di tirature è sempre difficile, ma i colleghi dell'Assilli mi indicano la loro media del gennaio scorso: 5 milioni 1,50.000 per il mattino, 3 milioni 800.000 per la sera; totale 9 milioni e 250.000; previste per l'anno prossimo, 10 milioni di copie. Mainichi e Yomiuri sono oltre i sei milioni ciascuno. I dipendenti dell'Assiri? 750 reporters, 1250 altri redattori, articolisti, corrispondenti, tutti giornalisti professionisti fissi; 2500 tipografi, operai di ogni genere, tecnici; più 2250 impiegati d ' amministrazione, pubblicità, acquisti e vendite; ed ancora un migliaio di persone che si occupano di un settore libri e varie; totale, settemilacinquecento. Un esercito. Ma ricordiamo che questo non è tanto un giornale, quanto una catena di cinque giornali: con servizi in parte comuni ma con impianti capaci di totale autonomia. l'Asahi esce a Tokio, a Osaka, a. Kyiushu, a Nagoya, a Sapporo, coprendo in pratica tutto un paese un po' più grande dell'Italia. Le dimensioni tornano ad essere più comprensibili. Questa struttura articolata fin parte analoga per il Mainichi e lo Yomiuri) ha impegnato i tecnici dei quotidiani nella ricerca delle soluzioni più avanzate. Per l'impianto più lontano di Sapporo, nell'isola settentrionale dell'Hokkaido, la pagi¬ na viene preparata a Tokio, fotografata, trasmessa per microonda in sette minuti: ricevuta, passerà all' offset capace di stampare novantamila copie all'ora. Altro esempio: l'articolo battuto al telex dalla sede centrale si traduce in bande perforate, ohe vanno direttamente e contemporaneamente nei vari impianti aZZe monotypes automatizzate capaci di comporre, senza intervento dell'uomo, centoventi caratteri al minuto. Ed in caso d'emergenza, per citare un esempio più accessibile al profano, dieci aerei e tre elicotteri sono sempre pronti, giorno e notte, a decollare per assicurare ogni collegamento. Ma il pezzo forte, che all'Asahl riservano per ultimo al visitatore, è l'Univac 1050, il cervello elettronico che «fa* le paghe (le direi alte per il Giappone, eppure inferiori di un terzo, alle nostre), gU abbonamenti, i sondaggi di opinione pubblica. E' un cervello che non viene sfruttato a pieno, anche perché renderebbe chiaramente superflua la presenza di molta gente negli uffici amministrativi: «Dovremmo mandarli via e questo da noi non si usa, all'Asari si entra da ragazzi e si esce solo per andare In pensione». Attraverso una sterminata redazione dove stanno lavorando due o trecento giornalisti e mi colpisce il silenzio. Microonde, ordigni automatizzati, cervelli elettronici, aerei, elicotteri: e qui, non una macchina per scrivere, solo matite che corrono veloci sulla carta. E' più pratico, mi spiegano: in una lingua europea, bastano sessanta tasti ad esprimere qualsiasi concetto; in giapponese, ce ne vogliono duemilatrecentoquattro (ed è già un passo avanti: prima della guerra ce ne volevano seimila). Vedo i fogli bianchi coprirsi fulminei dei kanji, degli ideogrammi cinesi: un attimo di posta pneumatica e diverranno fori di una banda inghiottita dalla più moderna teleprint. Pare un simbolo di questo paese in fulminea trasformazione: ammirevole e sconcertante. Giovanni Giovannìni

Persone citate: Asari, Giovanni Giovannìni, Kawasaki, Ueno