Nei medicinali gli italiani spendono troppo e sposso male di Giorgio Fattori

Nei medicinali gli italiani spendono troppo e sposso male Intervista col ministro della Sanità, on. Mariotti Nei medicinali gli italiani spendono troppo e sposso male Nel 1966, nell'acquisto di oltre 30 mila specialità diverse, si sono spesi 380 miliardi: un primato internazionale; eppure industrie e farmacisti sono malcontenti - Ci sono troppi farmaci e molte ditte improvvisate; sovente gli investimenti per la propaganda soverchiano quelli per la ricerca - La riforma studiata dall'ori. Mariotti si propone: 1) controlli più severi e meno burocratici sulle nuove specialità; 2) aggiornati criteri di giudizio sui prezzi, che incoraggino le aziende serie e scoraggino le altre; 3) un'azione per ridurre il prezzo dei medicinali « di base » (Dal nastro inviato speciale) Roma, marzo. Quanto costa la salute in Italia? Perché le medicine sono così care e tuttavia si parla in termini drammatici di crisi dell'industria farmaceutica? E' una tipica situazione italiana in cui si lamentano tutti: i malati, gli industriali, le mutue, i farmacisti, i grossisti. Un coro di proteste che si confonde con polemiche vecchie di anni e arrivate ormai al punto critico. Nel 1966, per le specialità di prescrizione medica vendute attraverso le farmacie, abbiamo speso la cifra record di 380 miliardi, contro 340 del '65 e 312 del '64. Eppure sembra che questi 380 miliardi non abbiano arricchito nessuno, anzi: l'unico risultato evidente è che forse hanno guarito i malati, ma hanno quasi ammazzato le mutue. Se infatti per i consumi di carne e di pesce non figuriamo brillantemente nelle graduatorie europee, come mangiatori di medicine siamo in testa a tutti. Nel grande pascolo di 27.619 specialità e categorie (cioè preparati derivanti dalle specialità) prodotte in Italia e di 2575 specialità e categorie importate dall'estero, non c'è che l'imbarazzo della scelta. Ingoiamo milioni di pillole, spesso carissime: quando non le paghiamo di tasca; le paga lo Stato attraverso l'assistenza mutualistica che copre un'altissima percentuale del mercato, circa l'ottanta per cento. Il rito di «prima e dopo i pasti » è ormai un rito nazionale. Tuttavia le industrie farmaceutiche si lagnano per una criói dei profitti: molte fra le piccole vivacchiano o chiudono, le medie e le grosse sono rilevate a ritmo accelerato dal capitale estero. E' una situazione caotica e paradossale, fatta di sperperi pubblici e di misteriosi affari privati, dove orientarsi è sempre più difficile. Di sicuro c'è solo che le cose vanno malissimo e che i risultati finora raggiunti, sulla spinta delle polemiche e dei periodici scandali, so no marginali. Si spendono cifre enormi per un'alluvio ne di prodotti con sempre nuove etichette, spesso simili, molte volte identici. Qualche anno fa, di un famoso tranquillante ame ricano sono state buttate sul mercato diciotto imita zioni perfette, perché, co^ me è noto, in Italia i medicinali non sono protetti da brevetto e chiunque è libero di copiare la formula e di fabbricarli in uno sgabuzzino. Diciannove pasticche tranquillanti con diciannove nomi diversi e l'identico contenuto: i pazienti non ci capiscono niente; le ricette si fanno sempre più lunghe e più fantasiose; la spesa, a milioni, a miliardi, sale. Cominciamo il nostro viaggio in questo misterioso Far West delle pillole, dal ministero della Sanità, dove da qualche anno si tenta di mettere riparo alla situazione approvando con criteri sempre più restrittivi l'ingresso nel mercato di nuove specialità (prima del '64 venivano registrate anche duemila specialità all'anno; ora siamo fra le 150 e le 200). Il ministro Mariotti, in questi giorni, fra tante pillole una ne ha particolarmente a cuore, quella anticoncezionale. Ma fra l'enciclica del Papa e l'attesa per il varo della legge ospedaliera, trova il tempo per dedicare la giusta attenzione al problema dei farmaceutici, di cui proprio su « La Stampa », rispondendo un mese fa a un lettore, riaprì con decisione il discorso. « Rispetto al 1965 — dice il ministro — vi è stato appunto un incremento del 13 per cento di spese per i medicinali: ma da un esame approfondito dei dati si scopre che questo incremento non è stato determinato da un pari aumento percentuale dei pezzi venduti, bensì da un aumento dei prezzi delle specialità medicinali. Questo non significa che il prezzo delle specialità sia aumentato, ma che le prescrizioni Die¬ soelchqcrptonlistsppevlaesdpteOnnè qgplecemnesci ssrtvgopsmpmfmsrisrtrrdgstcènsmcmprEuplddirmnppsctdsggcmsvMnpsiddcdcbdtpspiddaMttrdmslprdCniicssludiche si sono orientate rer-Jp so specialità di prezzo più elevato. E' una tendenza che si registra ormai da qualche anno: nel '6-'t l'incremento delle vendite in pezzi è stato del 2 per cento e in lire del 9 per cento; nel '65 del .', per cento e in lire del .9 per cento ». Specialità sempre più costose per guarire malanni spesso non gravi. La propaganda delle industrie è evidentemente efficace, nella gara frenetica e senza esclusione di colpi, di prodotti sempre più nuovi e perfezionati, lanciati ininterrottamente sul mercato. Ovviamente la fabbricazione di medicine più moderne è un fatto positivo, ma è sicuro che in tutti i casi queste specialità di maggior costo rappresentino un passo avanti rispetto a quelle già in commercio? « Da parte nostra — dice Mariotti — richiederemo più severi controlli sui nuovi farmaci, appunto per evitare turlupinature e abu si. Esigeremo che vengano conservati per cinque anni i documenti attinenti alla sperimentazione e abbiamo stabilito di estendere a tre relatori, anziché a uno sol tanto, l'esame di ogni nuo va specialità, per avere un giudizio più approfondito e obbiettivo. In compenso, per dare fiducia all'industria farmaceutica, abbiamo stabilito di accettare per la registrazione dei medicinali, anche i lavori farmacologici eseguiti e firmati da tecnici dell'industria, mentre in passato era richiesto il sigillo di un istituto universitario. Ci sarà meno burocrazia e, ritengo, una maggiore sicurezza di controllo con la responsabilizzazione diretta delle industrie ». Questo per quanto riguarda il varo delle nuove specialità. Ma i prezzi di tutte le specialità, le vecchie e le nuove? « Il problema dei prezzi è sul tappeto — dice il ministro —. Abbiamo allo studio un progetto di riforma che dovrebbe essere completato entro l'anno. Il metodo di fissazione dei prezzi, sia pure con notevoli revisioni, risale al 1950. E' indispensabile studiare un nuovo metodo che interpreti i problemi più attuali. Occorre partire da una determinazione del valore delle materie prime che sia il più possibile vicina alla realtà, specialmente per le materie di importazione. E' necessario inoltre tenere presente i costi industriali più aggiornati, valutando sia gli aumenti di certe componenti sia d'altra parte i progressi conseguiti dall'automazione, che nel settore farmaceutico è largamente applicata. « Dobbiamo avviare programmi di ricerca scientifica, oggi nell'industria farmaceutica italiana quasiinesistente, e nel fissare i nuovi prezzi ne terremo conto. Ma dobbiamo anche contenere certe esagerate spese promozionali, le famose spese di propaganda che tanto incidono sul costo delle medicine. « Nel rivedere i prezzi delle specialità in commercio dovremo evitare di prendere in esame soltanto vecchie specialità ormai abbandonate dalla propaganda, e al tempo stesso valuteremo con attenzione l'importanza che hanno certe specialità nel bilancio complessivo di un'industria. Non intendiamo deprimere l'industria farmaceutica: desideriamo che guadagni e anche che guadagni bene. Ma deve sapere spendere altrettanto bene e non dimenticare mai che la sua opera è indubbiamente frutto di una iniziativa privata, ma è al tempo stesso un servizio di pubblica utilità ». Avremo dunque, se il progetto del ministro Mariotti andrà in fondo, medicine un po' meno care. Con una maggior protezione, anche nei prezzi, delle industrie che dimostrino di investire denari per la ricerca scientifica, anziché seguire la via puramente speculativa del plagio delle formule chimiche e di un massiccio impegno di Jpropaganda per convincere alla prescrizione del prodotto medici e farmacisti. Dovrà essere una politica differenziata, che tenga conto di molti elementi. Quindi una politica non facile, di caso per caso, specialità per specialità, considerando anche l'altissimo smercio di alcune di esse e quindi i maggiori margini di profitto. Nel 1966 per gli antinevritici si sono spesi in Italia 14 miliardi e per le sole pomate cortisoniche, che sono ammesse dall'Inani e da altri enti previdenziali, sei miliardi. Sono cifre eccezionali: e la produzione su larga scala incoraggia la ragionevole speranza, appoggiata dai propositi del ministro della Sanità, che in futuro alcune medicine di base costeranno un po' meno. « Si è detto — conclude l'onorevole Mariotti — che le nostre riforme, sui metodi di registrazione dei farmaci e sulla politica dei prezzi, schiacceranno le piccole aziende. In realtà schiacceranno, almeno speriamo, le aziende inefficienti, grandi o piccole che siano. La produzione di un medicinale comporta precisi doveri e non si debbono tollerare mancanze o facili speculazioni. Dobbiamo adeguarci, con il brevetto dei farmaci, al Mercato comune, pur garantendoci da situazioni di monopolio. « Dobbiamo inoltre fare ogni sforzo affinché centinaia di miliardi dello Stato, attraverso le mutue, non finiscano tutti in pillole, ma siano impiegati in modo più razionale per la salute pubblica. Oggi spendiamo una fortuna in me dicinali e tutti, comprese le industrie, sono sconten ti. Perciò che una profon da riforma nel campo dei farmaceutici sia difficile, d'accordo. Ma siamo anche tutti d'accordo, suppongo, che da qualche parte bisogna cominciare ». Giorgio Fattori

Persone citate: Mariotti

Luoghi citati: Italia, Roma