Sventato un piano per favorire la fuga dei capi della banda che operò nel Cuneese?

Sventato un piano per favorire la fuga dei capi della banda che operò nel Cuneese? Sventato un piano per favorire la fuga dei capi della banda che operò nel Cuneese? Un seghetto di ferro trovato dai carabinieri in uno stanzino della Corte d'Assise - Aumentata la sorveglianza attorno ai 36 imputati - Ieri è stato interrogato il padre di Miss Caraglio, accusato di avere retto, pur rimanendo nell'ombra, le fila dell'organizzazione criminosa - Ha negato tutto, anche di essere il « re degli zingari » - La moglie, invece, ha detto con orgoglio: «lo sono la regina» - Anche gli altri imputati rigettano con fermezza le accuse limitandosi ad ammettere qualche furto (Dal nostro corrispondente) Cuneo, 30 marzo. Atmosfera di tensione oggi alle Assise di Cuneo, dove è proseguito il processo della «banda dei trenlasei» imputati di oltre ottanta crimini contro il patrimonio e le persone, perpetrati in tutto ti Cuneese. Il servizio di vigilanza attorno alla tribunetta che ospita i ventiquattro imputati in stato d'arresto (sempre circondata da una trentina di carabinieri) si è fatto più serrato dopo la scoperta di un seghetto di ferro — lungo 25 centimetri e largo 4 — riposto da mano ignota nella vaschetta dell'acqua del gabinetto del palazzo di giustizia, dove negli intervalli del dibattimento gli imputati vengono accompagnati, saldamente ammanettati. La seghetta è stata rinvenuta nella tarda mattinata da un carabiniere in scr- Visio d'ispezione. Nessun dubbio che la presenza della sega in quel punto faccia parte di un piano preordinato da parenti o amici degli imputati, per favorire la fuga dal carcere di qualcuno dei capi. Oggi sono stali interrogati altri imputati. Si è cominciato in mattinata con l'intera famiglia Milano. Carlo Milano, J/7 anni, padre di Caterina, la Miss Caraglio, è una pittoresca figura di capo tribù. E' imputato di aver retto, con Carlo Cerutti e il Quaranta, le fila dell'organizzazione criminosa pur rimanendo nelombra. Il Milano ha respinto con sdegno tale accusa, per contestare subito dopo anche quel titolo di « re degli zingari piemontesi» che gli è stato affibbiato, pur ammettendo di avere un certo ascendente sulle tribù dei girovaghi della regione. L'imputato ha poi spiegato di avere abbandonato la vita nomade, di essersi inurbato in quel di Caraglio, dove ha detto di svolgere il suo lavoro di ambulante mentre i figli minori frequentano regolarmente la scuola. Presidente — Eppure nel settembre '65 lei era accampato sulle rive del torrente Grana. Milano — Certamente, avevo organizzato un raduno di zingari in previsione del viaggio a Pomezia, presso Roma, per il grande incontro degli zingari col Papa. Quando fui arrestato, telegrafai in Vaticano per informare che la mia assenza era giustificata da ragioni di giustizia. (Ilarità). Elisa Jussi, sua moglie, che dimostra più dei suoi 40 anni, non ha avuto invece tentennamenti sui suoi attributi regali. Quando il presidente Baretti le ha chiesto se era la moglie del capo tribù, ha risposto con sussiego: «Io sono la regina». La donna lia negato di aver favorito la fuga del Cerutti dall'accampamento ed ha insistito ad accusare con termini roventi il carabiniere Nicola Barbabella di averla insultata all'epoca dell'episodio, tanto che il presidente l'ha interrotta bruscamente e il P. M. è insorto: «Mi riservo dì procedere contro l'imputata per calunniasi. E' ora il turno del figlio ventitreenne Claudio, accusato anch'egli di associazione a delinquere c di furti in varie città. Il giovanotto rigetta tutti gli addebiti con vigore. Una concessione all'accusa la minaccia al carabiniere Barbabella («Te la farò pagare»), giustificandola come reazione ad un preteso insulto del militare alla madre, la notte della famosa irruzione al campo degli zingari Leone Pontello, 29 anni, ambulante, da Costigliole d'Asti, accusato di furti e ricettazione, ha negato i primi ed ha ammesso la seconda, per lo meno in parte. Livio Gonella, 26 anni, e Michele Merafino, di 36, entrambi da Asti, pure essi ambulanti, ammettono di avere acquistato stoffe e mer- «re degli zingari» Carlo Milano, a sinistra, e Carlo Fiori interrogati ieri a Cuneo cerie dal Pontello, ma in perfetta buona fede. Va ora in pedana uno dei principali imputati, Carlo Fiori di 22 anni, figlio di onesti contadini di Neviglie d'Alba. Ecco il suo biglietto da visita: ventisette furti, una rapina, un tentato omicidio. Carlo Fiori confessò davanti al giudice istruttore, il 29 marzo 1966, di aver partecipato a numerosi colpi con il Quaranta (latitante) e con Carlo Cerutti detto «Titti». Riferì poi che Modesto Argenta *gli offrì in vendita anelli e braccialetti provenienti dalla rapina all'orefice Aresio di Moretta, spiegando che dopo il suo rifiuto i preziosi furono portati a Carmagnola dal Dadaglia, ed offerti anche ad altri. Presidente — Vi ricordate di aver ammesso tutto ciò? Fiori — Non è vero nulla, non conosco né Modesto né Carlo Argenta e neppure il Giazzi. Non ho mai detto queste cose al magistrato. Avv. Verccllotti (difensore del Cerutti) — Risulta che, interrogato il 10 marzo '65 setta giorni dopo l'arresto, Fiori dichiarò: «Non desidero firmare il verbale prima di sapere dal procuratore se mi concederà la libertà provvisoria in cambio di certe confidenze ». Fiori — Non ho mai fatto simile dichiarazione. GJi avvocati Altura e Prette, difensori dei Barrerò, chiedono che si dia atto che il Fiori ha dichiarato di non aver mai conosciuto i due fratelli di Mondovì. In istruttoria, invece, il Fiori asserì che la sera della sanguinosa rapina ai danni del gioielliere Aresio, al loro ritorno al campo di Cuneo i Barrerò e i De Colombi dissero: « Oggi abbiamo sparato a Moretta». Carlo Fiori ora non conosce più nessuno. Ricorda solo un fantomatico Titti, un coetaneo conosciuto solo con quel nomignolo, ma esclude che questi sia il Cerutti. Ammette parte dei furti, specie quelli già confessati da Testa e Cavallo; nega invece quaiido l'accusa prende il nome di rapina o i fatti sono intrisi in qualche modo di violenza. L'avv. Ricci, codifensore del Cerutti, insiste perché si interroghi ancora il suo patrocinato, ma l'ora è tarda e il Cerutti, indicato come uno dei capi della gang, viene congedato dopo brevi battute. Nino Manera