Non è lecito far politica con i risparmi dei cittadini di Vittorio Gorresio

Non è lecito far politica con i risparmi dei cittadini Non è lecito far politica con i risparmi dei cittadini Konia, 17 marzo. Dalla Sicilia a Roma, dilaga l'emozione per l'arresto del banchiere Carlo Bazan. Per tredici anni è stato uno degli uomini chiave della finanza, dell'economia, e quindi com'è ovvio anche della politica isolana, trovandosi in una posizione di potere che naturalmente era accresciuta dallo stesso buon nome dell'antico e glorioso istituto di credito pubblico che egli presiedeva. Dicono i siciliani di Roma che è tutto un capitolo di storia della Sicilia regione autonoma che viene ad essere investito da un vento ciclonico, e le conseguenze non ne possono venire nemmeno immaginate. Anche la Commissione antimafia ritiene di avere materia per sue indagini al riguardo, ma non è detto che la questione sia circoscritta ai soli casi dell'isola, destinata come sembra che sia a ripercuotersi nel continente, in alcune centrali del mondo politico nazionale. In base a certe informazioni e indiscrezioni, anche il colore politico dello scandalo non sarebbe unico, essendovi implicati in varia misura persone e gruppi di destra, di centro e di sinistra, per rapporti di comodo e favori, finanziamenti e « scoperture », da cui tutti i partiti avrebbero tratto beneficio. Il milazzismo sembra essere stato l'insegna della politica del Banco di Sicilia durante la- presidenza di Carlo Bazan. Il pun to di partenza dell'indagi ne istruttoria — un mu tuo concesso all'ex deputato monarchico di Catania Francesco Beneventano Del la Corte — costituirebbe infatti solo l'inizio di una lunga catena di accertamenti non meno gravi e clamorosi. La Magistratura ricevette il 6 maggio 1965 una denuncia relativa all'affare Beneventano, quando Bazan teneva ancora la presidenza del Banco. Il Procuratore della Repubblica Pietro Scaglione incaricò il consigliere Francesco Marcataio delle prime indagini, costui trasmise i suoi risultati al giudice istruttore Giuseppe Mazzeo, ed ora a capo di quasi due anni si parla di montagne di documenti, relazioni e perizie. « Ce n'è per tutti », si dichiara da parte di chi si dice ben informato negli ambienti politici e bancari. Si tratterebbe di un terremoto di proporzioni mai viste, al cui paragone le famose imprese del pur ingegnoso « banchiere di Dio » GiovanBattista Giuffrè apparirebbero modeste come quelle di un povero dilettante. D'altra parte si spera che sia l'emozione del momento che induce a esagerare, e che in realtà lo scandalo non abbia la portata che gli viene attribuita. Paca te dichiarazioni dell'attuale presidente del Banco, dottor Ciro Di Martino, tendo no infatti a sdrammatizza re le « incontrollate notizie » circolate negli ultimi due giorni. Egli ha affermato responsabilmente che oggi la si tuazione del Banco di Sicilia in materia di partite di credito in sofferenza è del tutto normale, che le sue tradizioni non vengono intaccate dall'episodio, e che le sue strutture organizzative e operative, attualmen te in corso di ammoderna mento, posseggono una soli dita che per tutti deve essere fonte di garanzia. Ha detto ancora che, nel merito, il rischio dell'insolvenza è connaturato all'esercizio dell'attività creditizia, specie nel caso di un'assistenza « riservata ad un'economia in via di sviluppo come quella della Regione siciliana ». Tecnicamente, sono dichiarazioni rassicuranti delle quali è doveroso prender atto, anche se è facile osservare che nessuno avrebbe mai pensato che le malversazioni compiute dall'ex presidente Bazan potessero spiantare un istituto della forza del Banco di Sicilia. La questione vera non è nel merito, quanto piuttosto di principio, essendo inammissibile che una gestione bancaria abbia a suoi scopi anche interventi in funzione politica, sia o non sia la Regione siciliana in fase di sviluppo. Il risparmio dei privati non è meno sacro del pubblico denaro che lo Stato amministra, e non c'è banchiere che abbia diritto a prevalersene. Il banchiere è il custode del risparmio di cittadini che stentano magari a pagare le cambiali di fine mese, ed in funzione di custode deve essere inflessibile, e soprattutto deve saper resistere alle pressioni, da qualunque parte politica gli vengano fatte. Può darsi Iche Bazan si riveli alla fine quasi una vittima dei potentati, uomini pubblici influenti, capi corrente, capi clientela, capi mafia. La sua debolezza non lo giustificherebbe, comunque, e solo si aprirebbero altri capitoli di indagine istruttoria formale da parte della Magistratura. C'è ancora un altro aspetto della questione che è pertinente segnalare. Ammessa la colpa di debolezza di Bazan come ipotesi a lui più favorevole ; riconosciute le responsabilità di chi ne ha profittato, resta da dire che «l'episodio» non doveva in nessun modo prodursi. C'è stata infatti una deficienza da parte degli organi di controllo previsti dalla legge statale bancaria, ed è anche questa una responsabilità che è necessario colpire nella sede appropriata. Vittorio Gorresio

Persone citate: Carlo Bazan, Ciro Di Martino, Giuffrè, Giuseppe Mazzeo, Pietro Scaglione

Luoghi citati: Catania, Roma, Sicilia