«La professione della signora Warren» interpretata da Laura Adani al Carignano

«La professione della signora Warren» interpretata da Laura Adani al Carignano La prima torinese dello spettacolo con la compagnia del Teatro indipendente «La professione della signora Warren» interpretata da Laura Adani al Carignano E' una delle più belle commedie di Shaw, ripresa sulle scene italiane dopo un intervallo di 10 anni - La protagonista è una donna che si è arricchita gestendo case di malaffare: l'autore non condanna lei, ma la società che l'ha spinta a questo lavoro La professione della signora Warren, rappresentata ieri sera al Cartonano da una compagnia diretta da Maurizio Scaparro che inalbera l'orgogliosa insegna — proprio d'origine shawiana — di Teatro Indipendente, è una delle più belle commedie di Shaw, anzi del teatro novecentesco tanche se fu scritta, ma non ancora rappresentata, intorno al 1891i). E' una commedia che dovrebbe entrare, e rimanerci, nel repertorio delle compagnie di giro e degli Stabili, ammesso che le une e gli altri si risolvano ad avere un repertorio; e non soltanto una commedia da riprendere ogni dieci anni, come in questo caso: l'ultima edizione, con la compagnia Pagnani-Villi-Ferzetti-Foà e la regìa di Mario Ferrerò, risale al 1957. Più smaliziati dei loro nonni, gli spettatori d'oggi non hanno difficoltà a immaginare, già dal titolo, quale sia la. professione di questa popolana arricchitasi, prima vendendo sé poi altre disgraziate in alcune case di malaffare di grandi città europee. Ma Shaw. si sa, non tanto se la prende con lei, quanto con la società che l'ha spinta a fare quello che ha fatto, che ipocritamente la condanna, ma che anche s'ingrassa — con il personaggio emblematico di Sir George Croft — sul suo lavoro. E alla signora Warren contrappone la figlia Vivie, che la madre ha fatto educare nei migliori collegi inglesi e che ignora gli infami commerci a cui deve la propria agiatezza. Almeno ino a quando non le aprono gli occhi la madre stessa e più crudamente, per vendicarsi di essere stato respinto, il turpe Croft. Nel contrasto tra madre e figlia, oltre che nella vivace e corrosiva polemica sociale, sta la molla di questa commedia «sgradevole», come l'ha chiamata lo stesso autore, perché vuole costringere il pubblico a guardare in faccia un'ingrata realtà. Dissidio insanabile, che non ha ragionevoli sbocchi se non quello che la signora Warren rimanga attaccata alla sua professione come un'ostrica al guscio, e che Vivie rinunci a lei e al suo patrimonio, e un po' più misteriosamente anche all'amore, per prendere il sentiero di una rigida virtù e di un austero sacrificio. Caduti i motivi di scandalo per i quali, anche se può suonare incredibile ai nostri orecchi assuefatti a più scabrosi argomeìiti e a più sboccati linguaggi, il censore inglese credette di dover proibire, sino al 192!,, le rappresentazioni pubbliche, la commedia rimane incentrata su un dissidio tra vizio e virtù che neppure l'amore materno riesce a sciogliere. E qui il vizio ha tratti più alletti.nti della virtù quasi che Shaw. nel suo rosseggiante puritanesimo, si fosse servito dei residui vittoriani per gelare il sangue nelle vene di Vivie. Si vuole ripetere cioè, come altri hanno già osservato, che la simpatia e il calore umano stanno quasi tutti dalla parte della signora Warren. Insomma è lo stesso Shaw, sia pure per necessità didascaliche (viene da pensare a certi ambigui protagonisti brechtiani), a spostare l'attenzione dalla figlia alla madre. Non meraviglia quindi che le nostre attrici, dalla Pavlova alla Ferrati, dalla Merlini alla Pagnani (ma non Emma Gramatica che s'impuntò a impersonare Vivie) l'abbiano seguito su questa strada. Ed ora anche Laura Adani spianandole il cammino la regia, scarna ed essenziale, di Roberto Guicciardini, come si è notato nel finale dove il sipario si chiude sul brusco congedo della signora Warren dalla figlia, anzi che attendere che costei, tornata alla sua scrivania, si guardi intorno soddisfatta, stracci senza rimpianto il biglietto lasciatole dall'innamorato, e si rimetta con energia al lavoro. Laura Adani, che è ammirevole per la costanza e l'impegno con cui in questi anni — dalla Winnie dì Giorni felici alla Medea dell'Alvaro — ha affrontato parti ardue e diversissime, dà al personaggio della signora Warren quel tanto di volgarità che è necessario, senza sottolineature burlesche o compiacimenti patetici che lo renderebbero insopportabile. Niente maniera, dunque, caso mai eccellente mestiere; e niente esteriorità, diversamente dalla sua antagonista (Ada Maria Serra Zanetti, impetuosa e puntigliosa) alla quale inoltre la dizione non ancora del tutto perfetta impedisce, come la mimica rudimentale al promettente Ruggero Miti, di far brillare le [qualità che ora s'intravve,doj10 iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiia Ma anche questi due giovani attori, come il pacato Elio Zamuto. concorrono al buon esito di uno spettacolo, che nella sobria cornice scenografica di Franco Lamenti (di cui sono anche i costumi primo Novecento), è allestito con decoro e con rigore E dove si rivede con piacere un attore della serietà di Renzo Giovampietro, intonato come suole nell'odioso personaggio di Croft. e della piacevolezza di Carlo Bagno, anch'essi festeggiati con i loro compagni a lungo e con calore da un pubblico schiettamente divertito. Da stasera le repliche, e non date retta a chi vi dice che Shaw è superato, che è un vecchio noioso. Ce ne fossero di commedie così ben costruite e, in tempi di teatro misogino come il nostro, così traboccanti di simpatìa e di comprensione per la donna. a. bl.