Il bandito Paolo Caso sorpreso da 4 civili lotta, spara, ne ferisce 2 ma viene catturato di Remo Lugli

Il bandito Paolo Caso sorpreso da 4 civili lotta, spara, ne ferisce 2 ma viene catturato Assicurato alla giustizia ad Ancona un altro pericoloso assassino Il bandito Paolo Caso sorpreso da 4 civili lotta, spara, ne ferisce 2 ma viene catturato Era ricercato dai 2 febbraio scorso per aver ucciso un appuntato di polizia e ferito due guardie - La notte scorsa è rubando la radio sull'auto di un industriale romano - Quest'ultimo e i tre suoi amici (un avvocato e due fratelli di trovarsi di fronte al feroce malvivente, lo fanno salire in macchina per portarlo in Questura - Il fuorilegge estrae la colpiti l'avvocato e un altro dei civili - Dopo una drammatica colluttazione, durata dieci minuti, viene immobilizzato stato colto mentre stava Ancona) non sapendo di rivoltella e apre il fuoco: e consegnato agli agenti (Dal nostro inviato speciale) Ancona, 9 marzo. Il bandito Paolo Caso, di 43 anni, da Ururi (Campobasso), che il 2 febbraio scorso, in uno scontro a fuoco con una pattuglia della polizia alla periferia di Campobasso uccise un appuntato e feri due guardie, è stato catturato stanotte da Quattro civili che lo avevano sorpreso a rubare in una automobile. L'episodio è stato altamente drammatico perché il Caso ha agito come l'altra volta, con ferocia, sparando all'impazzata. La lotta per disarmarlo e immobilizzarlo è durata dieci minuti e due dei quattro coraggiosi anconitani sono rimasti feriti, per fortuna non gravemente. Raccontiamo i fatti di stanotte. Alle due e tre Quarti, nella sona del Passetto, alla periferia della città, camminano chiacchierando l'avv. Livio Bonci, di 89 anni, residen¬ te a Osimo (Ancona), Paolo Pierpaoli, di 26 anni, pure di Osimo, suo fratello Giovanni di 30 anni, abitante ad Ancona in via Scritna e Cesare Romagnoli, di 45 anni, residente armeggiando per smontare l'autoradio. Indossa un giubbotto, ha calzato in testa un berretto. Non si scompone molto per essere stato scoperto. « Scusate — dice — vole¬ ri Roma. Il Romagnoli, indù-,vo riposarmi, non so dove an Jtriale in materiali ferrosi, è venuto da Roma con la sua « Giulia > per parlare di affari con i fratelli Pierpaoli che hanno un laboratorio di infissi. Con loro c'è anche l'avvocato che è amico Ultimo dei due fratelli. Hanno cenato in un ristorante della zona, si sono intrattenuti in un bar-night e ora stanno dirigendosi verso la via Scrima dove, davanti all'abitazione di Giovanni Pierpaoli, hanno lasciato la « Giulia » del Romagnoli. Arrivano e si accorgono che la vettura ha un deflettore forzato e lo sportello socchiuso. Lo aprono. Dentro c'è un uomo, rannicchiato davanti al |sediie anteriore destro, che sta dare a dormire ». Gli contestano che stava rubando e lui nega. L'avv. Bonci gli chiede i documenti e lui tira fuori una carta d'identità che risulterà poi falsa. « Deve seguirci in questura », dice l'avvocato e lo fa scendere di macchina tenendolo però ben stretto per un braccio. « No, no — incomincia ad implorare l'uomo r— non fatemi del male, sono padre di cinque figli, non dovete rovinarmi ». Ma i quattro sono decisi. Lo fanno salire sui sedili posteriori, tra l'avvocato e Paolo Pierpaoli, mentre il Romagnoli sì mette al posto di guida e Giovanni Pierpaoli si siede al suo fianco. La strada è illuminata da una fioca luce, l'interno della vettura è al buio perché gli sportelli sono già chiusi; l'industriale sta per mettere in moto. Ma il bandito ha già estratto la pistola — una Beretta cali bro 7,65 — senza che nessuno se ne sia accorto. Spara il primo colpo in direzione di Paolo Pierpaoli: il proiettile gli sfiora il naso. Da questo momento ha inizio una lotta furibonda che dura dieci minuti. Le mani dei quattro amici si avventano sulla mano destra del bandito per cercare di strappargli l'arma. Lui intanto scalcia, dà gomitate, cerca di uscire dall'automobile che- si è tramutata in trappola. Racconta l'avvocato dal suo letto d'ospedale dove gli hanno appeso il braccio sinistro a una staffa metallica: « Lui cercava di puntare la rivoltella contro di noi e noi disperatamente tentavamo di spostare la canna verso il tetto della "Giulia". Il secondo colpo è stato per me: mi ha raggiunto al braccio sinistro. Sul momento non me ne sono neanche accorto, poi ho sentito il caldo dei sangue e una fitta; in breve il dolore si è fatto acuto, non potevo più adoperare il braccio, ma ho continuato a lottare con l'altro, era in gioco una posta troppo grossa, la vita per tutti noi ». Il Romagnoli intanto apre il suo sportello per far accendere la luce. Un altro colpo, sparato nella direzione del sedile anteriore destro, va a raggiungere all'addome Giovanni Pierpaoli, che era girato indietro. Un gemito e il giovane esce dalla vettura. Si lamenta ma non sviene, anzi, dopo meno di un minuto, torna al sita posto a continuare la battaglia ingaggiata con il bandito. I tre spari hanno svegliato parecchia gente del popoloso quartiere. Si a/irono finestre, qualcuno si affaccia, vedono la «Giulia» con gli sportelli aperti, sentono gemiti, imprecazioni. Il bandito Paolo Caso, ferito alla testa durante la movimentata cattura, è accompagnato in carcere dopo essere stato medicato all'ospedale di Ancona (Tel. Moisio) ma nessuno scende, hanno paura. Un quarto sparo e poi ancora un altro, ma fortunatamente i proiettili vanno a vuoto, perforano il tetto. L'avv. Bonci esce dalla macchina e dall'esterno si mette a picchiare pugni sulla testa del bandito, con tutta la forza possibile, cerca di graffiarlo in faccia, negli occhi, ma lui si difende con la bocca, riesce ad afferrargli il dito indice della mano destra e gli dà un morso terribile. I quattro uomini sono esausti, temono di essere sopraffatti, ma non lasciano la presa, anche perché pensano che se liberano la mano del bandito egli è capace di uccidere tutti, uno per uno. Sono passati quasi dieci minuti, il Ho magnali si accorge che sul pavimento ci sono le pinze die il ladro stava usando per smontare la radio, le afferra, si gira, gli vibra con l'utensile due colpi in testa. Il bandito è tramortito, per qualche attimo perde le forze. I quattro riescono ad aprirgli la mano e a strappargli la rivoltella. Hanno vinto. Lo trascinano fuori, lo fanno mettere in piedi con il mento posato al tetto della vettura, le mani in alto; il Romagnoli gli punta la rivoltella alla schiena: « Se ti muovi sparo », gli intima. Ora i due feriti si abbandonano al dolore, gemono. Ma finalmente è sceso un inquilino, li carica su un'automobile e li porta all'ospedale. A bada del Caso restano il Romagnoli e Paolo Pierpaoli. « Telefonate alla questura » grida l'industriale alle persone che sono affacciate alla finestra. C'è da aspettare un'altra decina di minuti e intanto l'industriale, per intimorire il bandito, spara, intervallati, tre colpi di rivoltella. Arriva una pattuglia radiomobile, il bandito viene caricato, portato all'ospedale perché gli cola il sangue dalla ferita che ha riportato per i colpi di pinza e ha la faccia tumefatta dai pugni che gli hanno dato i quattro nella lunga lotta. Si pensa die sia un volgare ladruncolo di auto, poi si scopre che è Paolo Caso. Era irriconoscibile: la foto segnaletica che era stata diramata a tutte le questure dopo il delitto di Campobasso lo presentava con i baffettl e i folti capelli neri. Qui è senza baffi e rapato. Comunque, messo alle strette, confessa la sua vera identità. All'ospedale, Giovanni Pierpaoli viene ricoverato nella sezione chirurgica con prognosi riservata: il proiettile gli ha perforato l'addome, ma non. ha leso parti vitali. Nel pomeriggio il malato viene sottoposto a intervento per estrazione del piombo e le sue condizioni migliorano sensibilmente. L'avv. Bonci, ricoverato in ortopedia, ha riportato la frattura dell'avambraccio e una ferita da morso a un dito. Anche a lui è stalo estratto il proiettile. Entrambi i feriti sono assistiti dalle mogli. Pierpaoli ha una bambina di 8 mesi; l'avv. Bonci ne ha due, una di 7 mesi e una di 13. Nella tarda mattinata si sono recati ai loro capezzali il prefetto, dott. Cappuccio, e il questore, dott. Lacquaniti, i quali gli hanno manifestato il loro plauso per la loro coraggiosa azione e l'augurio di una pronta guarigione. Il prefetto, oggi stesso, ha inviato al ministro Taviani la proposta di decorare con medaglia d'argento al valore civile le quattro persone che sono riuscite a catturare il pericoloso bandito. Paolo Caso è stalo trasferito in carcere alle 9,30, dopo la medicazione e l'interrogatorio da parte del dott. Casazza, capo della Squadra Mobile. In una tasca cucita all'interno di un indumento intimo gli sono state trovate 300 mila lire in banconote da diecimila, e lo scontrino di una valigia che aveva depositato alla stazione. La valigia, prelevata dalla polizia, conteneva vestiti e alcune radio. Per i fatti odierni il Caso verrà denunciata j.jfer quadruplice tentato omicidio e rapina impropria (il tentato furto della radio con Fuso della pistola). Ma su di lui pesa già la gravissima accusa di omicidio nella persona dell'appuntato della polizia Nicola Mignogna, e di tentato omicidio del brigadiere Giovanni Paduano e della guardia Ignazio Cammisano. Il delitto, come si è già detto, lo commise la notte tra il 2 e il 3 febbraio. Era ricercato per furto e si imbatté in un posto di blocco che era stato istituito alla periferia di Campobasso per le ricerche del Cimino. Alla richiesta dei documenti egli estrasse la pistola e la puntò al poliziotti, essi però riuscirono a disarmano senza tuttavia poterlo arrestare. Inseguito, il Caso si rifugiò in un cantiere edile. Gli agenti si accostarono al suo nascondiglio senza paura perché gli avevano appena prelevata la rivoltella. Ma lui ne estrasse un'altra e sparò dieci colpi uccidendo il Mignogna e ferendo gli altri due. Scappò senza più lasciare tracce. Ora si è potuto ricostruire quello che fece da allora. Nella sparatoria con gli agenti era rimasto ferito a un'anca. La notte stessa del delitto raggiunse l'abitato di lelsi e di qui si fece portare a Foggia con un taxi. A Foggia comperò una buona scorta di pane e salame e andò a rifugiarsi in una casa abbandonata per attendere che la ferita si rimarginasse. Dopo una sosta di cinque giorni andò a piedi fino a Benevento e di qui a Napoli In treno pagando il biglietto in carrozza per non doversi presentare agli sportelli dove avrebbero potuto riconoscerlo. A Napoli, vicino all'aeroporto di Capodichino, andò a dissotterrare un sacchetto contenente una pistola (la stessa che ha usato stanotte) e .',00 mila lire, che aveva sotterrate parecchi mesi fa, prima di trascorrere un periodo in carcere (è stato dimesso recentemente, con l'amnistia). Si trasferi quindi a Pescnra e di Ti ad Ancona. Remo Lugli