Goethe in Italia

Goethe in Italia GLI APPUNTI IGNOTI PER IL «VIAGGIO » Goethe in Italia La conclusione del Viaggio in Italia è rapida, quasi brusca. Goethe è consapevole che non tornerà più a Roma. Si aggira per la città di notte, la ripercorre sotto la luna piena imprime nella mente le grandi masse d'ombra alternate a una luce quasi diurna e non può a meno di rammentare l'elegia di Ovidio, che in esilio rievoca la notte argentea degli addii. « Ripetetti quei distici, che in parte mi rifiorirono spon tanei alla memoria, ma che in realtà intralciarono e incepparono la mia vena poetica: la quale, anche più tardi rievocata, non mi rispose mai più » Da un abbozzo scritto dodici anni prima che il Viaggio si chiudesse con queste parole, sappiamo che il congedo dal l'Italia avrebbe dovuto avere un carattere diverso: il senso dell'irrevocabilità sarebbe stato motivato e modulato, lo stra zio del distacco sarebbe dovuto essere come un « profumo delicato », respirato giorno e notte, mentre l'impressione di esiliarsi che il viaggiatore provava, allontanandosi da Roma, riaccendeva l'ispirazione del Tasso. L'opera avrebbe trovato la sua conclusione nel castello di Belvedere, presso Weimar, che per tante ragioni richiamava al poeta l'Italia. Questa striscia di carta d'un celeste sbiadito, lunga e stretta, con non più di due o tre parole per riga scritte d'impeto, con caratteri grandi, chiari, inclinati, è stato uno dei documenti che mi hanno procurato un'emozione più intensa. Quando Goethe scriveva quelle parole, erano trascorsi trent'anni dal suo soggiorno romano: ma la pena dell'allontanamento, la difficoltà nella ricerca di un nuovo equilibrio sembrano emanare fisicamente da esse, fanno sentire la presenza di un conflitto forse mai del tutto sanato. Nella versione definitiva del Viaggio, non viene svolto nessuno dei motivi toccati nell'abbozzo: la grande esperienza si chiude con l'addio all'Urbe. Goethe lasciò l'Italia il 30 maggio del 1788, più di un mese dopo il congedo da Roma; e. durante quelle settimane visitò città che non aveva toccato o aveva trascurato durante l'andata. Sappiamo poco, quasi nulla sul ritorno in Germania: quanto ci dicono tre lettere, una da Firenze e due da Milano, pochi appunti di contabilità, qualche indicazione di calendario, fino al momento in cui il poeta passa lo Spluga; non molto di più dopo. Ma ora qualche cosa s'è aggiunto a quelle notizie. Un taccuino pubblicato di recente a Weimar dalla Goethe Gesellschaft (Ein Notizhejt Goethes von 1788, Bòhlau Verlag, Weimar), pure nella sua esiguità, fornisce clementi tutt'altro che trascurabili per conoscere le settimane su cui l'autore di Faust preferì tacere. * * Come avverte la curatrice del testo, Lieselotte Blumenthal, il taccuino dell'88 non può dirsi inedito: le sue annotazioni si possono rintracciare sparse in sette volumi della maggiore edizione goethiana; Ma a parte gli errori di lettura corretti e l'integrazione di lacune, per la prima volta il libriccino viene ora pubblicato nella sua integrità, permettendo di considerarne il carattere di unicum. Il quadernetto fu formato piegando e ripiegando un foglio di carta rigata. Goethe se ne servì come promemoria, per indirizzi di conoscenti, elenchi di opere, in genere pitture, che lo avevano colpito, osservazioni naturalistiche, versi del Tasso, appunti per il Màster e per Faust, notizie di natura personale. Comincia a scrivere a penna, con caratteri riposati; continua a matita, in fretta, magari per ricalcare di nuovo a penna il mal scritto; spesso, come d'abitudine, alle parole fa seguire schizzi, disegni. Le pagine non vengono adoperate una dopo l'altra. Non è facile sapere quando e dove molti appunti furono scritti; ma la Blumenthal, con pazienza e ingegnosità, richiamandosi a un libriccino delle spese, anch'esso conservato, a passi di lettere, a testimonianze di terzi, riesce il più delle volte a ricostruire l'origine di un'annotazione. Siena, Firenze, Bologna, Modena, Parma, Milano, furono sicuramente luoghi di sosta, a volte anche lunga: do¬ dici giorni a Firenze, quattro a Bologna, una settimana a Mi lano. * * Dove furono scritti (a ma tita, in caratteri minuti, di traverso sulla pagina, per avere più spazio) dieci versi del Tasso} Nel giardino di Boboli o nel parco di Modena, allora dominio estense, legato a memorie tassesche? E dove le osservazioni di morfologia vegetale, che preludono alla dottrina della metamorfosi e a quella della pianta originaria? Perché lo interessò Andrea Tendi, un oscuro pittore conosciuto in uno studio di Borgo Pinti, a Firenze? Non è escluso che una volta o l'altra la ricerca erudita risponda a queste domande. Ma l'interesse maggiore del libretto va cercato altrove, in una serie di note che non dovevano essere svolte o passare in nessuna opera. Il poeta si appresta a tornare, dopo un'assenza di quasi due anni, nella sua casa, al suo lavoro, ad abitudini ormai stabilite. La libertà che ha conosciuto in Italia, sollevato da ogni responsabilità, la dolcezza del clima meridionale, gli rendono duro quel rientro, che sente decisivo per il suo destino. Riflette su quella che sa¬ rà la sua vita a venire, e for mula propositi, vuol fissare i princìpi dell'esistenza che di lì a poco affronterà. Gli appunti consegnati al taccuino fanno sentire, nella loro concisione, quanto a fondo fosse scesa l'esperienza italiana, quale potere discriminante avesse avuto: 1) Condizione dell'esistenza in generale; 2) Nascondere lo stato d'animo presente;!,) Contenersi davanti alle epoche; 4) Contenersi nei momenti, aggiungi lentezza d'Italia; 5) Non parlare dell'Italia come termine di paragone; 6) Non dell'arte in astratto; 7) Leggere sempre qualche cosa; 8) Informarsi a proposito di ogni circostanza; 9) Continuare le mie opere; 10) Ordinare le carte sparse; 11) Non renderti indispensabile a nessuno; 12) Riconosci l'esistenza di ciascheduno; 13) Occasione e risolutezza; 14) Nunziatura; 15) Non duro né reciso. Cogliere il momento. Approfittare della biblioteca. Le regole fondamentali della vita weimariana sono gettate: ad esse si sarebbero attenuti l'uomo maturo e il vegliardo. Ancora sul suolo italiano, Goethe considera la sua vita come su un altro versante. Giorgio Zampa