«E' proprio brutta» diceva Verdi della sua «Alzira»

«E' proprio brutta» diceva Verdi della sua «Alzira» «E' proprio brutta» diceva Verdi della sua «Alzira» L'opera in. scena domani sera a Roma dopo un secolo di oblio - Il fiasco della prima rappresentazione napoletana Viene ripreso domani aera a Roma, al Teatro dell'Opera, un melodramma giovanile di Giuseppe Verdi, < Alzira », dimenticato da oltre un secolo. Dirige il maestro Capuana, protagonista Virginia Zeanl con 11 tenore Gianfranco Cecchele e il baritono Cotnel Me Nelli. nuti. sonechpcIl Teatro dell'Opera, a Roma, inscena ora una fra le più obbliate opere, giovanili, s'intende, di Giuseppe Verdi, l'Alzira Si è proposto, verisimilmcnte, non di darle vita, ma di farla conoscere e nuovamente giudicare, com'è opportuno, per riguardo al grande artista. A parte la critica, il ritorno favorisce il ricordo delle condizioni del teatro' italiano nel primo Ottocento, e anche un più preciso tratteggio del carattere di lui e della sua facoltà autocritica. Nei comporta espressamente per il San Carlo, dove fu rappresentata il iz agosto 1845, Verdi sostò circa due mesi a Napoli, raccolse impressioni del pubblico, fu avversato da rivali specialmente meridionali, frequentò pittori, scrittori e scrittorelli. A proposito di giornalisti è da notare che, mancando allora nei quotidiani una qualsiasi rubrica di critica o di cronaca musicale, alcuni fogli di minor formato soddisfacevano, più o meno, la curiosità dei frequentatori dei teatri. Erano raccoltine di pettegolezzi vaganti fra le quinte dei teatri stessi o i tavolini dei caffè. Nell'occasione dctt'Alzira sono pertanto da ricordare due pare ri, che risentono d'una dovero sa cortesia e di una franca stima. Uno apparve fra gli astcri schi mondani dell'Omnibus, diretto da Vincenzo Torelli, il padre del commediografo Achille. Riferendo della prima recita, il Torelli constatava che la Sinfonia, tanto indifferente al carattere di quel melodramma, era stata' esageratamente applaudita dai sostenitori del musicista, e ciò aveva provocato le proteste d'una schiera di non benevoli ascoltatori. Eccettuate le cabalette delle maggiori arie, gli altri pezzi erano stati freddamente accolti. Riferiva anche la voce corsa intorno allo scarso numero dei pezzi corali; tale esiguità sarebbe stata consigliata dal poco gradimento-appunto dei cori, da parte degli spettatori napoletani. « Durante le quattro repliche, fischi ed altri segni rU disapprovazione crebbero, frequenti e intensi ». Il Torelli, con eludendo, deplorava la troppo fluente pènna del Bussetano. c Nessun talento è capace di .produrre due o .tre grandi opere in un anno». Dal suo canto l'amico, caro e fedele, Opprandino Arrivabene inviò alla Gazzetta Musicale di Milano una corrispondenza: «.La Sinfonia serba il doppio carattere selvaggiamente guerriero ed amoroso che informa il dramma. Parve nuova nella' sua forma e fu applauditissima... Tra gli applausi ■ terminò quest'opera, che è brevissima, della quale, giova ripeterlo, molte bellezze io credo dovessero passare inosservate, perché sono di un lavoro minuto, che arduo riesce cogliere al primo istante. Ad ogni modo il Verdi, venuto qui ricco di bella fama e non già di commendatizie e aderenze, ha ottenuto, anche con questo lavoro, un'accoglienza che molti gli possono invidiare ». Del libretto, che il Cammarano aveva rratto dall' Alzira ou Les Américains di Voltaire Sfrondato dagli clementi religiosi, e ridotto a episodi di selvaggi scontri fra tribù perù viane, il libretto era stato più volte lodato da Verdi per l'intreccio e i «bellissimi versi». Val la pena di registrare alcuni pettegolezzi che lo stesso Verdi tramandò: «... perché far mi un carico o perché andavo a un gran caffè, o perché era al balcone della Tadolini, o per che avevo le scarpe color chiaro piuttosto che nere, e mille altre piccolezze non degne certamente di un grave pubblico né d'una grande città? ». Egli poteva vantarsi di non aver « mai detto una parola a giornalista, mai pregato un amico, mai fatto la corte al ricco, per aver un esito». Insomma egli distingueva nettamente i napoletani in due classi: «una parte è cosi rozza che bisogna bastonarla per farsi rispettare-, l'altra ti accerchia con una tempesta di gentilezze da farti morire asfittico. Io, per dire la verità, non posso esserne che contento, perché fin gli impresari, (che è tutto dire), sono meco gentili ». Scorrere le collezioni dei giornaletti teatrali è divertente, e, per la storia del costume, inte ressante. Ma non basta una pur troceFrBicociavein I / sosteporadeveloseRfiavatepupoSaE/ tahdraè a I cBcRARC/ fistseaosetimstatonstr numerosa antologia di articolet- rti. Oltre le stampe settimanali csono innumerevoli le miscelili- vnee manoscritte, serbate in ar- rchivi privati e pubblici. Ecco mpcr esempio una ilastrocca con- rtro Verdi, che un assiduo ricercatore di documenti, il caro Franco Schlitzer, pescò', nella Biblioteca di Storia moderna e contemporanea a Roma. Comincia ricordando la rivelazione verdiana nelle sue primizie: «Tu in prima scrivesti il Nabucco, I E gli astanti rimaser di stucco; / / Lombardi scrivesti in appresso / Si restò press'a poco lo stesso ». Una balorda licenza poetica (o indegnissima ignoranza) spicca nella citazione deWErnani: «Tu per terzo scrivesti gli Ernani, I E cessò quello batter di mani ». Ed ecco la serie nera: «/ due Foicari in Roma scrivesti. / Ti ricordi che fiasco facesti? / A Milano Giovanna fu data, / E ben due volte fu spenta e bruciata ». Neppure il fiumicello Sebcto sopportò l'ingiuria dell' Alzira. « A San Carlo scrivesti l'Alzira, I E- il Sebeto, sbuffando dall'ira, / Così disse: Chi è mai lo sfrontato / Che a San Carlo \'Alzira ha portato? ». Occorreva procedere ai confronti, ed ceco una rassegna di illustrissimi: « Forse è ignoto all'ardito mortale / Che a San Carlo si fa La , Vestale, I Che a San.Carlo vi scrive PaciniM/ Che rapì coi suoi canti Bellini? ». Un profilo di Verdi: « Che creda con barba e mustacci / Ritirarsi così dagli impacci? / A San Carlo si vuol melodia, / Regolata con grande armonia. / Ci vuol canto che sia declamato. / Non cantacelo da perdervi il fiato ». Per finire, un parere dello stesso Verdi, prima della presentazione: « Non saprei dare alcun giudizio di questa mia opera, perché l'ho fatta quasi senza accorgermene e senza fatica: per cui, .se anche cadesse, me ne dorrebbe' pbco... 'Ma fiasco non farà. I cantanti la cantano volentieri, e qualcosa di tollerabile ci deve essere ». Non è singolare la confessio ne di Verdi? « L'ho fatta quasi senza accorgermene ». In un'altra occasione dichiarò « svenni rata » l'Alzira, e annotò alcune c mancanze ». c II male è nelle viscere e, ritoccando, non si fa rebbe che peggio ». Dopo la pri ma scriveva: « Le mie prime se re sono non recite, ma battaglie: bisogna combattere i partiti, le prevenzioni e il diavolo che se li porti... Spero che in seguito piacerà di più e starà in repertorio chissà quanto rempo ». Non accadde cosi. Richiesto più tardi d'un giudizio, rispose «Quella è proprio brutta». Per che? E qui comincerebbe la cri dea dimostrativa. A. Della Corte

Luoghi citati: Milano, Napoli, Roma, San.