Quest'anno: 1165 miliardi sono un disavanzo record

Quest'anno: 1165 miliardi sono un disavanzo record IO STATO SPENDE TROPPO Quest'anno: 1165 miliardi sono un disavanzo record Operatori economici, lavoratori, risparmiatori, consumatori, tutti si augurano che la ripresa economica degli ultimi mesi abbia a consolidarsi, meglio ad estendersi e dilatarsi in modo armonico in tutti i settori. Però la ripresa produttiva, pur costituendo l'indispensabile base di partenza, non è sufficiente a ridare al paese quella tranquillità e prosperità che tutti da gran tempo auspichiamo. Oggi è estremamente preoccupante la situazione finanziaria, soprattutto per quanto riguarda la finanza dello Stato, che della finanza generale costituisce parte cospicua e determinante. I termini sono noti. Il preventivo per l'anno 1967 accusa entrate per 7786 miliardi, contro spese per 8951 miliardi, con un disavanzo di 1165 miliardi, sia pur tenendo conto di rimborso di prestiti per -*66 miliardi: è una cifra record nella lista dei disavanzi previsti in questo dopo-guerra. La preoccupazione di molti (e fra questi il ministro del Tesoro) aumenta se l'attenzione si concentra sulle spese correnti, sulle spese, cioè, che non hanno nessun corrispettivo quale investimento od altro miglioramento del patrimonio dello Stato. Esse sono salite nelle previsioni (ed il consuntivo sarà indubbiamente più pesante) a miliardi 7230, contro miliardi 6321 previsti per il 1966: un incremento del 14^, contro un incremento previsto del reddito nazionale nella misura del 5??, in termini reali, e dell'8% in termini monetari. Sulla scià di quanto già successo negli esercizi precedenti, l'incremento delle spese correnti è largamente superiore all'incremento del reddito nazionale, con tutti i preoccupanti squilibrii che ne conseguono. Giova ancora osservare che nelle spese correnti non sono comprese le opere pubbliche — cioè gli investi menti non direttamente prò duttivi, anche se utili — mentre lo erano nelle spese effettive prima della legge 1" marzo 1964 sulla riforma del bilancio: innovazione che la dottrina approva, ma che rendè perplessi molti fra coloro i quali temono una finanza adagiata in mo do morbido su nuovi criteri di classificazione contabile Ben maggiore sarebbe stato l'ammontare previsto delle spese effettive del 1967 qualora si fossero ancora seguiti i tradizionali — an che se piuttosto severi — criteri di classificazione. E' necessario tenerne conto per le comparazioni fra esercizi anteriori e posteriori al 1964 * * Nell'irrefrenabile dilatazione delle spese correnti è il nodo centrale delle allarmate previsioni circa il futuro andamento della pubblica finanza. La dilatazione si è verificata e si verifica in termini assolutamente contrastanti con le direttive del piano quinquennale, che minaccia di essere travolto da un impiego di risorse in consumi ben superiore a quello voluto nel rapporto fra consumi ed investimenti. Valga una sola fra le diverse constatazioni che si potrebbero fare. Per il finanziamento degli investi menti, il piano prevede, in media, mille miliardi annui di risparmio pubblico, cioè di eccedenza delle entrate effettive sulle spese correnti della pubblica ammini strazione (Stato ed enti mi nori). Orbene il preventivo 1967 prevede un < risparmio » di 487 miliardi, ciò che già sconvolge l'attesa dei mille miliardi, dato che gli enti minori nel loro complesso (Regioni, Province, Comuni, enti assistenziali e previdenziali) non soltanto non risparmiano, ma chiedono aiuti per coprire i loro disavanzi. Ma neppure i 487 miliardi si potranno realizzare, date le molte richieste e rivendicazioni sul tappeto. Non si dimentichi chvtosivsdfelatinsvzssscdcladlivgdvtdppvarnvvspBnclttnddczarpfmzfcnqp che, per il 1966, si era previsto un riparmio dello Stato di 703 miliardi, che non si verificò affatto per le travolgenti pressioni delle spese correnti. Non è certamente colpa del governo, o — se si preferisce — soltanto in parte la colpa può esser- addebitata al governo. Tutti sono, in modo e grado diversi, responsabili: Parlamento, governo, sindacati, organizzazioni di categoria. Se un sommesso appunto è lecito, si potrebbe osservare che sorpresero nel passato al cune ripetute dichiarazioni di sedi molto qualificate, secondo cui la dilatazione della spesa pubblica corrispondeva all'esigenza di una politica anticongiunturale, ri volta a superare la crisi de gli anni scorsi. L'analisi della dilatazione nelle di verse voci dimostra che soltanto in modesta parte la dilatazione drivò da consa pevole volontà del governo per parte assai maggiore venne subita nel quadro di agitazioni e rivendicazioni, rispetto a cui i ministri finanziari non sempre ricevettero l'appoggio a.cui avrebberò av"*'- "f o. * * Il contenimento delle spese correnti non è ispirato a posizioni di sordità sociale: esso è nella logica del Piano presentato colla firma di un autorevole ministro socialista ed elaborato da esperti notoriamente più vicini all'ideologia socialista che non ad altre ideologie. Il disordinato ed allarmante aumento delle spese correnti porta la mano pubblica non soltanto ad assorbire tutto il gettito della pesante pressione fiscale, ma a prelevare sul mercato larghe aliquote di risparmio, oggi piuttosto striminzito, destinato a finanziare gli investimenti pubblici e privati: cosicché o gli investimenti si ridurrebbero, o si cadrebbe nel vuoto inflazionistico. Lo squilibrato aumento delle spese correnti dello Stato, dovuto in massima parte a maggiori oneri per il pubblico impiego, porta inoltre a sperequazioni retributive entro il mondo del lavoro, anche esse contrastanti collo spirito del Piano. In sede governativa, i mi nistri finanziari ripetuta mente si sono impegnati, con pubbliche dichiarazioni, per una politica di contenimento ed è doveroso sperare (anche se qualche dubbio esiste) che tutto il governo sia solidale in tal senso. Ma,, priunti a questo punto, sono leciti alcuni in terrogativi : — H governo e la maggioranza parlamentare han no la forza sufficiente per far accettare tale doverosa politica? — Se qualche dubbio esiste, guardando all'esperien za del passato, è davvero « laudabil cosa » continua re a credere nella realizza bilità del Piano quinquen naie, che pur sarebbe neces sario applicare nelle sue di rettive, nei suoi principi di base? — Se dubbi esistono (e non sarebbe onesto negar li), che significato ha riaffermare la certezza di un volume di investimenti di cui sarebbe impossibile il finanziamento senza cadere nell'inflazione? — Oppure si ritiene che tutto possa risolversi sul piano di « leggeri slittamenti monetari » più o me no mascherati? Sono gli interrogativi (ed altri potrebbero aggiungersi) che discendono dalla pre occupazione di salvaguarda re l'avvenire economico « sociale del Paese, e dal de siderio di vedere coronati da successo gli sforzi del governo diretti a riportare la nazione a tempi più felici. . Giuseppe Pella

Persone citate: Giuseppe Pella