II distacco tecnologico dei Sei dall'America è di uomini e di scuole, non solo di mezzi

II distacco tecnologico dei Sei dall'America è di uomini e di scuole, non solo di mezzi L'INFERIORITÀ, PRAVE OGGI, POTREBBE DIVENTARE CATASTROFICA II distacco tecnologico dei Sei dall'America è di uomini e di scuole, non solo di mezzi L'Europa del Mec ha quasi la stessa popolazione degli Stati Uniti e della Russia, ma appena un terzo dei tecnici e ricercatori russi ed americani - Le Università dei Sei licenziano ogni anno 25 mila diplomati di facoltà tecniche e scientifiche; quelle dell'Urss 130 mila, quelle americane 80 mila (però il confronto tra il valore delle lauree è difficile) - Il distacco è nella quantità, ma anche nella qualità; e molti dei migliori ingegni europei emigrano oltre Oceano - Non sono spinti solo dal maggior guadagno; li attraggono l'abbondanza e la ricchezza dei laboratori - L'Università europea è eccellente, ed insieme superata nello spirito e nei mètodi (Dal nostro inviato speciale) Bruxelles, febbraio. Il problema del distacco tecnologico dell'Europa nei confronti delle altre grandi aree mondiali non è soltan- to economico: per non perdere altro terreno nella sempre più rapida corsa al progresso, occorrono, insieme ad un maggiore sforzo finanziario pubblico' e privato, gli uomini per realizzarlo. I giovani ricercatori inglesi o tedeschi o olandesi sono sempre più attratti dalle prospettive di lavoro oltreatlantico: «Il valore della materia grigia fuggita negli Stati Uniti — scriue sul New York Times Sir Gregory Henderson — supera quello di tutto l'aiuto americano all'estero dal '49 in poi». E' vero, conferma con brutale franchezza Time: «Perché 1 tecnici di Gran Bretagna non dovrebbero fuggire dalla loro land of disincentives dove gli stipendi non arrivano alla metà degli americani e sono decurtati dall'income tace del cinquanta e più per cento? ». E' una impostazione non sbagliata ma non completa: le differenze di paga hanno il loro peso ma, specie per i giovani ricercatori, contano le possibilità di lavorare con maggiori e migliori mezzi, disponibili negli Stati Uniti grazie agli enormi investimenti pubblici e privati. Le cifre non sembrano a prima vista giustificare l'allarme; il brain drain, la fuga dei cervelli, non coinvolgerebbe che il due o tre per cento all'anno degli scienziati e tecnici europei. Il pericolo, avvertono invece gli esperti, è effettivamente grave perché di giorno in giorno il fenomeno si accentua e prende particolare rilievo nei settori a tecnologia più avanzata che sempre più condizionano il progresso, come l'elettronico, l'aerospaziale, il nucleare. E, soprattutto, qualsiasi emorragia, anche se quantitativamente modesta, indebolisce in maniera davvero allarmante le sparute schiere europee dei ricercatori e di coloro che si apprestano à diventarlo.' "~~ Con una popolazione (centottanta milioni di abitanti) di poco inferiore agli Stati Uniti ' (centonovanta) o all'Unione Sovietica (duecentoventicinque), i sei paesi del Mec non arrivano tutti insieme ad un terzo dei ricercatori dei soli americani o dei soli sovietici, t Questa condizione d'inferiorità sta aggravandosi di anno in anno, ad un ritmo sempre più rapido, in maniera sempre più drammatica»; è la conclusione di un documentatissimo studio che uno spe cialista francese, il prof. Raymond Poignant, ha ora portato a termine per inca rico degli organismi comunitari di Bruxelles. Dal «rapporto Poignant* a 1 n o o i o a n a o s citerò alcuni dati più significativi (rinunciando a tutte le riserve sull' equivalenza effettiva dei titoli di studio, sia per chiarezza sia perché non modificano le grandi linee del raffronto). Il primo quello relativo al numero globale annuo dei diplomati da istituti di insegnamento superiore (università): Mec 101.000; Unione Sovietica 31,5.000; Stati Uniti 1,50 mila. Siamo in assoluto a meno, ispettivamente, di un terzo e di un quarto. E se prendiamo la percentuale di coloro che arrivano al diplomain confronto alla massa dei loro coetanei, troviamo un I, y0 per il Mec, un 8,2 % per l'Unione Sovietica, un 19,61b per gli Stati Uniti. In proporzione, dunque, il distacco sì riduce ad una metà nei confronti dei russi, si aggira sempre su di un quarto in paragone agli americani. La vecchia e dotta Europa non ha troppi motivi di andare fiera oggi; ne ha molti per preoccuparsi a non lontana scadenza delle sorti stesse della sua cultura. Avverto per inciso che chi, alla ricerca di una residua supremazia almeno in un settore, cercasse di consolarsi col numero dei soli diplomati in lettere, filosofia, scienze sociali, economiche ecc., andrebbe incontro ad un' altra e più amara delusione: il Mec è sempre in coda (quarantamila all'anno), dietro — sia pur di poco — all'Unione Sovietica (cinquantamila), e col solito, puntuale distacco dagli Stati Uniti (più di duecentomila). Ma, per tornare al nostro tema, vediamo invece il numero di diplomati An discipline scientifiche e tecniche: Mec ss.dob, stati uniti so mila, | Unione , Sovietica 130 mila. Il distacco in assoluto dagli americani si aggira al solito tra un terzo ed un quarto, quello dai russi bai za a più di un quinto. Se si raffronta, come sopra, il numero del diplomati in con franto al totale dei loro eoe tanei, abbiamo un 1,1 To del Mec, un 3fi Ve degli Stati Uniti, un I, yB dell'Unione Sovietica. A passare dai corsi universitari ai post-uniuersitarf ad individuare tra 1 laureati i ricercatori veri e propri, il compito del raffronto si fa più difficile: il « rapporto Poignant » avanza l'ipotesi (definendola ottimistica,) che la formazione di questi « elementi di punta » avvenga attualmente ad un ritmo quadruplo negli Stati Uniti e doppio in Unione Sovietica nei confronti del Mec. Torna così ancora una volta a configurarsi il classico distacco quantitativo tra l'Europa ed i Grandi del mondo. Precisare « quantitativo », è giusto: ma senza farsi illusioni sulla nostra « qualità». Quando noi parliamo di distacco, gli americani si abbandonano al sarcasmo. Tipica la battuta dell'ex presidente di Harvard, J. B. Conant,- «La Germania ha il miglior sistema universitario del mondo (ma a considerarlo da un punto di vista ottocentesco) ». O quella della già citata Time del mese scorso: «In Gran Bretagna ed in Italia, ma soprattutto in Germania, solitari professori reggono a vita i loro istituti o dipartimenti universitari con poteri napoleonici, decìdendo a. loro arbitrio di carriere e di fondi finanziari, non rispondendo a nessuno, non cooperando con nessuno». Tono a parte, il francese prof. Poignant concorda con i critici d'Oltreatlantico: « Anche se si potessero ponderare i raffronti quantitativi con una valutazione della tradizionale " qualità " dell'istruzione superiore europea — sulla quale si ' rischia facilmente di farsi delle illusioni — il nostro ritardo risulterebbe sempre evidente». Ed ecco la conclusione del « rapporto europeo»: «La situazione dei paesi Mec, dal punto di vista del capitale umano altamente qualificato, è' cattiva oggi, sarà peggiore nel 1970 ed ancor più nel 1975». Così il dibattito sul tema, apparentemente oscuro e per iniziati, del technological gap, sui distacco europeo nella ricerca pura ed applicata, si rivela in tutta la sua drammatica importanza, anche per l'uomo della strada, nei suoi aspetti non solo economici ma anche politici ed umani. Dalla soluzione che sapremo dare al problema dipenderanno in gran parte il progresso dei popoli, la prosperità dei nostri figli. Alla vigilia del primo decennio dell'Europa a Sei, il bilancio non è consolante: positivo è solo il fatto che si cominci a prendere coscienza di- un preoccupante declino storico, al quale non fanno certo da freno anacronistiche velleità nazionalistiche. Ad esso potrà porre rimedio soltanto una sempre più vasta, efficiente unione di paesi e di uomini che vogliono lo stesso sistema di vita, che credono in una comune civiltà. Giovanni Gìovannini

Persone citate: Conant, Giovanni Gìovannini, Gregory Henderson, Raymond Poignant