I racconti-teatrino di Moravia narratore

I racconti-teatrino di Moravia narratore Variazioni sul tema della «inautenticità» I racconti-teatrino di Moravia narratore Le rapide novelle di «Una cosa è una cosa» hanno un fondo saggistico, e l'andamento di un gioco scenico vagamente surreale I racconti di Moravia un tempo (prcss'a poco fino al secondo dopoguerra) avevano ciascuno una sua misura, per lo più ampia, e, pur riallacciandosi ad una medesima tematica, e talvolta ripetendosi in certi particolari un po' stanchi, si presentavano con una loro netta individualità. Ma da che egli ha preso a scrivere racconti per un quotidiano, la misura è divenuta quella dell'* elzeviro » e anche i modi — a parte l'attenuazione dei motivi sessuali — si sono fatti più concentrati. Moravia stesso ebbe a paragonare i limiti imposti dall'elzeviro a quelli del sonetto per i poeti (quando l'usavano), rilevando tuttavia l'utilità della disciplina che ne deriva. Ma è anche vero che la frequente collaborazione al giornale lo ha portato sempre più a ricavare un seguito di variazioni da questo o quel filone della sua tematica, con il rischio di scrivere dei racconti in serie. E il filone di volta in volta prescelto appartiene, per così dire, all'area cui sta lavorando, in quel momento, il Moravia romanziere. I centotrenta Racconti romani (fra primi e secondi: 1954, 1959) nacquero infatti lungo l'arco narrativo che da La romana giunge a La ciociara; mentre i quarantuno de L'automa (1962), stesi in un periodo che fa capo a La noia, riflettono gli atteggia menti e gli intenti del Moravia più recente, da lui stesso catalogati sotto l'etichetta dell'* alienazione ». Della quale i quarantaquattro ora raccolti in Una cosa1 è una cosa rappresentano un'ulteriore variante: la- c inautenticità » dei significati che si sovrappongono alle «cose in sé ». Una variante cui si informa, come si sa, il suo ultimo romanzo, L'attenzione. Perché se la tematica di Moravia è nel fondo rimasta la stessa, vertendo, da un lato, sul rapporto fra individuo e realtà, fra soggetto e oggetto, e, dall'altro, sulla incomprensione fra individuo e individuo, sulla « incomunicabilità » (un motivo, questo, di ascendenza relativistico - pirandelliana, già presente negli Indifferenti); è però incontestabile che, in tanti anni, egli è venuto via via mettendone in primo piano questa o quella componente che meglio sembri tenere il passo con il mutare delle idee, del gusto, del costume, e insomma della società. Magari forzandolo, quel passo, ove mi nacci di essere sopravanzato E ciò non per conformismo; ma per vitalità di scrittore. Le cosiddette «svolte» mo raviane vanno pertanto intese come prosecuzione o amplia mento dei modi narrativi di ieri: compreso quell'automatismo che a parecchi è parso cosa nuova, e come tale l'ha prospettato, polemicamente, lo stesso Moravia, mentre è sempre stato alla base della sua narrativa, frutto qual è del suo gusto per i colpi di scena e per l'« imbroglio ». Dico quel suo condurre una situazione colta già al culmine, alle conseguenze estreme, paradossali, per forza di deduzioni logiche, riducendo i personaggi a marionette e il racconto ad « azione », a gioco scenico, d un « teatrino del diavolo » d cui Moravia è, insieme o al ternativamente, burattinaio, regista, interprete. Perché il suo realismo, critico e dialettico, intriso di lieviti irrazionali, che lo portano di là dalla mimesi, facendolo talvolta sconfinare nel surreale. Ma, chiarito tutto 'questo bisogna riconoscere che ne Moravia recente (dalla Noia in poi) la maniera con cui quell'ampliamento viene attua to implica grossi equivoci squilibri, dovuti soprattutto a lo spostarsi della narrazione dalla terza alla prima persona per effetto della convinzione in cui è entrato lo scrittore ( certo le teorie, o sofisticherie del nouveau roman, nonché dello strutturalismo, hanno in fluito su lui), che non può dngngdzrpgnatlsptmvddqrptcvnitctsqedmspfutmc darsi racconto « oggettivo » ove non si creda nella realtà oggettiva. Rinunciare alle torme della narrazione distaccata, per queldelia narrazione-saggio, significa infatti per Moravia andare contro alle sue inclinazioni prime, che sono di girare intorno ai propri personaggi per fare la controparte, per regolarne, appunto, il gioco scenico; significa far posto più alle sue tendenze casistiche o umistiche che alla sua immainazione plastica e plasticatrice, di narratore a forte rilievo. Incongruenze che peraltro, se nei romanzi assumono proporzioni macroscopiche, si attenuano nel racconto, forma molto più congeniale a Moravia, anche se breve. Al punto da fargli talvolta dimenticare come neWAutoma) la fisima della prima persona. Che non però il caso, purtroppo, di questa sua nuova raccolta di racconti, Una cosa è una cosa: più dei quali sembrano ripondere al proposito di «esemplificare » il nesso fra automatismo e alienazione, di verificare in ambiti particolari la validità di certe premesse generali, danno effettivamente la impressione di narrazioni scritte in serie. Ma è pur vero che la concentrazione stessa del racconto, la rapidità degli scorci finiscono qua e là con accentuare quel carattere di « teatrino »; e le situazioni, anche quando dovrebbero tendere al drammatico, sfumano in un moraismo satirico o in un umorismo prossimo al comico, col personaggio che dice « io » in funzione di' attóre, recitante una parte prestabilita. (Si tratta, per solito, di un uomo meio, o di un intellettuale di mezza tacca, cui si contrappone una di quelle donne tipicamente moraviane, portate da una istintività quasi animalesca a muoversi sul piano delle «cose in sé»). E allora {invischiato, La regressione, 1 fumetti, Doppioni, La riconciliazione) il gioco può riuscire an che divertente, se non altro per quel mestiere, quel virtuosi smo che sa fare racconto ( spettacolo (belli, quasi sempre, gli « scenari », gli esterni romani) con niente, o quasi. Solo per eccezione Moravia riesce a convertire tale virtuo¬ sismo in un approfondito gusto del narrare, movendo quelle marionette con un certo tocco umano, fino a scoprire, nel loro automatismo, un tenue lume di sentimenti. Come nel racconto II giocatore, dove il contrasto fra l'incapacità di vivere nella realtà quotidiana, propria del giovane protagoni sta, e le apparenze di quel mondo, osservate con sguardo acutissimo, captante forme, volumi, colori, si risolve, fuori d'ogni meccanicità o paradossalità, in un delicato contrappunto di sensazioni e stati d'animo. Ma qualche bel racconto (La cognata, La caccia, Servomeccanismi...) non basta a riscattare la raccolta della prevalente occasionalità. Arnaldo Bocelli ALBERTO MORAVIA: Una cosa è una cosa - Bompiani editore - pagine 348, lire 1800.

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