Presto sarà libera la sposa novarese che sparò per gelosia al suo amante
Presto sarà libera la sposa novarese che sparò per gelosia al suo amante Presto sarà libera la sposa novarese che sparò per gelosia al suo amante La donna (ventinovenne, abitante a S. Maurizio d'Opaglio) aveva ferito l'uomo a rivoltellate Condannata a 4 anni e 8 mesi dall'Assise di Novara, la pena è stata confermata dall'Appello di Torino: fra condoni e detenzione preventiva, verrà scarcerata tra poche settimane L'Assise d'appello torinese ha riesaminato ieri il sanguinoso episodio avvenuto 11 21 agosto 1965 a San Maurizio di Opaglio, nel Novarese, dove la ventinovenne Maria Carosio — di origine calabrese e separata dal marito, Marcello Viscio — aveva tentato di uccidere l'amante Santo Isabella, di 32 anni, che voleva troncare la relazione con lei per sposare una giovane del paese. Tipico dramma della gelosia e della vendetta. La Carosio, nativa di Martirano (Catanzaro), dopo essersi divisa dal marito era andata ad abitare prima ad Albenga, quindi a Pogno, sul Lago d'Orta, dove risiedeva una sorella. La convivenza non durò molto, perché il cognato si opponeva alla relazione della donna con il compaesano Santo Isabella. "er porre fine alle discussioni, la Carosio si trasferì a San Maurizio di Opaglio, In una cameretta dove l'amante andava a trovarla. L'uomo era però fidanzato con Cristina Villa, una ragazza di Borgo Ticino. Intendeva spoarla. Dapprima la Carosio! cercò di dissuaderlo con suppliche e scenate, poi parve rassegnarsi a dividere con la rivale le attenzioni dell'Isabella, La sera del 21 agosto di due anni fa, l'uomo si presentò in casa dell'amante dopo parecchi giorni di assenza. Le disse che era andato a Borgo Ticino per completare le «pratiche» del matrimonio con la Villa. L'amante finBe di restare indifferente, attese che l'Isabella si fosse coricato, poi gli parò a bruciapelo sette colpi di pistola.- Tre andarono a noto, quattro raggiunsero lo sventurato che sopravvisse dopo un lungo periodo di degenza In ospedale. Ai vicini di casa, accorsi alle detonazioni, la Carosio disse tranquillamente: «Era destino che finisse così. Andate a chiamar* i carabinieri ». Rimase qualche minuto sul luogo del crimine, poi scese in strada e pregò un automobilista di accompagnarla In caserma. Dal giurati di Novara era stata condannata a quattro anni e otto mesi, con il condono di due anniLa pena sembrò troppo mite al pubblico ministero, che ave va sostenuto due aggravanti: la premeditazione e il fatto che la Carosio aveva sparato sull'amante mentre quest'ultimo era in condizione di non potersi difendere né di sottrarsi, con la fuga, all'aggressio ne. Naturalmente, anche l difensori — avvocati Di Tieri e Borgna — ricorsero in appello per scongiurare un aggravamento della condanna. Ieri il dott Rosso, procuratore generale al processo di secondo grado, non ha ritenti to di infierire contro la donna ribadendo le aggravanti. A suo giudizio, la condanna era stata equa: di qui la rinuncia al ricorso. Dal canto loro 1 patroni dell'imputata non hanno insistito per un'ulteriore riduzione della pena, tanto più che la Carosio riacquisterà la libertà tra poche settimane. La Corte (pres. entello, relatore Del Pozzo, cane. Quaglia) non poteva che confermare il verdetto di Novara. La vittima si era costituita parte civile con l'assistenza dellaw. Ravaslo. g. a. Maria Carosio al banco degli Imputati ieri é Torino
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