I gravissimi danni del vino sofisticato di Giuseppe Medici

I gravissimi danni del vino sofisticato I gravissimi danni del vino sofisticato La crisi del vino è contemporanea alla rivoluzione industriale, la quale, spopolando le campagne, aumentando la popolazione urbana, meccanizzando le tradizionali operazioni agresti e artigiane ha creato, un tipo di società in cui il lavoro richiede sempre minore fatica fisica e sempre maggiore impegno di forze nervose ; onde il vino, alimento energetico per eccellenza, si é trovato di fronte un popolo di consumatori qualitativamente diverso da quello suo originario formato da contadini e braccianti, pastori e artigiani, boscaiolie pescatori. D'altro lato, con le scoperte della chimica si fece strada la tentazione di produrre il vino artificiale, mettendo insieme le sostanze elementari di cui esso è composto : tentazione che, in tempi recenti, e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, doveva esplodere, creando radicate diffidenze che soltanto il tempo e il piacere dell'onestà riusciranno a guarire. Quando il Parlamento francese riconobbe legittimo 10 zuccheraggio dei vini, e cioè la correzione delle «uve povere con l'aggiunta di zucchero (sia di barbabietola sia di canna), in alcuni prò duttori si rafforzò la con vinzione che, siccome il vino ha la sua base nell'alcool, si sarebbe potuto aumentare la quantità di vino prodotto, aggiungendo alle uve pigiate sostanze innocenti come l'acqua e lo zucchero. E siccome il costo dell'acqua è trascurabile e quello dello zucchero molto inferiore a quello del glucosio prodotto dalla vite, ne scaturiva un forte profitto, che, purtroppo, specialmente intorno agli anni 1053-54, stimolò la produzione di ingenti quantità di vini non genuini, nei quali gran parte dell'alcool si otteneva con la fermentazione di zucchero aggiunto. Il dilagare delle frodi e le gravi conseguenze che esse hanno sia sulla povera economia dei nostri viticul tori sia su consumatori spesso indifesi, spiegano la dura legge del luglio 1954 e i successivi provvedimen ti del governo, fra i quali va ricordato il decreto presidenziale del 12 febbraio 1965 n. 162 che detta norme per la repressione delle frodi nella preparazione e nel commercio dei mosti, vini ed aceti. Queste norme però, non potendo avere sempre efficacia preventiva si rivelano insufficienti. Da ciò la necessità di guardare più a fondo in questo nostro grave problema. * * L'Italia, superando di poco la Francia, è ormai il primo produttore di vino nel mondo. Dai nostri vigneti e dalle colture prò miscue di viti ogni anno si ottengono circa cento milioni di quintali di ottime uve, che possono dare vini eccellenti. E l'esame sereno della realtà dimostra che 11 nostro paese, date le condizioni naturali del terreno e del clima, produce tutta l'uva che occorre per soddisfare il consumo interno e anche la crescente domanda dei consumatori stranieri. Le quantità di vino sofisticato, per quanto ingenti, sono sempre delle modestissime aliquote della produzione, che nel 1965 è stata di quasi 70 milioni di quintali, con una media, nell'ultimo quinquennio, pari a circa 62 milioni di quintali. Ma il fatto che, non ostante l'attenta opera dei pubblici poteri, si continui a immettere sul mercato vino sofisticato, genera una giustificata sfiducia anche verso quello sicuramente genuino, che rappresenta la quasi totalità del prodotto in commercio; tanto che, anche nell'ipotesi in cui la quantità di vino non genuino fosse addirittura di cinquecentomila quintali, si tratterebbe di meno dell'uno per cento del vino prodotto. Ma questa piccola aliquota di vino falso getta un discredito totale sulla nostra produzione, con danni, la cui gravità può essere valutata; t^o^daShdo che il vino - rappresenta in me¬ dldccmcfsiinetsidssrmqspngzfmttcnts dia un valore di 500 mi- liardi di lire, pari al 10^ della totale produzione agri- cola, vi è quindi ragione di considerare questo problema al di là della pur necessaria repressione delle frodi; tanto più che la trasformazione dell'agricoltura in corso e il suo definitivo ingresso nel Mercato Comune, hanno posto in chiara evidenza le grandi possibilità della nostra viticoltura sia per destinare a nuovi impianti di vigneti parte delle aride terre collinari, sia per incrementare le nostre esportazioni, già favorevolmente avviate. Ma come procedere celermente su questa, strada, cosi luminosa e confortante, se, con preoccupante frequenza, i nostri viticoltori sono oggetto di continue diffamazioni? Se il comportamento fraudolento di una sparuta minoranza di grossi operatori getta un sospetto mortale su tutta la nostra eccellente e genuina produzione di vino? Ecco perché bisogna andare oltre,' e riconoscere nelle cantine sociali, forma-: te da produttori, il mezzo sovrano per combattere il male alla radice: in quelle cantine sociali che, integrate da centrali di imbottiglia mento, alcuni dei nostri en- ti di sviluppo agricolo han-. no promosso con sorpren dente successo, offrendo as solute garanzie al consti¬ matore. Perciò bisogna assecondare l'indirizzo del secondo Piano Verde, in corso di applicazione, concentrando i mezzi disponibili nella costruzione di una rete nazionale di impianti collettivi per la trasformazione dei prodotti diretti del suolo, fra i quali debbono avere la priorità le cantine sociali, gli oleifici cooperativi e i caseifici sociali. L'emozione prodotta da recenti scoperte di sofisticatoti, non deve indurci a ritenere che la soluzione del problema debba essere cercata prevalentemente in autoritari metodi repressivi; non deve cioè farci dimenticare che il metodo democratico e della libertà è si il più difficile e il più lento, ma l'unico che porti a durevoli conquiste. E tali saranno quelle dei nostri vi ticoltori, cioè di centinaia di migliaia di modesti agricoltori, se sapranno associarsi nelle loro cantine, do ve lavoreranno il loro prò dotto, con la gelosa e pun tigliosa cura, propria dì coloro che, con tanto sudore, traggono dalla terra un prodotto cosi prezioso come sono le uve d'Italia. Giuseppe Medici

Luoghi citati: Francia, Italia