Incriminati per l'uccisione d'un benzinaio nel Canavese

Incriminati per l'uccisione d'un benzinaio nel Canavese Incriminati per l'uccisione d'un benzinaio nel Canavese Conclusa l'istruttoria sul delitto di Palazzo avvenuto nel 1955 - Rinviati a giudizio due giovani con le accuse di omicidio e rapina - Un terzo imputato è morto di recente in manicomio (Dal nostro corrispondente) Ivrea, 16 febbraio Il giudice istruttore del tribunale di Ivrea, dott. Monteverde, ha rinviato al giudizio della Corte d'Assise Romano Gioberto, di 34 anni, da Villardora, e Giacomo Franchino, di 31 da Sant'Ambrogio di Susa, sotto l'accusa di omicidio e rapina aggravata nei confronti del benzinaio Mario Tansini, ucciso a Palazzo Canavese la sera del 12 ottobre 1955 L'istruttoria riguardava anche una terza persona, Felice Girardi, di 38 anni, abitante a Chiusa San Michele: egli è però deceduto di recente in una clinica psichiatrica dove era stato ricoverato per una perizia. 1 due imputati, che si trovano nelle carceri di Ivrea dal 13 marzo scorso anno, saranno difesi dall'avv. Forchino, di Ivrea e dall'avv. De Filippi, di Torino. Il delitto avvenne alle 21,30 quando il Tansini operaio alla « Olivetti » di Ivrea, uscì dal distributorio dell'* Agip» gestito dalla figlia Luciana per recarsi cento metri più lontano, alle prime case di Palazzo, a riempire due secchi d'acqua. Sulla zona Bravava una fitta nebbia Luciana Tansini all'interno faceva i conti di cassa, mentre sua madre metteva a dormire il nipotino. Ad un tratto si sentirono sul piazzale delle grida: Mario Tansini lottava con un gio vane mascherato. La figlia Luciana balzò sull'uscio, vide il padre svincolarsi e chinarsi a terra per raccogliere uno del secchi dì sabbia di uso antincendio Poi il giovane mascherato irrido: « Attento che sparai » Risuonò un colpo dl pistola e mentre Mario Tansini si accasciava lo sparatore fuggi seguito da una persona che si era nascosta dietro uno dei cartelloni pubblicitari posti sul piazzale del distributore Accorse la moglie del ferito Lo sollevarono da terra. Egli riu¬ scì ancora a mormorare: * Mi sono difeso »; poi spirò. Ma dre e figlia rimasero attonite sul piazzale per quasi dieci minuti, finché non giunse un pullman in servizio sulla linea Milano-Saint Vincent.' Soltanto allora venne dato l'allarme ai carabinieri. Ma dei respon sabili nessuna traccia: erano scomparsi, nessuno li aveva notati. Il delitto sembrava do ver rimanere impunito. Benché gli elementi a di sposizione delle autorità fossero pochissimi e labili, la pra tica non venne mai dimenti cata. Varie persone furono fermate anche parecchi mesi dopo 11 delitto, ma ciascuna di queste riuscì a fornire alibi convincenti. Un anno fa, ìm provvisamente, giunsero alle orecchie del maresciallo Cor radino, comandante della te nenza di Rivoli, alcune « voci » sul passato di un certo Gio berto. Il sottufficiale iniziò caute indagini. Venne a sapere che Romano Gioberto si era allon tanato da casa con il Franchi no e il Girardi per alcuni gior ni nell'ottobre '55, proprio quando a Palazzo Canavese era stato ucciso un uomo. AI loro ritorno qualcuno aveva affermato: « Quei tre devono averne combinata qualcuna » Il dubbio che assillava il maresciallo Corradino diven ne certezza quando egli inter rogò il Girardi: questi non tardò a confessare di essere andato a Palazzo la sera del delitto, accusando però i due amici « Eravamo a bordo di una "Giardinetta" e dopo aver bevuto in una osteria ci fer mamma ad un distributore d benzina Gioberto e Franchino scesero: sentii che discutevano con il proprietario e poi udi un colpo di pistola. I miei amici saltarono in auto e fug gimmo ». I carabinieri dopo queste dichiarazioni interroga rono anche gli altri due so spettati e quindi ottennero nel loro confronti 11 mandato di cattura. r, a