Come il conflitto Johnson-Bob Kennedy si scatenò nella tragica giornata di Dallas

Come il conflitto Johnson-Bob Kennedy si scatenò nella tragica giornata di Dallas UNA PUNTATA «ESPLOSIVA» DEL LIBRO DI MANCHESTER Come il conflitto Johnson-Bob Kennedy si scatenò nella tragica giornata di Dallas Johnson volle giurare subito dopo la morte del Presidente: difendeva la continuità dello Stato, mentre durava l'incubo di una congiura internazionale - Ma non è vero che Robert Kennedy lo avesse consigliato - I kennediani più fedeli si tennero lontani dal nuovo Presidente; gli avversari di Kennedy, come Hoover, il potente capo della polizia federale, non fecero nemmeno le condoglianze alla famiglia L'attrito fra Lyndon Johnson e Robert Kennedy, che nacque alla Convenzione democratica di Los Angeles nel 1960, quando Johnson sì batté contro la candidatura di John Kennedy, si riacutizzò proprio nelle primissime ore successive all'attentato di Dallas. A risuscitare quell'astio furono certe manovre (indispensabili secondo alcuni, tortuose secondo altri) che precedettero il giuramento di Johnson come nuovo capo dello Stato. Nella quarta puntata di Morte di un Presidente, che Epoca pubblica oggi, William Manchester ne dà un minuzioso resoconto, che parte dall'una e tredici del pomeriggio del 22 novembre: dal momento, cioè, in cui Lyndon Johnson apprese che John Kennedy era morto. Da quell'istante egli ebbe un solo pensiero: prestare immediatamente giuramento, insediarsi subito nella carica di presidente. Di tale urgenza, Manchester offre dapprima una spiegazione favorevole a Johnson; egli avrebbe percepito che 11 popolo americano, sconvolto dal delitto, aveva biso gno di essere immediatamente rassicurato sulla continuità automatica dell'istituto presidenziale, soprattutto In un momento in cui il paese si tro vava ancora sotto l'incubo di una cospirazione. Ma per arrivare al giura mento nei modo più rapido, insinua Manchester, Lyndon Johnson si « servi » di Robert Kennedy con qualche disin¬ voltura, forzandone In certi casi 11 pensiero e usando il suo nome come una specie di lasciapassare. Evidentemente Manchester ha raccolto tali impressioni negative da fonti « scottanti », quali lo stesso Robert Kennedy e i consiglieri più vicini del presidente ucciso. L'episodio si svolse esattamente cosi. Johnson, trasferitosi frettolosamente dall'ospedale di Dallas all'aereo presidenziale che attendeva all'aeroporto della città texana, telefonò a Robert Kennedy, ministro della Giustizia, che si trovava nella sua villa in Virgìnia. Dopo le condoglianze, gli espose t suol timori per una possibile congiura internazionale collegata al delitto di Dallas, e aggiunse che a suo giudizio occorreva controbatterla insediando subito il nuovo presidente, per far capire ad amici e nemici che l'America non era rimasta senza guida Nella sua testimonianza davanti alla Commissione Warren, qualche me se dopo, Johnson dichiarò che Robert Kennedy aveva condì viso quel suo giudizio. Robert Kennedy, Invece, fa sapere ora — attraverso Manchester — che al complotto Internazionale egli non credeva affatto. Ma c'è di più Johnson disse alla Commissione Warren che , fu Robert Kennedy a suggerirgli, a rac comandargli il giuramento ini mediato a Dallas. Manchester smentisce: secondo Sforte di un Presidente, Robert Kenne dy non si dimostrò favorevole al i giuramento o contrariò; semplicemente, non disse nulla: « il suo telefono rimase muto ». Sottilmente, poi io scrittore sottolinea che la fretta di Lyndon Johnson indispose il fratello del presidente assassinato. Nella sua qualità di ministro della Giustizia, egli dice, Robert Kennedy non capiva le ragioni di quell'urgenza; e come congiunto del morto, avrebbe preferito che il giuramento avvenisse dopo Il trasporto a Washington della salma del presidente. Cosi si arrivò all'equivoco: a Dallas, Johnson lasciava intendere a tutti che 11 ministro della Giustizia gli aveva quasi imposto di giurare. A Washington, il « vice » di Robert Kennedy, Nlck Katzenbach, si senti dire dal fratello del presidente, al telefono: «Lyndon vuole giurare a Dallas». Questa è una delle parti più imbarazzanti dell'opera di Manchester, e la più carica di risentimenti. Le telefonate del 22 novembre tra Johnson e Robert Kennedy sono stranamente fredde, prudenti, tecniche: e il successivo dissenso fra i due davanti alla Commissione Warren sul contenuto di quelle telefonate, ha finito per approfondire 11 solco, Uno alla dura dichiarazione di Lyndon Johnson che tolse a Robert Kennedy ogni speranza di diventare candidato alla Vicepresldenza nel 1864. In queste pagine si chiariscono cosi t motivi del clamore scandalistico esploso all'an nuncio dell'opera di Manche ster. Il racconto, InfatU, insi¬ ste sul sentimento di ostilità contro Johnson, che si diffuse rapidamente tra i kennediani di Dallas: un generale, addetto alla Casa Bianca, rifiuta di incontrarsi col nuovo presidente; altri funzionari restano accanto alla salma del presidente ucciso e non si curano di mettersi agli ordini del suo successore. D'altro canto Johnson non va a dire una parola a Jacqueline prima di lasciar l'ospedale: ma in questo caso lo sgarbo è da attribuirsi alle sue guardie del corpo; che gli vietano di muoversi. E la signora Johnson, meccanicamente, segna l'ora della morte di John Kennedy sul taccuino in cui di solito annotava 1 momenti « da non dimenticare mai »... Anche questi piccoli incidenti, giustificabili nel drammatico caos, Unirono per diventare materia dì nuovi dissidi nell'atmosfera esasperata di quel giorno. William Manchester si spinge poi ancora più avanti, gettando un'ombra anche sulla figura di Edgar Hoover, l'onnipotente capo dell'PBI che sbaragliò i gangsters dell'età d'oro della malavita, da Al Capone a Dilllnger e a Baby Face Nelson. Hoover è uomo di forti sentimenti conservatori, impregnato di ricordi dell'età di Foster Dulles, ferocemente anticomunista, simpatizzante repubblicano. Ma restò al suo posto anche sotto le amministrazioni democratiche perché rappresentava una leggenda americana, era una sorta di eroe nazio¬ nale. Anche John Kennedy gli confermò l'incarico, ma Hoo ver non potè mai soffrire 11 giovane presidente, e nella puntata del libro di Manche ster che appare oggi su Epoca si vede esplodere drammatica mente 11 suo rancore. Hoover aveva dapprima telefonato a Robert Kennedy, che come ministro della Giù stizia era il suo superiore dandogli la notizia dell'atten tato di Dallas: «Il Presidente è stato colpito ». Poco dopo lo chiamò ancora, gli disse seni plicemente: « Il Presidente morto », e poi riattaccò. Non pronunciò una sola parola di solidarietà nel lutto, non fece le condoglianze; e Manchester sottolinea che quando il pre sidente Kennedy era vivo Hoover si mostrò sempre «as sai loquace» col giovano Ro bert Quello sgarbo, insiste l'autore di iforfe di un Presidente, non fu dovuto solo alla ten sione di quel pomeriggio, per che dòpo 11 22 novembre 1963 Robert Kennedy rimase al mi nistero della Giustizia per altri nove mesi: e Hoover, che aveva il suo ufficio a pochi metri da lui, non si diede mai la pena di attraversare il corridoio per fargli le condoglian ze, né gli scrisse un biglietto, né si mostrò in qualche modo addolorato per la morte di John Kennedy. Una mani tentazione strana dello strano carattere di quest'uomo, che ha chiamato Martin Luther King, apostolo dei negri e pre mio Nobel, « il più grande bu giarda degli Stati Vnitiy.