Qualcuno riesce a fuggire dalla Cina di Enzo Biagi

Qualcuno riesce a fuggire dalla Cina INCONTRO CON QUATTRO PROFUGHI NELL'ISOLA DI FORMOSA Qualcuno riesce a fuggire dalla Cina Con la complicità dei pescatori, o con molto coraggio e fortuna, si può anche passare la frontiera - Scappano pure dei giovani cresciuti alla scuola del regime, ed in buone posizioni - Ho parlato con un contadino, individualista e religioso; ma anche con due poliziotti, fuggiti per il fastidio dell'oppressione, per lo sgomento creato dalla caccia all'uomo delle Guardie Rosse - Nelle loro parole c'è, probabilmente, della propaganda: a Formosa sono «rieducati» oltreché assistiti - Ma resta viva l'impressione che la vita nella Cina comunista sia soffocata dall'incertezza e dalla paura, e che gli entusiasti della «rivoluzione culturale» davvero non superino il dieci per cento (Dal nostro Inviato speciale) Talpe), gennaio. Ho raccolto quattro storie di fuggiaschi. Sono scappati dalla grande Cina per sbarcare a Formosa. Hanno perduto tutta; qualcuno non rivedrà più la famiglia. Abbiamo chiacchierato per qualche ora, attorno a un tavolo, senza dar ordine ai discorsi. Delle piccole cose, e dei problemi: chi era nell'esercito, dicevano, mangiava anche la carne, mattina e sera, e riso e pane a volontà, e la banana o la mela; le belle compagne si sono .fatte difficili, dicevano, e chi non guadagna almeno venticinque dollari al mese, e non'è bello, non speri di trovare moglie; poi cominciarono a parlare della paura, a spiegare il perchè della diserzione. Devo avvertire che non ho ascoltato gli sfoghi di qualche «vecchio arnese di Chang », di « opportunisti di destra», di arrabbiati «controrivoluzionari». Gente giovane, membri del partito o delle forze di sicurezza, ragazzi cresciuti secondo i testi del presidente Mao, nutriti di quelle pagine taumaturgiche che, secondo le assicurazioni dei devoti, accrescono la potenza dei sollevatori di peso, leniscono il dolore degli ustionati, conducono alla riva i naufraghi. Se Lenin non è riuscito a formare l'uomo nuovo, ad affrancarlo dalla meschinità dell'egoismo,, ho l'impressione che neppure il discepolo Mao ce la faccia, anche con l'ausilio di Quei robusti predicatori che sono le Guardie Rosse, a creare una diversa specie umana; il suo vangelo non redime i settecento milioni di seguaci da quegli antichi peccati che sono l'amore per la libertà, la tendenza a possedere qualcosa o, magari, lo spirito di sopraffazione. Se è vero, come dice il proverbio, che «il tempo è come lo Jang-Tsé », una corrente senza fine », e ci sono Quindi tanti giorni per compiere l'opera, è anche dimostrato che il cuore e il cervello hanno, fin dalle origini, spinto le più nobili creature della terra su tmprevediiill itinerari, lungo i quali verdeggiano l'albero del Bene e quello del Male, e fino a oggi nessuna massima o precetto è riuscito a salvarle. Come Mao del resto afferma, t l'avvenire è splendido, ma la strada è tortuosa », e se «per fare la rivoluzione», occorrono, come confermerebbe anche il marchese di La Palice, « i rivoluzionari », i recenti fatti dimostrano che non tutti i cinesi hanno l'animo e l'impeto del rivoltoso. Trascrivo le confessioni, cos\ come le hó sentite, e se avvertirete gli accenti della propaganda, non meravigliatevi: anche su questa spon- da l'indottrinamento si pratica con larghezza, e al fratelli redenti viene elargito, con l'abito di buona stoffa, l'impiego.e la casa, anche il catechismo di questa speciale e paternalistica democrazia governata, con vigorosi sistemi, dal generalissimo Chan Kal-scek. STORIA N. 1 — «Mi chiamo Chang-Tsung-yao, ho trentadue anni, e sono nato nella provincia di Kwangtung. Ho prestato servizio come capo di un gruppo di polizia, dovevo tenere d'occhio i reazionari, fare rapporto. Un brutto lavoro. Non riuscivo sempre a raccogliere informazioni Interessanti, a segnalare i colpevoli; qualche volta dovevo anche inventare. «Vigilate» diceva il capo, «non stancatevi di vigilare. Ricordate ohe, come insegna Mao Tse-tung, quello che conta veramente al mondo è essere coscienziosi ». Per rispettare l'impegno, segnalavo i piccoli deviazionisti, che mercanteggiavano, e accumulavano denaro, i tiepidi, che cercavano di non partecipare alle riunioni collettive, ma il capo non era mai soddisfatto. «Vigilate, perché l'imperialismo non] dorme», ammoniva, «e Acordate che, come il presidente ha scritto, il comunismo è il più perfetto, il più progressista, e il più razionale di tutti i regimi sociali della storia ». «Forse io non piacevo al capo, e una volta sono venute le Guardie Rosse, e ho subito la purga. Non voglio elencare le umiliazioni, ed erano ragazzi, e avevano in mano il ritratto di Mao. Allora ho pensato che la faccenda stava diventando pericolosa, mia moglie è morta l'anno scorso, ho un bambino piccolo, e adesso se ne occupa un vicino, potevo andare in prigione per trent'arvni, meglio tentare la fu"tffà. Poi, io odio le--GwtràHe ■fiosse,. perché cercano M distruggere la cultura, le tradizioni del paese. Una sera' è venuta una veccliia del villaggio, e mi ha detto: «Ho saputo che domani tornano», allora sono salito in bicicletta e sono scappato via. Una giunca mi ha portato a Hong Kong, e da due mesi sono arrivato a Taipei. «Ho giurato al generale Chang Kai-scek che sarò fra i primi a sbarcare sulla terraferma, quando verrà l'ordine. Ho visto Mao una sola volta, nel 1959, a Pechino, durante una sfilata, ma lui era tanto lontano. Adesso l'accusano di essere un dittatore. Ci sono tre categorie di cittadini nella Repubblica popolare: quelli che lo approvano, calcoliamo dieci su cento, trenta sono incerti, e gli altri contrari. Non avevo ragioni economiche per oppormi al sistema, stavo bene, ero pagato con larghezza: novanta dollari al mese, occupavo il ventesimo grado della gerarchia burocratica. Un chilo di riso costa venti centesimi, cinque dollari un paio di scarpe, e disponevo di quattro stanze. Ho studiato, ho la licenza liceale, mio padre era un commerciante. La mia origine è, dunque, piccolo borghese. Non credo in niente». STORIA N. 2 — «Mi chiamo Ci-Shao-hua, vengo dal Kwangtung, ho ventidue anni. Poiché i comunisti usano mezzi maliziosi, e ricorrono alla violenza, per imporre la loro volontà, ho deciso di scappare. Ho lasciato mia madre. Dopo il ginnasio ho frequentato la scuola militare, e sono diventato ufficiale. Poi sono passato all'ufficio della polizia segreta: ho scoperto i primi sentimenti contrari quest'anno, allo scoppio del conflitto fra Guardie Rosse e apparato statale. « Mio padre è stato ucciso dai soldati di Mao quando avevo tre anni, era considerato un capitalista, commerciava. Ma questo non era per me motivo di rancore; sono stato educato nel marxismoleninismo. Guadagnavo trentasei dollari, lo stipendio di un professore è quaranta, la paga di un operaio, in media, trenta, i contadini ricevono a seconda di quanto producono. Non so più niente di mia madre, certo avrà avuto delle noie. Le punizioni per i parenti, sono di diversa natura: vanno dalla limitazione di cibo a quella di lavoro. Cosa pensiamo dei russit In generale, ne ab¬ biamo un cattivo concetto, in conseguenza anche della propaganda. Voglio continuare a fare il- poliziotto. Non credo in niente». STORIA N. 3 — «Mi chiamo Lin-Jun-gan, e sono nato venticinque anni fa, ad Hanoi. Ho studiato elettrochimica e ho lavorato, come meccanico, ai telefoni della città. Non potevo sopportare l'oppressione e pensavo che il futuro della gioventù, nella madrepatria, è oscuro e brutto; ecco perché, con due amici, ho deciso di fuggire. «Era la notte del 7 agosto. Avevamo tre accette, e passammo attraverso i posti di frontiera senza venire scoperti, poi abbiamo 'attraversato il mare con un salvagente. La mattina arrivammo alla piccola Quemoy, poi a Taiwan, ma uno di noi non resistette all'impeto delle onde e annegò. Ho lasciato padre, madre e un /rateilo più giovane, so che H perseguiteranno, saranno \,sempre sotto controllo. Mio padre ha settantaquattro anni, una volta vendeva petrolio. Non si può più vivere laggiù, le Guardie Rosse hanno insultato un vecchio, rispettatissimo professore della mia università. Gli hanno sputato in faccia, lui non ha sopportato l'oltraggio e si è ucciso. Anche un giornalista, accusato di attività contrarie, s'è buttato da una finestra. « L'avvenire dipenderà dall'esito della rivoluzione culturale, il potere è nelle mani di Un Piao ma non tutti i generali gli sono fedeli, e deve affrontare lotte interne. Mao non l'ho mai visto, ma nessuno gli crede più. I russi sono odiati da quando interruppero gli aiuti. Vorrei continuare a studiare. Non credo in niente». STORIA N. 4 — « Mi chiamo Kao-Fu-mei, trentasei anni, ero contadino del Fu Chien, sono scappato via eoi genitori, la moglie e quattro bambini, sulla barca di un pescatore, perché ero stufo di seminare il riso per il partito, e di sopportare le requisizioni dei commissari, e i sermoni degli attivisti, fi più piccolo dei miei figli ha due anni, vorrei un pezzo di terra, un palo di bufali, un maiale, e delle anatre, e vorrei andare alla pagoda quando mi pare, e portare la verdura al mercato col carretto, come faceva mio padre. Non so niente di rivoluzione culturale; ad ogni modo, viva il Generalissimo e viva la libertà». Enzo Biagi

Luoghi citati: Cina, Formosa, Hanoi, Hong Kong, Pechino, Taipei, Taiwan