«Crepuscolo» di Fitzgerald in racconti e saggi postumi di Claudio Gorlier

«Crepuscolo» di Fitzgerald in racconti e saggi postumi Ritratto deiia nevrosi di una generazione «Crepuscolo» di Fitzgerald in racconti e saggi postumi Che cosa fosse divenuto pochi anni prima della morte l'uomo Fitzgerald e, quasi per simmetria, lo scrittore Fitzgerald, lo rivela l'epigrammatica confessione che il protagonista del racconto « Crepuscolo di uno scrittore» fa mentre si osserva — il sìmbolo è persino ovvio — in uno specchio: «Il nevrotico perfetto. Il sottoprodotto di un'idea, la scoria di un sogno ». Il racconto è del '36; Francis Scott Fitzgerald morì nel '40 a quarantaquattro anni, proprio quando sembrava in grado di superare la crisi e di giungere a risultati nuovi, mentre il suo amico-rivale Hemingway si avviava ormai a ripetersi stancamente. I racconti, molti allo stato di abbozzo, e i brevi saggi raccolti e commentati (abbastanza pedestremente, per la verità) dal Mizener con il titolo generale di quello che abbiamo citato, possono suggerire una interpretazione in chiave strettamente biografica che a noi sembra ingiustificata o comunque ingannevole. Sta qui, in certo senso, il paradosso dell'arte e della carriera di Fitzgerald; nel fatto, cioè, che le sue esperienze furono della stessa natura di quelle dei suoi personaggi, ma che egli seppe mantenere un distacco tale da impedirgli di identificarsi con loro. A differenza di Hemingway, che egli impose ai critici e agli editori quand'era giovane e sconosciuto ricevendone poi molta ingratitudine, Fitzgerald è tutti 1 suoi personaggi e nessuno del suol personaggi. Nella raccolta del Mizener che ora appare in italiano, la qualità del materiale è estremamente diseguale, ma possiamo seguire in prospettiva, entrando per così dire nell'officina dello scrittore, lo sviluppo di una tematica e soprattutto di un linguaggio. Giacché Fitzgerald va considerato in primo luogo lo scrittore americano del nostro secolo che forse meglio di ogni altro riuscì a tradurre in un linguaggio coerente e di straordinaria flessibilità la nevrosi di una generazione e di una classe, le sue manie, 1 suol modi, il ritmo stesso della sua vita quotidiana. E, dovremo aggiungere, vi riuscì mantenendo un equilibrio sorprendente tra ironia e tragedia, ritrovando la secchezza della grande tradizione narrativa anglosassone, senza sconfinare quasi mal nel melodramma. Dicevamo del riflessi autobiografici nell'opera di Fitzgerald: anche qui son numerosi, dalla crisi nei rapporti con la moglie tche, come si sa, finì pazza) al ricordi degli anni dell'università; dal la vita nel Middle West alle frenesie tra beffarde e paté tiche del soggiorni a Parigi. Sempre si assiste però allo sforzo di superare la nota zione corrente, la cronaca Così, da un episodio in apparenza ordinario come la caduta che costringe 11 protagonista della « Gabbia di gesso » a rimanere ingessa to in una posizione grotte sca, Fitzgerald ricava un sottile e tormentato studio della gelosia che lo pervade gradualmente, non Insistendo sulle notazioni psicologiche ma attraverso un movimento sapientemente orchestrato, in cui il comportamento si fa parola o gesto. O, in « Non ce l'ho fatta », la storia di un fallimento tragico vien fatta raccontare con singolare efficacia e ambiguità al « cattivo » del racconto, un capitano 11 quale ha provocato irresponsabilmente la morte di una ventina di soldati, e che in un equivoco tentativo di espiare almeno di fronte a se stesso si mostra spietato nei confronti del misterioso colpevole, rivelandone soltanto alla fine l'identità. La tematica di Fitzgerald è in queste pagine la stessa ohe conoscevamo, perseguita non senza sofferenza e non senza squilibri. Vi si rifletté la contraddizione mai risolta (ma è contraddizione drammaticamente vitale) che là percorre e di cui lo scrit¬ tore è prigioniero quasi volontario: la ricerca ostinata dell'affermazione o del successo intesi come un mito e Insieme come illusione; il prezzo che l'individuo paga per raggiungerli; accanto, la ricerca vana, dopo l'inevitabile fallimento, di un recupero del passato, quando le scelte sembravano ancora possibili e l'Innocenza Intatta. « Crepuscolo » traduce l'Inglese « Afternoon », un termine meno perentorio e limitativo. In realtà, Fitzgerald contribuì forse a distruggersi fisicamente, ma abbiamo qui la testimonianza dì quanto gli restasse da dire — e dì quanto conscìamente egli si preparasse a dirlo — alla vigilia della scomparsa e del silenzio. Claudio Gorlier FRANCIS SCOTT FITZGERALD: Crepuscolo di uno scrittore - Mondadori - pagine 330 - L 3000.

Luoghi citati: Parigi