«Anti-arte» del Dadaismo di Sandro Volta

«Anti-arte» del Dadaismo HANS RICHTER, STORICO E TESTIMONE DEL MOVIMENTO «Anti-arte» del Dadaismo II. pittore tedesco dà un utile contributo alla conoscenza di Dada, soprattutto per gli sviluppi nella Germania pre-nazista - Ma la sua interpretazione, che fa discendere dal Dadaismo l'arte astratta, è troppo personale e poco fedele « Arte e antiarte », il sottotitolo ohe Hans Richter diede all'edizione originale del suo volume Dada, ora tradotto in italiano dopo il successo delle edizioni francese e tedesca, dice già, in sintesi, il contenuto dell'opera. E', infatti, uno dei tanti saggi che, in occasione del cinauantena,rio, sono stati pubblicati su Dada: ossia sul movimento artistico, le cui affermazioni antiartistiche furono una delle sue contraddizioni più appariscenti. Questo di Richter ha il pregio di essere la testimonianza di uno dei fondatori di Dada a Zurigo nel 1916 e di ristabilire perciò l'esattezza storica su molti punti che erano finora controversi. La onestà dei suoi propositi non basta però a preservare Hans Richier da un'interpretazione personale non sempre accettabile: egli, infatti, che è oggi un pittore astratto, scrive: «Diventò evidente nel 19Ì7 che l'atteggiamento di Dada doveva necessariamente portare a ciò che è stato chiamato l'arte astratta». Niente è più contestabile di questa affermazione:1 è vero che nel 1918) in una conferenza al Kunsthaùs di Zurigo, Tristan Tzara era stato il primo a parlare di « arte astratta»; ma ciò si deve a quel tanto di preveggenza che è comune ad ogni autentico artista, allo stesso modo che, in un manifesto di pari data, lo stesso Tzara aveva prean nunziato « il telegrafo senza Ali che trasmette le fughe di Bach»: Però, nessuno dei maggiori artisti che parteciparono al movimento Dada ha cercato poi la propria strada nell'astrazione. L'equivoco nasce, appunto, dall'antitesi « arte-antiarte » che non tutti coloro che nel 1916 e '17 erano stati coinvolti, più o meno casualmente, nell'avventura Dada avevano inteso nel suo giusto signifl cato. Richter, per esempio, quando scrive: « Se,' ufficialmente, non si parlava d'arte ma di antiarte, è perché per noi ogni arte commerciale era diventata impossibile », non si rende conto di ridurre Dada ad una giovanile rivol ta romantica, della quale oggi non si occuperebbe più nessuno. Non era soltanto questo Dada, e lo ha spiegato Tristan Tzara in uno scritto del 1957 < Dada ha cercato non tanto di distruggere l'arte e la let teratura, quanto l'idea che ci se ne era fatti. Ridurre le lo ro frontiere rigide, sbassare le altezze immaginarle, rlmet terle sotto la dipendenza dell'uomo, alla sua mercé, umiliare l'arte e la poesìa, signi ili-ava assegnar loro un posto subordinato. al supremo movimento che si misura sol tanto in termini di vita. L'arte, con l'A maiuscola, non tendeva forse a prendere sul la scala del valori una posizione privilegiata o tirannica, che la portava a rompere tutti i legami con le contingenze umane? E' per questo che Dada si proclamava antiartistico, antiletterarlo e antipoetico ». Altro che pittura astratta: Dada era un'impresa di demistificazione rivolta a liberare l'uomo dalle convenzioni che lo mantenevano in istato di schiavitù. Attraverso le affermazioni anti-artistiche ed anti-letterarie, Dada si proponeva infatti la dislocazione sistematica del linguaggio, intesa come mezzo di trasformazione di ogni attività umana. I dadaisti consideravano il linguaggio, ossia l'uso che si fa comunemente delle parole, lo strumento principale della costrizione degli spiriti, fattore essenziale del macchinismo sociale: prendendo di mira il linguaggio, disarticolandolo e svincolandolo dalla sua logica convenzionale, in¬ tendevano colpire la servitù umana alla base della sua organizzazione. L'uso di parole senza senso e l'accoppiamento di parole senza riferimento fra di loro non aveva dunque, per Dada, il semplice valore onomatopeico die i futuristi attribuivano alle loro parole in libertà, né quello figurativo dei calligrammes di Apollinaire, e tanto meno il valore astratto degli attuali lettrìstes. Era l'arma di disgregazione della società, al servizio della libertà dell'uomo. La loro impresa, fin dagli inizi, era: «Distruggere 1 cassetti del cervello e quelli dell'organizzazione sociale ». Ciò non risulta nel libro di Hans Richter e ne soffre ta comprensione della dialettica di. Dada. La sua testi¬ monianza non i tuttavia priva di interesse per la precisione con la quale riferisce gli avvenimenti cui ha assistito; di particolare interesse, perché meno noti, sono gli sviluppi che il movimento ebbe in Germania prima dell'andata di Hitler al potere. Invece, soltanto 30 pagine, fra le più di too del volume, sono dedicate a Dada a Parigi, dove il movimento svolse un compito veramente vitale, perché vi parteciparono i maggiori scrittori della generazione fra le due guerre, Aragon, Breton, Éluard, Tzara, senza i quali Dada sarebbe rimasto una delle effimere rivolte che non hanno rilevanza storica e, in ogni caso, non avrebbe generato il surrealismo. I documenti ohe riguardano Dada a Parigi sono stati raccolti dallo storico canadese Michel Banouillet in un volume di 600 pagine, pubblicato l'anno scorso dall'editore J. J. Pauvert. Sandro Volta HANS RICHTER: Dada Arte e antiarte - Mazzetto ed. - pagine 294, lire 4500.

Luoghi citati: Germania, Parigi, Zurigo