L'ex ministro fascista Federzoni morto a Roma all'età di 89 anni

L'ex ministro fascista Federzoni morto a Roma all'età di 89 anni L'ex ministro fascista Federzoni morto a Roma all'età di 89 anni Nazionalista ed interventista, era stato al governo con Mussolini dal 1922 al 1928 - Pòi eletto presidente del Senato e dell'Accademia d'Italia - Dopo la guerra fu condannato all'ergastolo, amnistiato nel 1947 - In quell'anno andò ad insegnare all'Università di Lisbona; dal 1950 viveva a Roma Roma, 24 gennaio. L'ex ministro fascista Luigi Federzonì è morto oggi a Roma all'età di 89 anni. Nato a Bologna il 20 settembre 1878, discepolo di Carducci, si laureò in lettere. Giornalista e nazionalista, dopo la guerra diresse, sotto Mussolini, il ministero delle Colonie, poi quello dell'Interno. Nel '28 nominato senatore, l'anno dopo fu eletto presidente del Senato, dal '30 a! '43 diresse la « Nuova Antologia» e dal '38 al '43 fu presidente dell'Accademia d'Italia e dell'Istituto Treccani. Il 25 luglio 1943 aderì all'ordine del giorno Grandi che segnò la caduta di Mussolini. Per questo venne condannato a morte In contumacia dal tribunale di Verona. Nel '45 l'Alta Corte di Giustizia gli inflisse l'ergastolo, ma due anni dopo ottenne l'amnistia. Nel '47 si recò a Lisbona ad insegnare letteratura Italiana in quella università. Rientrò a Roma nel '50. Dalla sua villa di Santa Marinella si allontanava solo per far visita ad Umberto di Savoia a Cascals. Lascia la moglie e tre figlie. r. S. Lo consideravano un moderato Federzonì era nato giornalista e come tale non mancava di talento. Con lo pseudonimo di Giulio De Frenzi si era illustrato fra i migliori inviati speciali alla guerra di Libia, e occorre dire che le sue corrispondenze non mancavano di validità informativa, di un certo senso critico, e sostanzialmente d'una dignità che ci appare ancor oggi tanto più apprezzabile, in quanto Federzonì era, nella covata nazionalista, uno degli ingegni più promettenti e dei temperamenti più ambiziosi. Proprio per questo, d'altra parte, per tutto 11 corso della sua vita politica ebbe l'astuzia di atteggiarsi a moderato e di recitarne la parte nel modo più suadente e quindi più tranquillizzante. Subito dopo la guerra di Libia, i nazionalisti tennero congresso a Roma, verso la metà di dicembre del 1912. Il loro «leader», Enrico Corredini, fece approvare formalmente l'Incompatibilità tra nazionalismo e democrazia («Noi abbiamo Analmente il coraggio — disse — di proclamarci antidemocratici»), e Federzonì lo appoggiò incondizionatamente. Dis se difatti in un discorso ap plauditissimo dai nazionalisti più frenetici che il nazionalismo doveva evitare «il perìcolo di divenire, grazie all'intrigo massonico, una delle tante democrazie attaccate alla greppia di Montecitorio». SI dichiarava insomma per una politica antiparlamentare, e in questo senso propose un ordine del giorno con il quale l'associazione nazionalista si impegnava a non presentare candidature nelle prossime eie | zioni politiche. Fu suggerito da qualcuno che nemmeno 1 nazionalisti come singoli si doessero presentare candidati ma Federzonì protestò scandolezzato: «Perché tanta diffidenza nel riguardi di noi stessi? CI conosciamo tutti: chi di noi ha bisogno d'un divieto formale per astenersi dal fare cose che possono ledere l'associazione nazionalista? ». Il suo moralismo fu applauditissimo, e l'emendamento non passò. Passò invece lui stesso, Luigi Federzonì, presentatosi a Roma candidato nelle elezioni del 1913, riuscendo a farsi eleggere tra la generale sorpresa: « Era un giornalista no to sotto lo pseudonimo di Giulio De Frenzi, aveva già un passato politico perché era stato uno dei fondatori del partito nazionalista, ma non aveva certo una grande base nel collegio,, ed aveva certo bisogno di raccogliere voU anche dagli elettori di campi affini», campi affini al campo dì Fe derzoni erano quelli dei cleri co-moderati, fortissimi a-Roma negli anni che seguivano al patto Gentllonì e alla battaglia sostenuta contro l'amministra zione municipale di Ernesto Nathan, esponente della mas soneria. Questo esordio di Federzonì e n , i n a o i a l a o nì in politica è memorabile, esemplare, perché è la prova migliore del temperamento dell'uomo che sì era scelto la funzione profittevole dì essere il moderato pronto al compromésso In una congrega di estremisti esaltati e pressoché irresponsabili come furono i nostri nazionalisti. Federzonì dava invece garanzia di essere attendìbile e degno di fede. Apparteneva a un'eccellente famiglia di Bologna, e suo padre Giovanni era noto largamente nel campo degli studi danteschi. Luigi, giovane brillante, era una tipica espressione della società considerata perbene, che onorava la patria e gli studi classici ed aspirava al mantenimento di un ordine costituito da presidiare, se la necessità ne fosse apparsa, anche facendo ricorso ai mezzi estremi della violenza privata. Nella sua vocazione al compromesso, Federzonì fu abilissimo a sfruttare questo filone polìtico in funzione di tranquillante. Ci fu anzi un momento — dopo che 1 nazionalisti si erano già fusi e confusi nel partito fascista — che Federzonì assunse il ruolo di uomo insostituibile e provvidenziale, per dare attorno garanzie od almeno promesse di normalizzazione. Fu all'indomani del delitto Matteotti, quando Mussolini considerò indispensabile affidare la responsabilità del ministèro dell'Interno — che fino a quel momento egli si era assunta personalmente — ad una persona considerata generalmente un galantuomo: e scelse infatti Federzonì, 11 quale resse il dicastero nei momenti più gravi della sollevazione antifascista. Vennero in seguito anche tempi In cui la parte di Federzonì fu considerata meno necessaria. Il fascismo si era consolidato, ed un moderato come Federzonì riusciva più di impaccio e di freno che di aiuto al regime. Federzonì la sua parte l'aveva avuta in momenti decisivi ed ora poteva quindi ritirarsi o meglio farsi confinare in ruoli prestigiosi ma secondari, come quelli di presidente del Senato e di presidente dell'Accademia d'Italia. Recitata bene la sua parte, egli si ebbe per il resto della vita il beneficio degli onori, come una specie dì pensione dì cui lo gratificava anche il regime. Anche in disparte, anche ignorato ufficialmente, rimase tuttavia l'esempio di quanto fosse stato determinante li contributo del nazionalismo nella primitiva formazione e nella successiva affermazione del regime fascista. Vittorio Gorresio Luigi Federzonì, morto ieri a Roma. Aveva 89 anni