La Sicilia ha avuto da Roma 230 miliardi ma non ha ancora deciso come impiegarli di Gigi Ghirotti

La Sicilia ha avuto da Roma 230 miliardi ma non ha ancora deciso come impiegarli in cinque anni a 111aio « nanonate» La Sicilia ha avuto da Roma 230 miliardi ma non ha ancora deciso come impiegarli Nell'attesa di un piano di investimento la somma è stata depositata in banca - Buona parte ha finito per alimentare la speculazione edilizia - L'isola si trova sull'orlo di una grave crisi, perché da quando si è dimesso il governo regionale ogni pagamento è bloccato - Problemi imponenti (trasporti, servizi pubblici, creazione di zone industriali) attendono di essere risolti (Dal nostro inviato speciale) Palermo, 12 gennaio. L'accordo tra i partiti è stato raggiunto, la Sicilia avrà tra pochi giorni il suo nuovo governo regionale. In verità assai simile a quello vecchio, caduto sul voto del bilancio la sera del 28 dicembre scorso (voto segreto). Salvo sorprese, la maggioranza di centro-sinistra sarà ricostituita, alla presidenza della Regione sarà confermato l'on. Francesco Coniglio (de). Da due settimane la Sicilia è in stato di paralisi. Negli uffici della Corte dei Conti si ammucchiano, inevasi, migliaia di mandati di pagamento. Lavoratori e imprenditori sono inquieti, sul tavolo della Giunta sono rimasti un'infinità di problemi da risolvere: a comincia re da quello di Agrigento, dove tutto è ancora fermo, e a finire con il piano di sviluppo economico dell'isola. Uscirà finalmente, questo piano, dagli scaffali de gli uffici studi? L'assessore allo sviluppo economico, il socialista on. Mangione, ha indetto per il 20 gennaio una seduta del comitato plenario del piano con il proposito di portarlo al più presto all'esame dell'assemblea. Come si vede, la materia per. le nuove discussioni nel le prossime, brevi settima ne di vita del governo regionale, non manca per davvero. Ma ciò che più preoccupa sono le condizioni finanziarie dell'isola. Il 19 dicembre scorso la Corte Costituzionale con una sua sentenza ha levato di mano alla Sicilia uno degli strumenti ai quali la Regione faceva ricorso da anni, per la registrazione dei suoi decreti di spesa anche senza l'indicazione relativa al la copertura finanziaria. La Corte del Conti;, forte d'un decreto del1 Presidènte della Repubblica (1948), davanti a questi documenti adottava una procedura di cautela, non li accettava, non li respingeva, si limitava a registrarli « con riserva ». Ora la Corte Costituzionale dichiara che l'istituto della registrazione con riserva è illegittimo, « incompatibile con il sistema costituzionale che pone lo Stato in posizione di preminenza di fronte alle Regioni ». Non si vede, al momento, come potrà essere aggirato l'ostacolo. Le casse regionali sono in crisi, le spese e i debiti aumentano, le entrate diminuiscono. D'un prestito obbligazionario regionale si parla, ma pare sia sconsigliato da Roma, per non dire vietato. Particolare allarmante: la Sicilia si trova sull'orlo del fallimento pur avendo le casse virtualmente ricolme di miliardi. Virtualmente soltanto, questo è il dram ma. In base allo statuto re gionale lo Stato versa alla Sicilia, ogni cinque anni, una forte somma a titolo di solidarietà nazionale somma che dovrebbe essere impiegata al fine di ridurre progressivamente il disa vanzo fra il tenore di vita dell'isola e quello delle altre regioni d'Italia. Molti anni sono stati impiegati per il calcolo tecni co di questo impegno finanziario dello Stato, con l'an dar del tempo la Regione ha potuto accantonare sul « fondo di solidarietà » qual cosa come 230 miliardi. Per spendere questa somma oc corre però un piano di svi luppo economico, premessa necessaria a garantire che il denaro arrivi davvero a compiere l'atteso miracolo della lievitazione dei redditi di lavoro. Ma il piano, dopo anni di progetti e di discussioni, è ancora negli scaffali. Per non sbagliare, la Regione ha adottato in questi anni la politica del contadino, che mura il. gruzzolo sotto le pietre del caminetto, incurante di svalutazioni. Lo ha affidato, per essere precisi, agli istituti bancari dell'isola, in attesa del piano. Va detto che, se il problema della svalutazione per il contadino dei tempi andati non esisteva quasi nemmeno, al giorno d'oggi esso è invece un amaro dato di fatto: si calcola che con il passare del tempo il valore di que sttitrletomsutogeinlepiIl laSicoala rideliddendbsttotae ai sto denaro sia andato volatilizzato per un quinto. Tuttavia c'è anche un altro aspetto della questione: le banche non hanno lasciato inoperoso il peculio e mentre i politici discutevano sul da farsi lo hanno « fatto girare », come si dice in gergo. Ne hanno beneficiato industrie e aziende agricole. Soprattutto è stato impiegato nell'edilizia privata. Il tumultuoso crescere di palazzi e di grattacieli, che in Sicilia s'è avuto in anni di congiuntura nazionale, si alimentava, in buona parte, a questo « fondo di solidarietà » lasciato nelle mani delle banche. Ora la situazione si fa delicata: se la Regione richiedesse tutto intero il pacco dei suoi miliardi, l'operazione potrebbe far vacillare dalle fondamenta il sistema bancario della Sicilia. Al presente, l'isola si mostra al visitatore con aspetto deforme: città smisuratamente cresciute (Palermo e Catania con un volto ad¬ dirittura di metropoli), e ferrovie, strade di grande comunicazione e strade urbane, acquedotti, scuole, ospedali, che sono ancora in gran parte quelli che la Sicilia aveva al momento dell'unità d'Italia o pochi decenni più tardi. In uno studio che l'editore-Sciascia di Caltanissetta pubblicherà fra qualche giorno è stato posto in raffronto lo sviluppo viario della Sicilia dei Borboni con quello dei nostri giorni. Nel suo complesso, la rete è aumentata del solo 0,8 per cento. Il « fondo della solidarietà nazionale » avrebbe dovuto servire a creare le basi di approdo per centinaia di industrie, mediante la creazione di zone industriali. Ma se la situazione dei trasporti, delle comunicazioni, dei servizi pubblici in genere non si risolve, il progresso dell'isola sarà soffocato, e rinviato sine die il suo riavvicinamento ai livelli di vita nazionali. Gigi Ghirotti

Persone citate: Borboni, Francesco Coniglio, Mangione