Il Sud rinnovato non ha perso l'abitudine di «tendere la mano» di Arrigo Benedetti

Il Sud rinnovato non ha perso l'abitudine di «tendere la mano» Imlvgsiim&xzt£ mod&M*ni e morale antica Il Sud rinnovato non ha perso l'abitudine di «tendere la mano» E' in corso un grande sforzo di trasformazione, economica e psicologica - Tuttavia lo Stato e le imprese del Nord sono visti come « benefattori » da cui trarre tutti i vantaggi possibili - Il turista, soprattutto per il personale delle grandi società, rimane un visitatore da sfruttare - E ragazzi « di buona famiglia » non esitano a chiedere allegramente l'elemosina (Dal nostro inviato speciale) Bari, dicembre. Si è sempre pronti a giudicare e non è facile sottrarsi all'incanto dei pregiudizi, però è un fatto: di là dalle apparenze talvolta prestigiose dello sviluppo meridionale, s'ha l'impressione dell'imbroglio. Lo Stato è intervenuto, ha costruito strade, cantieri, industrie, ha finanziato imprese private, ma chi giunge da settentrione seguita ancora a sentirsi in colpa, quasi che non ci fosse stato un serio tentativo di ridistribuzione della ricchezza nazionale, e si dovesse dare, dare all'infinito. « Perché domandi l'elemosina? ». Lo vuole sapere, mia moglie, da un bambino che, appena sortiti dal Jolly di Barletta, ci è venuto dietro chiedendo cento lire, non un centesimo di meno. Mentre m'allontano d'alcuni passi, vedo altri ragazzi sbucare di dietro i tronchi delle piante e farsi avanti. Alle mie spalle seguita un colloquio i cui interlocutori non potranno capirsi mai; da una parte non c'è avarizia, ma buone intenzioni venate di moralistico spirito didattico, dall'altra una specie di gaia diflidenza. Il bambino che domanda le cento lire ha almeno dodici anni, calza scarpe nuove, lucide, i pantaloncini di panno hanno la piega fresca del ferro da stiro, il maglione blu gli stringe il collo esile e dà risalto ai lineamenti fini del viso. E' pulito, gentile pettino nella sua insistenza. < Vai a scuola? ». « Sì, faccio la seconda media ». * / tuoi genitori che direbbero, se ti vedessero domandare soldi a gente che non conosci? ». Tempo fa in Spagna, e precisamente in Aragona, udii alle mie spalle lo stesso colloquio, ma i bambini da cui eravamo stati circondati appena avevamo fermato la macchina per dare uno sguardo al paesaggio, erano cenciosi. Alla richiesta della pcsetita, facevano seguire certe assicurazioni, indizio dei motivi moralistici che il turismo ha diffuso fra gli spagnoli, domandavano la carità perché poveri — e si vedeva — e giuravano che col denaro non avrebbero comprato le caramelle, ma penne, matite, roba per la scuola. « Eppure erano così ben vestiti », osserva mia moglie, quando dopo il colloquio coi bambini pugliesi ci allontaniamo a passo svelto per sottrarci ad altre richieste, c per raggiungere l'auto che ci porterà lontano. E' vero, vestivano l'abito domenicale, erano scolari delle medie, forse figli di gente benestante, o resa tale dalla recente distribuzione di ricchezza; non è escluso appartenessero a famiglie agiate per tradizione, proprietarie di vigne, di terre; per cui diventa facile un confronto pieno di compiaciuto moralismo tra l'indifferenza con cui la madre pugliese scopre nelle tasche dei calzoncini del tiglio alcune centinaia di lire, e lo sgomento d'altre madri, da Roma in su. che arrivino a una simile con statazione. Dove le hai prese? Chi le le ha date? Che hai fatto... Ho ancora negli orecchi le domande della mamma la volta che| trovai, su una panchina delle Mura della mia città, trenta centesimi, cioè tre nichelini. Non sapevo rispondere, stavo per inventare d'averle rubate dal panciotto paterno; sentivo quali allarmi si sarebbero diffusi nella intiera famiglia, magari nel parentato, quando si venisse a sapere che io ni ero procurato denaro fuori di casa. «...A/; date qualcosa... ». Forse, quello che tende la mano lamentoso è un povero vero, ma ho già innestato la marcia e il piede sull'acceleratore. La frequente richiesta di de-1 naro può certo spiegarsi con | un costume antico dovuto a una più «ntica miseria, che magari non era propria del!.' Puglia ma del Regno del!' Due Sicilie, e la sensazione du esista in qualche luogo, chis labeconil ribcoingplestdchdincobsitoteseimdbScbisa dove, lassù, a Roma, a Mi-! lano, a Torino un gigantesco benefattore da sollecitare di continuo per stimolarne la generosità. Lo vedono, io penso, il mostruoso dispensatore di ricchezza, simile a un gigante buono. Sanno che brontola, dà consigli, però l'esperienza ha insegnato che, a insistere, scioglie il cordone della borsa, un po' per non farsi assillare dalle richieste, un po' perché, questo, è il compito assegnatogli dal ciclo. E il sostKtto già avanzato — che esistano cioè dietro le gradevoli apparenze, le trame d'un inganno — deriva da molte contraddizioni. L'industria alberghiera privata, per esempio, si rivela efficiente; gli albergatori, i camerieri vogliono contentare il cliente senza essere servili. Non direi che la stessa impressione di efficienza la diano le catene dei piccoli alberghi, dei motels e dei bar he l'industria nazionale, priata o pubblica, ha esteso nel Sud. Si direbbe anzi che la sicura esistenza, « lassù », d'un benefattore (magari una socie¬ tà per azioni, un grande industriale, un ente), neutralizzi lo slancio dei concessionari. Mi fermo per la benzina, entro nel bar e quando mi servono due tazze di tè pallido, domando il bricco: « A me » dico amichevolmente « il tè piace più sano... ». Il barista, un ragazzo bruno dal volto butterato, non sente. Siccome insisto, ha un muto colloquio col cassiere, anziano dalla barba malfatta, sdentato, e che servendo i clienti sputacchia; avviano una conversazione fatta di sguardi, di cenni. Ottenuta la cuccuma, scopro che è stata usata una sola bustina di tè, abitudine questa delle bustine che non sarà mai abbastanza condannata. La constatazione del piccolo imbroglio è irritante, ne deriva, tra il barista butterato e il cassiere dal volto cosparso di pcluzzi bianchi e con gii occhi ancora cisposi di sonno, un altro colloquio di cui sicuramente sono l'oggetto. Alla fine, s'arrendono, e i loro sguardi si rivolgono a me, li sento addosso, come dovessero restarci sempre. E' quasi dicessero: eccoti la bustina di tè che volevamo mettere da parte, maledetto seccatore sceso tli lassù da dove vengono a tormentarci gente piena di pretese ingiuste e che s'arrabbia per nulla... Sono proprio questi residui d'una inclinazione al piccolo inganno a infastidire di più il viaggiatore. 11 Nord, il fantomatico « lassù », deve pagare senza discutere. L'orse, questo atteggiamento spiega il deserto di piccole industrie intorno ai grandi impianti costruiti per iniziativa pubblica, e, in altre zone, per iniziativa di grandi complessi industriali settentrionali. Il ricco compra Buoni del Tesoro, appalta servizi, e quando investe il patrimonio, lo fa associandosi imprenditori o maneggioni settentrionali per essere ancora più sicuro d'ottenere pubblici finanziamenti. Non c'è il caso d'operai diventati piccoli industriali come a Carpi, Sassuolo, Empoli, negli ultimi anni. Manca la rete delle industrie minori che fioriscono alimentate dal nuovo benessere. « ...Un contributo, signore...». Lo chiedono perentori mentre risalgo le valli appenniniche] per tornare a casa, certi studen-! ti universitari coi berrettini sul-! le ventitré. Da lontano avevo! immaginato che la strada fosse stata bloccata dalla polizia per qualche disgrazia. Invece sono ragazzi clic domandano un finanziamento. « Largo » grido. Altrove mi inseguirebbero a sassate, udrei insulti; invece appena ho accelerato deciso, la catena intimidatrice s'è rotta. Dietro di me si chiude un silenzio impernia-; lito. Possibile tu, al volante di una macchina di « lassù », neghi l'aiuto richiesto? Il rimprovero mi ronza a lungo negli orecchi. Risalgo le giravolte della bella strada. Le hanno migliorate, rese più agevoli. Tra poco, a Caserta, entrerò nella) Autostrada dei Sole. Domani, una nuova autostrada, ci porterà d'un balzo dalla costa tirrenica a quella adriatica, e un'altra correrà lungo il mare da Rimini fino a Bari. Arrigo Benedetti