Le due strade della filosofia

Le due strade della filosofia Contemplativa, o guida alle scelte pratiche? Le due strade della filosofia Secondo un'antica tradizione, il nome « lilosoiìa » fu inventato da Pitagora. Recatosi a Fliunte e richiesto da Lcontc, un cittadino eminente di quella città clic ammirava la sua eloquenza c la sua dottrina, di quale fosse la sua arte, Pitagora rispose: « Non conosco flessati'arte, ma sono filosofo». Lcontc non aveva mai udito quel nome e gli chiese chi fossero i filosofi e in che differissero dalle altre persone. Pitagora rispose paragonando la vita umana a una delle grandi feste nazionali di Grecia, alle quali alcuni accorrevano per vincere i premi e la gloria nelle gare sportive, altri per guadagnare con i traffici, altri ancora come semplici spettatori per osservare uomini e cose. Questi ultimi sono i filosofi. Liberi dal desiderio della gloria e del guadagno, questi « amanti della sapienza » contemplano le l'accende umane senza parteciparvi, con l'unico scopo di una conoscenza disinteressata del mondo. Questo racconto, che Cicerone ci ha tramandato nelle Tuscalane, esprime forse, più che il punto di vista di Pitagora, quello dei seguaci di Aristotele dai quali Cicerone lo desunse. Aristotele infatti aveva affermato chiaramente la superiorità dell'attività contemplativa su tutte le attività umane. L'amore della sapienza, che e il significato etimologico di «filosofia», è lo sforzo per conseguire la conoscenza disinteressata delle cose più alte e sublimi: le cau se e le sostanze ultime, la divinità, gli astri (che sono anch'essi divinità), l'ordine perfetto del mondo. La conoscenza di tutto questo non serve a nulla, ma rende la vita dell'uomo simile alla vita divina. 11 filosofo non è il saggio che sa regolarsi bene nelle faccende pratiche della vita, ma il sapiente, che si dedica esclusivamente alla conoscenza di cose eccezionali e meravigliose, al di sopra degli interessi dei comuni mortali. Questa è, nei suoi termini classici, la concezione contemplativa della filosofia. La filosofia è in tal senso attività aristocratica, cioè riservata a pochi privilegiati, liberi dalle cure del mondo e sufficienti a se stessi. Essa rende « beati » coloro che la esercitano, ma non dà nulla da fare, da progettare, da temere o da sperare agli uomini come tali. E' un colpo d'occhio divino gettato sul mondo; un colpo d'occhio che coglie nel mondo quello che c'è di necessario e di eterno e che, appunto perché tale, non può essere mutato, trasformato o adattato ai desideri o ai bisogni degli uomini. Certo, anche così la filosofia orienta le scelte degli uomini; ma le orienta solo nel senso di indirizzarle alla realizzazione della vita contemplativa che è la più alta. La stessa organizzazione politica, secondo Aristotele, deve avere per fine ultimo la contemplazione. La libertà dai bisogni, l'esercizio del potere politico non hanno valore in se stessi ma solo in quanto rendono possibile questa forma di vita. * * Eppure nella stessa filosofia greca è presente ed agisce una concezione radicalmente diversa della filosofia. Socrate (come dice Cicerone) fece scendere dal cielo la filosofia, la trasferì nelle città, la introdusse nelle case, la rivolse ad interessarsi della vita e dei costumi, del bene e del male. Platone la considerò sostanzialmente come l'unico strumento efficace per realizzare una comunità umana giusta e pacifica. Nella Repubblica, egli propose perfino di stabili re sanzioni contro i filosofi che, giunti all'apice della loro preparazione, si rifiutassero di mettere il loro sapere al servizio della comunità. E prima di Socrate e Platone, i Sette Savi, con i quali si fa cominciare la riflessione filosofica nel mondo occidentale, furono consiglieri di città e d privati e condensarono la loro saggezza in motti brevi e arguti (« Conosci te stesso », « Non desiderare l'ini possibile », « Ottima è la misura », ecc.) che dovevano guidare la condor ta dell'uomo nelle faccende d ogni giorno. Così intesa, la filosofia si ri volge a considerare non già realtà eccezionali e sublimi, ma uomo e la sua esperienza nel mondo, nonché le regole e i criteri che possono disciplinare, organizzare e dirigere la sua vita individuale e collettiva. Essa è saggezza, più che sapienza. Non è una visione divina alla quale possano accedere soltanto pochi privilegiati, ma una guida alle scelte che uomo deve fare nel mondo. Non è un patrimonio enorme nelle mani di pochi che l'adoperano per la loro privata feicità, ma un capitale faticosamente accumulato di esperienze, di discipline, di norme che può essere speso, giorno per giorno, da chiunque sia capa-ce di accedervi. Da questo punto di vista, la contemplazione non si oppon-cpiu all azione come una iorma superiore e privilegiata di vita di fronte a una vita inferiore. La filosofia non pretende di essere un puro sistema di conoscenze che rispecchia perfettamente una realtà eterna; si limita a consigliare all'uomo l'uso che deve fare, per il suo interesse, del sapere di cui dispone. Non invita l'uomo ad abbandonare il piano della comune umanità per rendersi simile alla divinità e contemplarlo, come fa la divinità, dal di sopra; si colloca sul piano dell'umanità stessa per aiutarla a raggiungere una forma più razionale di vita attraverso la soluzione dei problemi che la travagliano e la rendono talvolta nemica a se stessa. * * Filosofia contemplativa e filosofia attiva, si potrebbero chiamare queste due vie che oggi come ieri, come nel lontano passato, costituiscono le alternative fondamentali della ricerca filosofica. La prima di queste vie ritiene che la realtà, cosi com'è, c perfettamente in ordine, completamente razionale e che il compito della filosofia consiste soltanto nel rendersi conto del suo ordine e della sua razionalità. La seconda via ritiene che la realtà non ha né ordine ne razionalità se l'uomo non si sforza di dargliele e che questo sforzo è il compito proprio della filosofia. L'opposizione tra questi due punti di vista si scorge meglio quando si guarda alla realtà della storia umana, cioè alla sorte dell'uomo nel mondo. Hegel diceva che la filosofia arriva sempre troppo tardi a dire come dev'essere il mondo perché sopraggiunge quando la realtà è belle fatta ed è quindi come la nottola di Minerva che inizia il suo volo sul far del crepuscolo, a lavoro finito. La filosofia attiva invece ritiene di doversi inserire nelle faccende del mondo, di dover dibattere i problemi che inte ressano gli uomini in quanto tali, mostrare le possibili solu zioni e aiutare a scegliere quelle che a lunga scadenza sono le più favorevoli al de stino degli uomini. Il filosofo, da questo punto di vista, non può essere « lo spettatore disiti teressato del mondo », secondo 1 concetto attribuito a Pitagora : che ai tempi nostri è stato ripreso da Husserl e da altri filosofi. Non può limitarsi a eder scorrere il fiume della vita perché è coinvolto nella vita stessa e segue la sorte comune degli uomini. Non è pertanto in una condizione privilegiata ma esegue, con mezzi più tecnici, un lavoro cui tutti gli uomini sono interessati. Tutti gli uomini infatti hanno una loro filosofia inconsapevole e grossolana o raffinata consapevole; giacché tutti ispirano le scelte che fanno nel corso della vita a certe direttive fondamentali che assorbono inconsapevolmente dall'ambiente, dall'educazione, dalle credenze tradizionali o che sono ad essi suggerite dalle lezioni dell'esperienza. Coloro che chiamiamo « filosofi » cercano semplicemente di mettere ordine in queste direttive, di vagliarle, criticarle e proporne modifiche. Quanto più una società diventa ricca e complessa nella sua costituzione per il contatto incessante tra uomini di prò venienza diversa, tra culture eterogenee, fra tradizioni dispa rate, quanto più grande è la somma di sapere e di potenza effettiva sulle cose di cui essa dispone, tanto più si avvertel'esigenza di una filosofia at- lavano non è certo più, oggi la conoscenza infallibile del perfetto modo di comportarsi dell'uomo; ma è ancora e sem- tiva, di una critica filosofica che passi al vaglio costumi e redenze, risolva i problemi che nascono dal loro contrasto e avvìi il genere umano a una civile convivenza che lo sottragga al pericolo di perdite irreparabili o dell'annientamento totale. La filosofia, a quanto si dice, non è nata negli eremi ma in città greche ricche e fiorenti di traffici e di contatti umani, dal confronto tra opinioni e credenze diverse, dalla ricerca di principi o direttive razionali, cioè valide per tutti. La « saggezza » di cui gli antichi par- pre la disponibilità di una guida alle scelte che attendono l'uomo nel mondo. E anche oggi, come allora, le domande fondamentali sono le stesse: Che cosa è l'uomo? Che cosa deve fare, che cosa può spe rare? Nicola Abbagnano immillili MiiiiiiimiiNiiiiHiiiiii ninni minili

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