Lo Stato risarcirà gli errori giudiziari

Lo Stato risarcirà gli errori giudiziari Con la riforma della procedura penale Lo Stato risarcirà gli errori giudiziari Dopo il buon lavoro della Commissione di Giustizia, spetta ora al Parlamento votare presto il nuovo Codice La tanto sospirata riforma del processo penale ha compiuto in questi giorni un importante passo avanti: il disegno di legge presentato dal ministro Guardasigilli è stato approvato, sia pur con emendamenti, dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati. Naturalmente, la materia affrontata nel progetto < delega al governo per l'emanazione di un nuovo codice di procedura penale) è così delicata che, per esplicita volontà della Costituzione, una semplice Commissione può esaminarla soltanto in sede referente, cioè preparatoria, e non anche in sede deliberante, cioè definitiva. Ecco perché il progetto dovrà passare ora — dopo l'intervallo natalizio — al vaglio della Camera dei Deputati riunita in assemblea. Se, poi, il risultato sarà favorevole, il testo approvato dalla Camera verrà trasmesso al Senato per essere pure qui esaminato prima dalla Commissione Giustizia e successivamente dall'Assemblea. Certo, la strada da percorrere è ancor lunga, ma lo slancio con cui la Commissione Giustizia della Camera si è prodigata attorno al disegno di legge, soprattutto nei tre ultimi mesi, può giustificare, forse per la prima volta, il sorgere di buone, seppur caute, speranze. Testimoniano del fervore e dell'impegno sia il numero delle sedute detìicate all'argomento (oltre 40), sia l'entità degli emendamenti apportati alla formulazione originaria del progetto. Ed è questo l'aspetto che maggiormente garantisce la serietà degli intenti: guai, invero, al legislatore che, tutto preso dalla preoccupazione di modificare ad ogni costo un determinato istituto, non badasse all'effettiva bontà del risultato e che, solo per guadagnar tempo, rinunciasse a meditare e migliorare il progetto di partenza. Per questa ragione, il lato più interessante dell'intenso lavoro svolto dalla Commissione ci sembra costituito proprio dagli emendamenti da essa introdotti, tanto più che la continua partecipazione di un rappresentante del governo alle varie sedute induce a ravvisarvi altrettanti punti d'incontro fra la maggioranza della Commissione e il governo. Eviteremo, perciò, di soffermarci su quanto è rimasto immutato (ivi compreso, purtroppo, la pericolosissima proposta diretta ad abolire l'assoluzione per insufficienza di prove al termine del dibattimento), per dare, invece, un primo, rapido sguardo al complesso delle innovazioni, formalmente riconducibili a due tipi fondamentali: da un lato, l'elenco dei criteri direttivi posti a base della riforma si è arricchito di una dozzina di nuovi princìpi, così da raggiungere il numero di 48; dall'altro, sono stati modificati, e talora anche sensibilmente, alcuni dei 36 criteri fissati in partenza. Considerate nella sostanza, tutte queste varianti non alterano l'ossatura del progetto originario, che continua ad essere imperniata su quattro cardini ben precisi (limitazione dei poteri della polizia giudiziaria; riduzione dei poteri del pubblico ministero; affidamento dell'istruzione formale al solo giudice istruttore; potenziamento della fase dibattimentale), ma danno all'insieme un'impronta di maggior modernità. Ne emerge, infatti, il quadro di un processo liberato da molte formalità, reso più snello e, quindi, più celere, intessuto di ampie garanzie per la difesa, sensibile ai motivi ispiratori della Costituzione. Bastano da sole a fornirne la prova l'affermazione recisa della parità tra accusa e difesa in ogni stato e grado del procedimento; la proclamata esigenza di rendere effettivo il giudizio sulla personalità dell'imputato; la previsione di adeguate forme di tutela sul plsnsqfcl a piano delle limitazioni allaliberta personale; lesten- sione della riparazione pecu- niaria a tutti i casi di ingiù-stificate detenzioni, comun-que sofferte. Quest'ultimo è forse il punto più elevato cui assurge il progetto, quasi la sintesi dello spirito che lo anima. Non sapremmo immaginare un orientamento normativo più vicino all'essenza di una società democratica: quando il cittadino è vittima di un erro-re giudiziario, lo Stato deve risarcirlo del danno che gli ha arrecato. Giovanni Conso

Persone citate: Giovanni Conso